Capitolo 8 – Il regno di Davìd
Le fonti
Le condizioni del regno alla morte di Shaùl
La guerra civile: Davìd riconosciuto re di tutto il popolo
La guerra contro i Filistei
La conquista di Gerusalemme
Il trasporto dell’Arca a Gerusalemme
La guerra contro gli ammoniti e gli aramei
Altre guerre di Davìd
Estensione del regno di Davìd
Organizzazione dello stato
La ribellione di Avshalòm e la rivolta di Shèva‘
Altri avvenimenti del regno di Davìd: a) Uccisione di discendenti di Shaùl; b) Censimento e pestilenza
Gli ultimi giorni di Davìd: a) La ribellione di Adonià e l’associazione di Shelomò al trono; b) Disposizioni di Davìd a Shelomò
Davìd poeta e re ideale
Le fonti
Fonte principale per la storia del regno di Davìd è il libro di Samuele, che giunge con la sua narrazione fino quasi alla sua morte. Degli ultimi suoi giorni narra il principio del libro dei Re (vedi cap. seguente). Altro racconto si ha nel libro Divrè Hayamìm (Cronache), diviso in due nelle edizioni moderne. Questo libro che fu composto, a quanto pare, dopo il ritorno dall’esilio babilonese, riproduce in gran parte, per il periodo che ci interessa, quasi parola per parola, il racconto del libro di Shemuèl, ma omette alcune notizie, e ne fornisce alcune che in questo non si trovano. Esse sono probabilmente desunte da scritti contemporanei al re, composti forse da profeti e uomini di corte che vissero al suo tempo e che non ci sono giunti. L’autore si servì pure di documenti che si trovavano, secondo ogni probabilità, negli archivi dello stato e del santuario, e può darsi abbia anche introdotto racconti che correvano sulla bocca del popolo. Ad avvenimenti del regno di Davìd alludono anche alcuni Salmi.
Le condizioni del regno alla morte di Shaùl
La situazione del regno d’Israele alla morte di Shaùl era assai grave. La vittoria filistea minacciava di costringere gli Israeliti a sottomettersi completamente al vincitore, e d’altra parte era seriamente compromessa l’unità del popolo. Le tribù meridionali riconobbero come proprio re Davìd, che aveva dato prove di valore, di abilità e di generosità d’animo. Egli stabilì la sua capitale in Chevron, e frattanto Avnèr, generale di Shaùl, proclamò re Ish-Ba’àl o Ish-Bòshet, figlio superstite del re defunto, ed egli fu riconosciuto per il momento dalle altre tribù, e stabilì la sua sede ad oriente del Giordano, a Machanàyim, probabilmente perché la zona ad occidente del fiume era quasi tutta in mano dei Filistei, e Davìd stesso, a quanto pare, era loro vassallo.
La guerra civile: Davìd riconosciuto re di tutto il popolo
La guerra civile fra gli eserciti dei due re d’Israele era inevitabile, e intanto Davìd andava guadagnandosi sempre maggiori simpatie. La guerra durò circa due anni, fino a che Avnèr, venuto in dissidio con Ish-Ba’àl, lo abbandonò o passò dalla parte di Davìd, e poi fu ucciso a tradimento da Yoàv, generale di Davìd, figlio di sua sorella Tzeruyà. Da allora si può dire che la sorte della lotta fosse decisa in favore di Davìd, ed essa terminò dopo che anche Ish-Ba’àl venne ucciso a tradimento. Davìd condannò a morte gli uccisori e fu riconosciuto re di tutto Israele in Chevron. Però l’unità nazionale non fu completamente ricostituita, e si trattò piuttosto di una unione personale, in quanto Davìd fu riconosciuto come re separatamente dalle tribù meridionali (Yehudà) e dalle settentrionali (Israèl). Davìd fu così re di Yehudà e di Israèl.
La guerra contro i Filistei
L’unione di tutto il popolo sotto un re valoroso ed abile come Davìd suscitò naturalmente la reazione dei Filistei che si videro in pericolo di perdere il vassallaggio d’Israele. Essi occuparono alcuni punti importanti nei dintorni di Gerusalemme, che era tuttora in mano della tribù cananea dei Yevusei, e Davìd coadiuvato dal generale Yoàv e da un gruppo di prodi (ghibborè Davìd) mosse contro di loro. La guerra fu lunga ed aspra, nei dintorni di Gerusalemme, presso Ghèzer e finalmente nel territorio della filistea Gat. Caduta questa in mano di Davìd, il regno d’Israele fu liberato dal giogo dei Filistei.
