Capitolo 30 – La Diaspora
Le fonti
Generalità
Babilonia: a) Condizioni e vicende politiche; b) Le yeshivòt e il Talmud babilonese
Africa settentrionale
Asia: a) Cipro; b) Siria e Asia Minore
Europa: a) Italia; bi Gallia; c) Penisola iberica e isole adiacenti; d) Penisola balcanica; e) Stanziamenti ebraici nei pressi del Mar Nero e del Caucaso
Letteratura: a) Scritti apocalittici; b) Traduzioni della Bibbia
Le fonti
Come per Èretz Israèl, così pure per nessuno dei paesi della diaspora ebraica abbiamo fonti storiche continuate, e quindi le notizie sono frammentarie, e numerosissime le lacune nelle nostre conoscenze. Anche per la diaspora dobbiamo fondarci su notizie date da scrittori non ebrei, e su quello che può rilevarsi da iscrizioni. Particolarmente abbondanti se ne trovano presso gli autori cristiani che polemizzano con gli Ebrei. Per la diaspora babilonese si hanno notizie, esse pure frammentarie, nel Talmud babilonese, nella lettera di Sherirà Gaòn (sec. X), nelle cronache ebraiche Sèder ‘Olàm Rabbà e Sèder ‘Olàm Zutà, e presso i cronisti ebrei medievali che derivano le loro notizie da tradizioni orali o da fonti scritte che non ci sono giunte.
Generalità
La diaspora ebraica, nel periodo di cui ci occupiamo, si estese moltissimo nelle varie parti del mondo allora conosciuto: nell’Asia anteriore, nell’Africa settentrionale e in Europa. La distruzione del Tempio, le condizioni di Èretz Israèl dopo di questa, l’ostilità dei Cristiani, il cattivo esito della rivolta di Bar Kozivà indussero molti ad emigrare. Èretz Israèl cessa di fatto di essere il centro degli Ebrei, che, come vedremo, si trasferisce in quella che diventa la più importante delle diaspore, quella babilonese.
Babilonia
a) Condizioni e vicende politiche
Le agitazioni che turbarono Èretz Israèl non si fecero sentire in Babilonia, dove gli Ebrei continuarono a vivere tranquilli e godendo di larghe autonomie interne durante il governo dei Parti sotto la dinastia degli Arsacidi, e durante le guerre dei Romani contro i Parti. A partire dai tempi di Traiano gli Ebrei vennero a contatto coi Romani, ma, com’è naturale, non li vedevano con simpatia e cercavano di favorire i Parti. Quando poi gli eserciti romani ebbero conquistato gran parte del paese, ebbero parte importante nella rivolta dei suoi abitanti contro Traiano. Centri della rivolta furono città dove la popolazione ebraica era assai numerosa. A sedarla fu inviato Lusio Quieto e gli Ebrei ebbero molto a soffrire. Essi tornarono a respirare dopo che Traiano dovette uscire dal paese dei Parti e morì in viaggio (117). Gli Ebrei continuarono allora a vivere tranquilli e in buone condizioni economiche in varie città fra cui Ctesifonte, Nearde‘à, Pumbedità, Surà, Mechozà, e in altri centri minori, occupandosi di agricoltura, allevamento di bestiame, artigianato e commercio. Pagavano tasse al governo, ma all’infuori di questo erano quasi del tutto indipendenti e provvedevano ai loro bisogni con istituzioni proprie. Il loro capo, detto Rosh Hagolà, in aramaico Resh Galutà, e in greco esilarca, “capo della diaspora” (per antonomasia, cioè di quella babilonese) aveva autorità non inferiore a quella del Nasì in Èretz Israèl, era ufficialmente riconosciuto dal governo, e in certi tempi aveva una specie di corte principesca. La carica si trasmetteva ereditariamente in una famiglia che per tradizione si riteneva di stirpe davidica. L’esilarca presiedeva all’amministrazione della giustizia, era autorizzato ad infliggere pene, ad esigere tasse, a nominare funzionari. Contro alcuni degli esilarchi furono mosse accuse di eccesso di potere, di ignoranza e di mancata osservanza esatta delle norme della Torà; alcuni altri furono rinomati anche per la loro scienza nella Torà.
