Negli anni '70 Will Eisner sfruttò le potenzialità del fumetto come pochi prima di lui, dandogli una dignità narrativa a quei tempi inimmaginabile
Fino alla seconda metà degli anni Settanta il fumetto era considerato un mezzo narrativo di second’ordine. Più che le possibilità espressive, ne venivano evidenziati soprattutto i limiti: non aveva la dinamicità e l’impatto visivo di un film, e neppure quella profondità che solitamente si ricerca in un romanzo. Nel migliore dei casi veniva percepito come un altro modo di concepire la narrativa per bambini: un mezzo funzionale al racconto di storie brevi, semplici e disimpegnate.
Le cose cambiarono verso la fine degli anni Settanta anche grazie a Will Eisner, un fumettista newyorkese di origini ebraiche che fino a quel momento era conosciuto soprattutto per The Spirit, il suo personaggio più famoso, a cui aveva dedicato una serie regolare di ottimo successo.