La conquista di Gerusalemme
Il territorio fra le tribù di Yehudà e di Binyamìn era tuttora in mano dei Cananei, che vi avevano in posizione elevata tra i monti la roccaforte di Yevùs (nome da loro dato a Gerusalemme). Questa occupazione costituiva una continua minaccia per Israele e ne divideva il territorio in due parti, aumentando il pericolo di una nuova scissione fra le tribù meridionali e le settentrionali. Davìd riuscì a scacciarne i Cananei e fece di Gerusalemme la sua capitale. Una delle ragioni che lo indussero a questo è probabilmente che, non essendo il luogo legato ad alcuna delle tribù, la sua scelta evitò il pericolo di gelosie fra quella prescelta come sede della capitale e le altre. Davìd vi costruì la propria sede, che ebbe il nome di città di Davìd. I materiali da costruzione furono in gran parte forniti dal regno fenicio di Tiro, dove regnava Chiràm, col quale Davìd fu in rapporti di amicizia. A quanto pare, Davìd riuscì ad occupare e a sottomettere oltre che Gerusalemme, anche altre importanti località che erano rimaste in mano dei Cananei.
Il trasporto dell’arca a Gerusalemme
Dopo la distruzione di Shilò l’Arca era stata collocata in varie sedi; a quanto pare anche altri santuari, oltre a quello dove si trovava l’Arca, furono in funzione. Conquistata Gerusalemme, Davìd vide che era giunto il tempo di attuare la concentrazione del culto in un unico luogo, secondo la prescrizione della Torà, e perciò decise il trasferimento dell’Arca nella città di Davìd, che avrebbe costituito il nuovo centro. L’Arca fu collocata con grande solennità in una tenda a ciò destinata. Era intenzione di Davìd costruire un Tempio stabile ma ne fu distolto dal profeta Nathan che gli riferì una visione nella quale Dio annunziò che non era ancora giunto il momento della costruzione del Tempio, alla quale avrebbe poi dovuto provvedere un figlio e successore di Davìd.
La guerra contro gli ammoniti e gli aramei
Coi popoli vicini Davìd era rimasto in pace e forse anche in amicizia. Prova di questo è l’ambasceria di condoglianze che egli inviò a Chanùn, re di Ammàn, dopo la morte del padre di lui, Nachàsh, contro cui aveva combattuto vittoriosamente Shaùl. Gli Ammoniti però trattarono con disprezzo e oltraggiarono gli ambasciatori, e ne ebbe origine una guerra. Gli Ammoniti reclutarono soldati anche da gruppi vari di Aramei e si concentrarono presso Medeva. Yoàv, generale di Davìd, coadiuvato dai ghibborìm, riuscì ad impedire il collegamento fra Ammoniti ed Aramei, li vinse separatamente e poi sospese le ostilità. Nell’anno seguente gli Aramei invasero la Transgiordania israelitica; Davìd mosse contro di loro a capo dell’esercito israelitico e li sconfisse. Yoàv conquistò in seguito la capitale degli Ammoniti, Rabbàt ’Ammòn, ed essi diventarono vassalli del regno d’Israele. Durante questa campagna Davìd si macchiò di una grave colpa: commise adulterio con Bat Shèva’ moglie del generale Urià di origine hittita, e fece in modo che questi perisse in battaglia. In seguito sposò Bat Shèva’.
Altre guerre di Davìd
Altre fortunate imprese militari di Davìd portarono alla sottomissione dei Moabiti e all’annessione del territorio degli Idumei al regno d’Israele. Questa annessione assicurò al regno d’Israele il possesso di miniere di rame e di ferro e uno sbocco nel Mar Rosso, a Elat (Golfo di Akaba). Approfittando poi di controversie sorte fra i due regni aramei di Damasco e di Chamàt, riuscì ad assoggettare il primo e ad allearsi col secondo.
Estensione del regno di Davìd
Le imprese militari di Davìd e i suoi rapporti di amicizia con alcuni stati vicini fecero del regno di Davìd uno stato esteso ed importante. Esso si estendeva a oriente del Giordano, dal torrente Arnòn a sud ai Kinnèret a nord; e giungeva ad est fino quasi all’Eufrate; ad occidente del Giordano, dal Mar Rosso al Libano. Lungo il Mediterraneo, verso sud, ancora si trovavano i Filistei, ma essi non presentavano più alcun pericolo; i Fenici al nord erano in relazione d’amicizia col regno d’Israele; i Moabiti e gli Ammoniti erano vassalli; il regno di Edòm e quello aramaico di Damasco avevano cessato di esistere.