Le agitazioni che turbarono la Babilonia quando un discendente dell’antica dinastia persiana, Ardashir, abbatté il regno degli Arsacidi, e successero a questi i Sassanidi (226) si fecero sentire anche sugli Ebrei, specialmente per le persecuzioni che i più fanatici seguaci della religione di Zoroastro, messa in grande onore dai Sassanidi, attuarono contro gli appartenenti alle altre religioni. Ma questo stato di cose non durò a lungo, e il re Sapor I (241-272) si mostrò favorevole agli Ebrei. Ciononostante questi ebbero a soffrire quando Odenat, re di Palmira, venuto in aiuto dei Romani, distrusse Nearde‘à. La condizione degli Ebrei continuò ad essere buona durante il periodo di torbidi che seguì la morte di Sapor, perché il governo persiano si appoggiava sugli Ebrei nella sua continua lotta contro i Romani. Anche durante il periodo di reggenza durante la minore età del re Sapor II e durante il regno di questo (309-379) gli Ebrei ebbero in genere l’appoggio del governo, ma soffrirono qualche volta per il rinnovarsi di persecuzioni da parte dei fanatici della religione persiana. La fedeltà degli Ebrei al governo e la loro opposizione ai Romani diventò ancora maggiore dopo il prevalere del Cristianesimo nell’impero romano, e anche la sconfitta di Giuliano, per quanto egli personalmente non sostenesse il Cristianesimo, fu salutata con gioia dagli Ebrei (636 ###GIULIANO MUORE NEL 363, CONTROLLARE). Penetrato il Cristianesimo anche nell’impero persiano, è naturale che gli Ebrei si schierassero col governo contro di esso e così sfuggirono in parte alle persecuzioni dei fanatici persiani contro le altre religioni. Le persecuzioni dei Cristiani contro gli Ebrei nelle province orientali dell’impero romano indussero poi molti di essi ad emigrare in Babilonia.
Benevolo in modo particolare agli Ebrei fu il re Izdagir I ###nel secondo volume mi sembra appaia lo stesso nome ma nella forma “Yazdagard”, vedere se eventualmente uniformare (399-420) che non sentì l’influenza dei fanatici e non perseguitò Ebrei né Cristiani. Le cose cambiarono dopo che, in seguito al progresso del Cristianesimo, si fece viva la lotta fra le varie sette di questo e fra esso e la religione persiana: il re Izdagir II (438-457) perseguitò ad un tempo Ebrei e Cristiani: si narra che egli vietò la recitazione pubblica dello Shemà‘, in cui si proclama l’unità di Dio, mentre la religione persiana ammette due divinità principali, da una delle quali deriva il bene, dall’altra di male, e che vietò l’accensione dei lumi la sera del sabato perché il fuoco era sacro ai Persiani. Più grave ancora si fece la situazione sotto Peroz (459-486): essendo stati uccisi a Isfahan due sacerdoti persiani, il re fece mettere a morte metà della popolazione ebraica della città, impose ai bambini e giovani ebrei di essere educati nella religione persiana, fece uccidere l’esilarca Hunà Mari e altri personaggi ragguardevoli fra cui alcuni Amoraìm (470). In seguito proibì le riunioni pubbliche delle yeshivòt e soppresse i tribunali ebraici. Questo contegno provocò una rivolta da parte degli Ebrei. Le notizie che ne abbiamo sono varie e confuse: pare che il capo dei ribelli, Zutrà, forse figlio di Hunà Mari, sia riuscito per qualche tempo a dominare su un distretto di popolazione prevalentemente ebraica, ma che dopo alcuni anni sia stato condannato a morte.
b) Le yeshivòt e il Talmud babilonese
I rapporti continui che correvano fra Èretz Israèl e Babilonia fecero sì che Maestri di Èretz Israèl importassero in Babilonia lo studio della Torà; molti giovani di Babilonia si recavano inoltre per qualche tempo a studiare in Èretz Israèl. Così avvenne che anche in Babilonia funzionarono numerose yeshivòt nei centri principali di popolazione ebraica.
