Milka Ventura Avanzinelli
Bollettino dell’Amicizia ebraico-cristiana di Firenze, n. 1-2, gennaio-giugno 2014
Tre “uscite”
Solo tre volte nella Torà si fa menzione di Dina, la figlia di Lea e di Giacobbe, e sono tre situazioni caratterizzate in vario modo da una “uscita”, anche se quella che non esce, nemmeno nell’episodio più drammatico, è proprio la voce della protagonista. La prima volta è nel capitolo 30 della Genesi, quando se ne annuncia la nascita. La seconda è nel capitolo 34, dove Dina è una ragazzina che esce «per vedere le donne del paese» e viene violentata da Shekhem, principe cananeo di quel paese e suo eponimo. La terza è quando il suo nome figura fra quelli dei figli di Giacobbe che escono dalla terra di Israele per scendere in Egitto (Gen 46,15), al tempo della carestia.
Al tema delle donne che “escono”, nella Bibbia, fu dedicato anni fa un seminario al quale partecipai insieme a un gruppo di psicologhe.[1] Da quello studio riprenderò alcuni spunti, quando affronterò la più dolorosa di queste tre ricorrenze, quella a cui il testo riserva lo spazio più ampio; ma prima vorrei dedicare l’attenzione che merita all’unico, scarno versetto che registra la nascita della sola figlia di Giacobbe/Israele di cui il testo faccia menzione.