Organizzazione dello stato
Davìd fu il vero fondatore della monarchia israelitica, e, a differenza del suo predecessore Shaùl, fu re nel senso più completo della parola, e quindi, oltre che a provvedere alla sicurezza del paese, a difenderlo dai nemici, e ad allargarne il territorio, pensò anche a dargli una organizzazione stabile. Della esecuzione di questo programma fanno parte l’istituzione della capitale a Gerusalemme, la costruzione del palazzo reale, il trasporto dell’Arca. Gerusalemme divenne così di fatto il centro politico, amministrativo e religioso dello stato.
L’esercito continuò ad essere organizzato in modo che, alle dipendenze del re che ne era il comandante supremo, ci fosse un generale in capo, che al tempo di Davìd fu Yoàv, come ai tempi di Shaùl era stato Avnèr. Egli era coadiuvato da ufficiali superiori detti shalishìm. L’esercito era costituito da tutti i maschi atti alle armi, che venivano reclutati nelle tribù dai funzionari detti soferìm. Un gruppo speciale di guerrieri, compagni d’armi del re, era costituito dal corpo dei ghibborìm. Esistevano anche gruppi di mercenari stranieri. Per quel che riguarda l’amministrazione del regno il re era assistito da un gruppo di funzionari a capo dei quali stavano il mazkìr (letteralmente: l’incaricato di tenere presente le cose, e cioè di informare il re) e il sofèr hamèlekh, lo scriba del re. Quali fossero le mansioni speciali di ciascuno di essi non sappiamo: essi avevano certamente anche l’incarico di registrare di mano in mano gli avvenimenti più importanti. All’amministrazione del palazzo reale era preposto un funzionario detto ashèr ‘al habàyit (colui che presiede alla casa). Uno o più degli alti funzionari aveva il titolo di re‘è hamèlekh (compagno del re). Tra i consiglieri del re vanno ricordati anche i profeti, alcuni dei quali, come Nahtàn e Gad, avevano una posizione ufficiale nella corte reale.
Davìd provvide pure alla organizzazione del culto assegnando speciali funzioni ai sacerdoti e ai leviti del santuario centrale, destinato a diventare unico. Ai tempi di Davìd continuarono però a funzionare anche degli altri santuari; specialmente a Gabaon dove si conservava il Tabernacolo. Per quanto non abbiamo notizie sulle organizzazioni amministrative e finanziarie, è abbastanza probabile che a lui si debbano in tutto o in parte i provvedimenti relativi alla divisione in distretti e alla ripartizione di oneri fiscali fra questi, che sappiamo attuati nei tempi del suo successore Shelomò. Non risulta che siano state fatte modificazioni per quel che riguarda l’amministrazione della giustizia che, a quanto pare, continuò ad essere esercitata dai capi delle vane tribù e qualche volta personalmente dal re.
La ribellione di Avshalòm e la rivolta di Shèva’
Quando Davìd si macchiò della grave colpa a cui abbiamo accennato sopra, il profeta Nathan gli annunziò come punizione gravi sventure. Davìd aveva, secondo l’uso dei sovrani orientali, sposato molte mogli, alcune delle quali di origine straniera. Il primogenito di lui, Amnòn, venne ucciso dal fratello Avshalòm, figlio di altra madre, come vendetta dell’oltraggio che Amnòn aveva fatto a Tamar, sorella di Avshalòm anche per parte di madre. Per sfuggire all’ira del padre, Avshalòm si rifugiò presso il suocero, re del distretto aramaico di Gheshùr; rimpatriato in seguito per intercessione di Yoàv, fu anche riammesso alla corte e apparentemente si riconciliò con il padre. Ma poco a poco si fece capo di un’aperta ribellione. È probabile che, non essendovi alcuna legge che regolasse la successione al trono, Avshalòm che, dopo la uccisione di Amnòn era il maggiore dei figli, temesse che il padre designasse come suo successore qualcun altro dei suoi figli, e quindi pensò di impossessarsi del trono durante la vita del padre. Dotato di grande bellezza, riuscì a guadagnarsi grande popolarità e a farsi riconoscere re. Davìd fu costretto a fuggire al di là del Giordano. Yoàv e il Sommo Sacerdote Tzadòk rimasero fedeli a Davìd. Avshalòm, sostenuto dal consigliere Achitòfel, rimase per qualche tempo padrone del regno; ma poi Yoàv mosse contro di lui. Essendo un fautore di Davìd riuscito a far prevalere il suo consiglio su quello di Achitòfel, la battaglia ebbe luogo in condizioni favorevoli a Davìd, nei pressi di Machanàyim; Achitòfel si diede la morte; Yoàv mise in fuga il nemico e, trasgredendo ad un preciso ordine che Davìd gli aveva dato, uccise Avshalòm. Davìd ritornò allora nella capitale; ma un altro ribelle sorse contro di lui: Shèva‘ della tribù di Binyamìn, che forse pensava di rimettere sul trono un re della tribù di Shaùl. Davìd incaricò di domare la rivolta il generale ‘Amasà che il re pensava di nominare capo dell’esercito al posto di Yoàv. La rivolta fu sedata, ma Yoàv uccise ‘Amasà e rimase capo dell’esercito.