L’importanza di questi centri di studi era così grande che in un certo momento, quando le condizioni in Èretz Israèl andavano facendosi difficili, ci fu in Babilonia, come abbiamo visto, un tentativo di rendersi indipendenti dal Sinedrio di Èretz Israèl. Il tentativo allora non riuscì, ma, continuando il decadere delle yeshivòt in Èretz Israèl, e facendosi sempre più attivo il movimento di emigrazione di dotti di là in Babilonia, avvenne che il centro spirituale dell’Ebraismo finì per essere, di fatto, in Babilonia. Nelle yeshivòt babilonesi si discuteva e deliberava in modo analogo a quello delle yeshivòt di Èretz Israèl, e anche qui i Maestri si chiamano Amoraìm: abbiamo così Amoraìm babilonesi accanto ad Amoraìm di Èretz Israèl. Anche questi basarono le loro discussioni sulla Mishnà e i principi a cui i due gruppi di Maestri si rifecero erano gli stessi: su alcuni particolari minori però vennero a determinarsi usi diversi nei due centri. I continui scambi fra i due paesi ebbero per conseguenza che in ciascuno di essi fossero ben conosciuti gli insegnamenti e le discussioni che avevano luogo nell’altro. Il fiorire delle yeshivòt in Babilonia fu di più lunga durata che in Èretz Israèl in conseguenza delle condizioni migliori e più tranquille in cui si trovarono gli Ebrei in quel paese. Si contano sei generazioni di Amoraìm babilonesi, da quella degli allievi di Rabbi Yehudà Hanasì fino a verso la fine del sec. V.
Anche in Babilonia, come in Èretz Israèl, le discussioni degli Amoraìm furono per molto tempo trasmesse a memoria; ma quando gli avvenimenti a cui abbiamo accennato alla fine del paragrafo precedente fecero nascere il timore che il funzionamento delle yeshivòt non potesse continuare neppure in Babilonia, anche gli insegnamenti, le discussioni e le conversazioni, sia di Halakhà che di Aggadà, degli Amoraìm babilonesi vennero messe per iscritto, e si ebbe così il Talmud, o Ghemarà, babilonese. La redazione ebbe luogo, nelle sue parti essenziali, nelle scuole di Ravinà e Rav Asì (m. nel 499); qualche aggiunta venne fatta dai dotti delle generazioni successive, detti Savoraìm.
Il Talmud babilonese ci è giunto in un numero di trattati maggiore di quello palestinese, però in esso mancano i trattati del 1° ordine relativi a norme che riguardano i prodotti della terra, che si trovano invece nel Talmud di Èretz Israèl. La ragione è che, trattandosi di norme che hanno la loro applicazione solo in Èretz Israèl, esse non venivano discusse sistematicamente nelle yeshivòt di Babilonia. Va poi notato che nel Talmud babilonese le discussioni e le conversazioni, scritte in dialetto aramaico babilonese, sono tramandate in forma più ampia e diffusa che in quello di Èretz Israèl. Non occorre dire poi che ciascuna delle due raccolte riferisce opinioni espresse, discussioni svolte e tradizioni raccolte anche nell’altro centro di studi, e sia l’uno che l’altro Talmud riportano detti degli Amoraìm dei due centri. Per ragioni che vedremo in seguito il Talmud babilonese fu più studiato e meglio conservato di quello di Èretz Israèl, acquistò maggiore autorità e divenne la fonte essenziale del rito e della giurisprudenza.
Africa settentrionale
La rivolta scoppiata in Mesopotamia ai tempi di Traiano si estese ben presto ad altri paesi abitati da Ebrei, che credettero giunto il momento di scuotere il giogo romano. I fatti furono particolarmente gravi in Egitto e in Cirenaica. Gli Ebrei si scagliarono contro la popolazione greca e romana., Il governatore romano Rutilio Rufo, a disposizione del quale non erano grandi forze, perché molte erano state mandate in Mesopotamia, non riuscì a dominare la situazione e fu costretto a ritirarsi col suo esercito in Alessandria (116) dove fece strage di Ebrei. In altri luoghi e specialmente a Cirene continuarono ad avere il sopravvento gli Ebrei, e si parla di molte stragi che questi compirono. Capo della rivolta a Cirene fu un certo Andrea, o, secondo altri, Luca. Traiano mandò in Africa il generale Marcio Turbone che sedò la rivolta e uccise molti Ebrei. Si dice che l’antica sinagoga di Alessandria venne distrutta, e certo cominciò la decadenza di questa comunità che fino ad allora aveva avuto il primato fra quelle della diaspora e che perdette tutta la sua importanza nel campo della cultura. La decadenza si fece poi ancora più grave dopo che acquistò forza il Cristianesimo: all’odio dei pagani contro gli Ebrei si aggiunse quello dei Cristiani. Parte della popolazione finì per confondersi con questi, parte emigrò; gli Ebrei che vi rimasero continuarono ad esercitare influenza sul commercio, ma non sempre riuscirono a vincere la concorrenza di altri centri dell’Africa settentrionale, nei quali cominciarono a stanziarsi numerosi Ebrei immigrati dall’Egitto: fra i secoli II e IV si formarono comunità in Tripolitania e in Mauritania (attuali Tunisia, Algeria, Marocco): fra queste Cartagine, Utica, Cesarea di Mauritania. In queste ebbero luogo frequenti contese coi Cristiani, e i capi spirituali di questi erano molto preoccupati dalle tendenze di pagani verso l’Ebraismo, nel quale videro un forte concorrente alla nuova religione. Molti scritti contro gli Ebrei e l’Ebraismo furono scritti da dotti cristiani. Il commercio continuò a prosperare in mano degli Ebrei anche nel IV secolo e nel principio del V e si ha anche notizia di Ebrei proprietari di navi; in seguito la propaganda cristiana contro gli Ebrei ebbe per conseguenza che la prosperità e l’importanza di questi diminuissero di molto. Degno di nota è il fatto che, siccome i Cristiani osteggiavano parimenti Ebrei e pagani, talvolta questi due gruppi lottarono insieme contro i primi.
Asia
a) Cipro
Nell’isola di Cipro, dove non sappiamo quando si siano stanziati per la prima volta Ebrei, avvennero gravi fatti durante la rivolta contro i Romani al tempo di Traiano; gli Ebrei distrussero una città e uccisero molte migliaia di pagani. Nel sedare la rivolta, i Romani sterminarono completamente gli Ebrei, e gli abitanti dell’isola vietarono il loro ingresso in essa e persino stabilirono che, se vi capitassero naufraghi ebrei, venissero messi a morte.
b) Siria e Asia Minore
La popolazione ebraica si accrebbe in questi paesi dopo la distruzione del Tempio e dopo la caduta di Betàr. In Siria è specialmente da notarsi la comunità ebraica di Antiochia nella quale vi furono continue contese fra questa e la comunità cristiana che vi si era formata e vi aveva acquistato grande importanza, essendo diventata sede di vescovi. Anche in questa città è viva l’attività delle guide spirituali del Cristianesimo per allontanare pagani e Giudeo-cristiani dall’Ebraismo. Degni di particolare menzione sono i numerosi discorsi di Giovanni Crisostomo (386-388) contro gli Ebrei. Dai suoi discorsi si vede che in Antiochia vi erano dei ricchi ebrei che conducevano vita da pagani, tutta dedita ai piaceri materiali. Tra i numerosi episodi relativi ad atti di ostilità dei Cristiani contro gli Ebrei è da ricordarsi che, avendo nel 415 gli Ebrei di una piccola città nelle vicinanze di Antiochia nel giorno di Purìm costruito una forca in forma di croce e appiccatovi un pezzo di legno che doveva rappresentare Hamàn, essi furono accusati di avere crocifisso un ragazzo cristiano. Avvennero degli scontri tra Ebrei e Cristiani, e gli animi si calmarono dopo che l’imperatore Teodosio II fece punire coloro che avevano partecipato ai festeggiamenti di Purìm, dato che una legge promulgata da Onorio e confermata da Teodosio II proibiva agli Ebrei di mantenere la consuetudine di bruciare nel giorno di Purim una croce, perché questo costituiva offesa al Cristianesimo.