Altri avvenimenti del regno di Davìd
a) Uccisione di discendenti di Shaùl
Le fonti ci danno indicazione di alcuni avvenimenti del regno di Davìd senza fornirci elementi per stabilire quando esattamente ebbero luogo. Essendo stato il paese colpito per parecchi anni da scarsità di prodotti, dovuta probabilmente a siccità, l’oracolo divino che fu interrogato rivelò che si trattava di punizione perché ai tempi di Shaùl erano stati uccisi dei Gabaoniti. Il re allora chiese ai Gabaoniti che cosa essi richiedevano come riparazione di quel che era avvenuto. Essi pretesero che venissero uccisi sette uomini tra i discendenti di Shaùl. Davìd, volendo usare riguardo all’unico superstite della discendenza di Yonatàn suo amico, Mefibòshet, consegnò ai Gabaoniti altri figli di Shaùl avuti da altre mogli. I Gabaoniti li impiccarono e i loro cadaveri furono poi sepolti dalla madre di due di essi.
b) Censimento e pestilenza
Dopo che Davìd, per quanto dissuaso da Yoàv, ebbe fatto un censimento dell’esercito, scoppiò una pestilenza nella quale si vide una punizione divina, perché il computo della popolazione era considerato come atto offensivo verso Dio, in quanto veniva come a significare che si aveva fiducia nelle forze materiali più che nella protezione divina. Davìd, riconosciuto di aver peccato, come espiazione eresse, per consiglio del profeta Gad, un altare in un terreno acquistato a Gerusalemme dall’ultimo re straniero di questa.
Gli ultimi giorni di Davìd
a) La ribellione di Adonià e l’associazione di Shelomò al trono
Davìd aveva promesso alla moglie Bat Shèva’ che il figlio di lei Yedidyà, detto poi Shelomò (Salomone), sarebbe stato il suo successore. Ma, quando Davìd era ormai vecchio e debole, Adonià, figlio di Chagghìt, altra moglie di Davìd, che era il maggiore dopo la morte di Avshalòm, si fece proclamare re da un gruppo di suoi fautori, tra i quali Yoàv e il sacerdote Evyatàr. Bat Shèva’, coadiuvata dal profeta Natàn e da altri sostenitori di Shelomò, fra cui il sacerdote Tzadòk e Benayà, capo della guardia del corpo del re. riuscì ad ottenere che Davìd non solo dichiarasse pubblicamente Shelomò come suo successore, ma lo associasse al trono.
b) Disposizioni di Davìd a Shelomò
Prima di morire, Davìd raccomandò al figlio di rimanere fedele a Dio e alla sua legge e gli segnalò alcuni personaggi che, in conseguenza del loro comportamento durante il suo regno, dovevano avere la punizione o la ricompensa che Davìd non aveva potuto o voluto dare loro.
Davìd regnò complessivamente, dalla morte di Shaùl in poi, secondo le cifre tonde date dalle fonti, 40 anni; 7 in Chevron e 33 in Gerusalemme. La sua morte è da collocarsi nei primi decenni del sec. X a.E.V.
Davìd poeta e re ideale
Davìd, che fu uno spirito profondamente religioso, compose degli inni di ringraziamento a Dio e a Sua celebrazione o contenenti preghiere a Lui e sentimenti verso di Lui. Alcuni di questi componimenti sono conservati nei libri narrativi che riguardano il suo tempo e nel libro conosciuto col nome di Tehillìm (Salmi), Oltre che come grande re, Davìd è rappresentato nelle fonti come uomo di sentimenti nobili e generosi. Sono citati, fra l’altro, il suo comportamento con Shaùl che lo perseguitava e al quale egli non fece mai alcun male; il suo dolore per la morte di lui e dei suoi figli, espresso in un’elegia conservata nel principio del libro dei Re; la condanna a morte che egli inflisse ad un uomo che si vantava di avere ucciso Shaùl, la sua disapprovazione per l’uccisione di Avnèr e di Ish-Bòshet, gli uccisori del quale furono da lui messi a morte, e di ’Amasà, il suo affetto per Avshalòm, benché ribelle. Tutte queste qualità hanno fatto quasi dimenticare o cercare di attenuare la sua grave colpa morale, e Davìd rimase nella coscienza delle generazioni successive tipo di uomo fedele e devoto a Dio, e figura ideale del re d’Israele.