Fra le regioni dell’Asia Minore, la Cappadocia era, a quanto ci consta, quella che aveva una popolazione ebraica più numerosa; in essa fioriva il commercio, e vi si notavano anche dei dotti. La comunità che si trovava nella sua città principale fu distrutta dal re Sapor II nella sua spedizione contro quella regione, senza che egli avesse intenzioni ostili contro gli Ebrei. Anche in altri luoghi dell’Asia Minore, come Smirne, Efeso, Apamea, esistevano comunità ebraiche che godevano di una certa autonomia, e che dovettero anch’esse talvolta difendersi dai pagani e dai Cristiani.
Nel III secolo si ha notizia di popolazione ebraica a Palmira, centro commerciale in mezzo al deserto, nella strada fra Èretz Israèl e l’Arabia. Contesa tra Roma e la Persia, fu per qualche tempo indipendente sotto Odenat e la sua vedova Zenobia (261-277). Per quanto quest’ultima pare avesse qualche inclinazione verso l’Ebraismo, tanto che alcuni scrittori cristiani la dicono ebrea, si hanno notizie non chiare di sue persecuzioni contro gli Ebrei. In ogni caso la comunità ebraica non ebbe lunga vita, perché la città stessa venne distrutta nel 273 dall’imperatore Aureliano.
Europa
a) Italia
In Roma la popolazione ebraica aumentò notevolmente dopo la distruzione del Tempio in causa dei numerosissimi prigionieri di guerra che vi furono condotti, venduti come schiavi e poi riscattati dai loro fratelli. Oltre che in Trastevere si ebbero quartieri ebraici nei pressi della via Appia, del Campo Marzio, nella Suburra e nei dintorni della porta Capena. C’è da ritenere che gli Ebrei, alla fine del I secolo E.V. raggiungessero in Roma il numero di circa 30.000. Essi costituivano parecchie comunità che prendevano nome dal quartiere della città in cui si trovavano, o da quello del paese dal quale i suoi membri provenivano. Altre poi si chiamavano col nome dell’imperatore Augusto o del re Agrippa. Le comunità godevano di una certa autonomia ed erano dirette ed amministrate da loro capi designati come membri o presidenti di consigli o come capi del popolo (etnarchi) o come arconti. Non mancavano poi i Maestri, ma non si hanno notizie precise sull’amministrazione della giustizia. Le comunità avevano naturalmente anche i loro cimiteri, il più antico dei quali pare fosse quello di Porta Portese. Altri cimiteri si trovavano lungo la via Appia e a Monteverde. I cimiteri erano nella forma detta delle catacombe. Ad Ostia furono scoperti i resti di una sinagoga.
A quanto pare la lingua più comune presso gli Ebrei di Roma era dapprima la greca, poi la latina: l’ebraico non doveva essere usato, tanto è vero che non vi sono iscrizioni sepolcrali in ebraico, e neppure è molto frequente l’uso di qualche parola ebraica in iscrizioni greche o latine. I nomi che compaiono in esse sono in parte ebraici, in parte greci o latini.
Fuori di Roma esistevano in Italia, almeno a partire dal I sec. E.V., comunità ebraiche nell’Italia meridionale, in Sicilia, in Etruria, a Ravenna, nell’Italia settentrionale (Milano, Genova) e in Sardegna.
Anche in Italia il prevalere del Cristianesimo determinò un peggioramento delle condizioni degli Ebrei che prima erano in genere vissuti tranquilli, e si ebbero restrizioni da parte delle autorità e disordini provocati dal popolo. Si ha notizia di una distruzione di sinagoga in Roma per opera di Cristiani nel 387: gli autori di essa furono però puniti e obbligati a ricostruire la sinagoga. Dopo la divisione dell’impero in due parti, l’Italia apparteneva naturalmente a quella occidentale, ma le leggi emanate in uno degli imperi avevano vigore anche nell’altro, e quindi furono applicate le disposizioni di Arcadio e di Teodosio II.
L’imperatore Onorio vietò agli inviati da Èretz Israèl di raccogliere offerte in Italia, ma poi abrogò il divieto. Quando i Goti invasero l’Italia e conquistarono Roma stessa, Onorio si mostrò benevolo verso gli Ebrei per timore che questi aiutassero i suoi nemici: fu vietato di imporre agli Ebrei lavori pubblici nei sabati e di citarli in tribunale in detto giorno; fu assicurata la difesa al culto ebraico, pure rimanendo in vigore il divieto di costruire nuove sinagoghe; gli Ebrei furono ammessi all’esercizio dell’avvocatura e fu abrogato il divieto a loro imposto di acquistare schiavi cristiani, a condizione che non li ostacolassero nell’osservanza della loro religione. Si intende che gli Ebrei soffrirono non meno degli altri quando Alarico mise a sacco Roma (410) e per le successive invasioni degli Unni (452) e dei Vandali (455). Si dice che questi ultimi abbiano preso alcuni degli oggetti del Tempio di Gerusalemme che ancora si trovavano in Roma. Non abbiamo notizie particolari sugli Ebrei fino alla caduta dell’impero d’occidente (476).
b) Gallia
Nella Gallia, soggetta a Roma, vi furono Ebrei almeno a partire dal I sec. E.V. e pare che essi si dedicassero specialmente al commercio. A cominciare dal sec. IV si hanno notizie di stanziamenti ebraici a Narbona, Arles, Avignone, Bordeaux e altri luoghi della Francia meridionale, dove si stabilirono anche degli Ebrei provenienti dall’Italia. Fino a che Roma fu pagana, le varie popolazioni (Celti, Greci, Romani ed Ebrei) che abitavano in Gallia vissero in pace fra di loro. Dopo il prevalere del Cristianesimo avvenne quel che già sappiamo avvenne altrove. In molti luoghi i vescovi dominavano, e ad agitazioni contro di loro presero talvolta parte gli Ebrei: così avvenne nel 390 ad Avignone. Naturalmente anche in Gallia ebbero vigore le leggi relative agli Ebrei promulgate dal governo romano nei primi decenni del sec. V, e queste condizioni durarono fino a che la Gallia fu conquistata dai Goti, e intanto il Cristianesimo vi acquistava sempre maggiore forza. Il concilio di Vannes, in Bretagna (465) vietò agli ecclesiastici di mangiare in casa di Ebrei e di invitare questi a mangiare presso di loro; il che dimostra che correvano rapporti cordiali tra Ebrei e membri del clero. Sembra, fra l’altro, che nel 472 un ebreo fosse l’amministratore del vescovo di Clermont e che questi ne celebrasse l’onestà, pur deplorando che non avesse aderito al Cristianesimo ed esprimendo la speranza che ciò avvenisse in seguito. Ci furono dei casi in cui la chiesa riuscì ad ottenere che, per ragioni economiche, degli Ebrei accettassero il Cristianesimo. Anche dopo che il dominio della Gallia venne diviso tra Visigoti, Burgundi e Franchi, le condizioni rimasero immutate per qualche tempo.
c) Penisola iberica e isole adiacenti
Tradizioni, la cui veridicità è tutt’altro che sicura, affermano che vi si stanziarono Ebrei prima ancora dell’esilio babilonese. Certo si è che vi si trovavano Ebrei nei primi secoli dell’Era Volgare; essi provenivano in parte direttamente da Èretz Israèl, da dove erano usciti dopo il 70, e in parte dall’Africa settentrionale, per sfuggire a pressioni e a persecuzioni cristiane. Questi si stanziarono in vari punti della penisola nei quali non era ancora penetrato il Cristianesimo o non vi aveva acquistato grande potere. Ma in seguito la situazione cambiò: in un concilio che si tenne in Andalusia (306) e che mirava specialmente a combattere il paganesimo furono anche prese disposizioni che riguardavano gli Ebrei: fu vietato ai Cristiani, sotto pena di scomunica, invitare Ebrei alle cerimonie di ringraziamento a Dio per il prosperare dei prodotti agricoli e furono adottate norme analoghe a quelle in vigore nella Gallia tendenti ad evitare rapporti cordiali tra Ebrei e Cristiani (vedi sopra) e non occorre dire che furono vietati, anche da parte cristiana, i matrimoni misti.
Il trasporto dei resti del martire cristiano Stefano in una città delle Baleari (418) diede occasione a violenze contro gli Ebrei: questi furono minacciati di distruzione completa se non si fossero convertiti al Cristianesimo. Gli Ebrei decisero di resistere e si chiusero nella sinagoga. I Cristiani non osarono assalirli, perché ritenevano che essi fossero ben forniti di armi. Allora il vescovo invitò i rappresentanti degli Ebrei ad una conversazione su argomenti religiosi. Venuto a sapere, nel corso di questa, che nella sinagoga non vi erano armi, invitò il popolo ad assalirla: la sinagoga fu arsa, molti Ebrei, fra cui il loro capo Teodoro, che cedettero a minaccia di morte, furono battezzati; alcuni pochi, fra cui parecchie donne, resistettero. Il vescovo si vantò di aver indotto alla conversione 540 Ebrei e invitò altre comunità cristiane a seguire il suo esempio. Queste condizioni durarono fino a che la Spagna passò sotto il dominio dei Visigoti.
d) Penisola balcanica
Nella penisola balcanica, come già sappiamo, abitavano Ebrei almeno fino dai tempi degli Asmonei ed essi erano numerosi al tempo delle origini e dei primi progressi del Cristianesimo; certo se ne trovavano in Tessaglia, Macedonia, Etolia, Attica, Argolide, Peloponneso. Sinagoghe e comunità di una certa importanza erano ad Atene, Tessalonica (Salonicco), Corinto; ma non abbiamo per molti secoli notizie particolari sulle loro vicende. In genere pare esse furono in decadenza, analogamente a quanto avvenne alle città greche. Le condizioni migliorarono dopo che Bisanzio (Costantinopoli) divenne capitale dell’impero d’oriente. Anche la popolazione ebraica aumentò; attrattavi specialmente da ragioni di commercio, che era particolarmente fiorente con Alessandria e le coste della Siria e della Palestina. A Bisanzio gli Ebrei abitavano in un quartiere speciale, nel centro della città: si narra che vi fu costruita una sinagoga contro le disposizioni di Teodosio e che questi ne ordinò la trasformazione in chiesa cristiana (442). Gli Ebrei furono poi espulsi dal centro della città e si stanziarono in un quartiere periferico. Non pare che gli Ebrei siano stati coinvolti nelle lotte dei partiti del circo ###”partiti del circo”? verificare. La comunità di Bisanzio e in genere quelle della penisola balcanica godevano di larghe autonomie e non abbiamo notizie di urti fra esse e la popolazione non ebraica: vi vigevano naturalmente le disposizioni del governo imperiale.
e) Stanziamenti ebraici nei pressi del Mar Nero e del Caucaso
Dato che in paesi nei pressi del Mar Nero e del Mare di Azov fioriva il commercio fino dagli ultimi secoli avanti l’Era Volgare, è probabile che accanto ai Greci che costituivano la parte principale della popolazione ci fossero anche Ebrei. Nel secolo I a.E.V. erano stanziati specialmente nel regno del Bosforo, che cadde in potere dei Romani sotto Pompeo contemporaneamente alla Giudea (63 a.E.V.). Notizie sporadiche, specialmente in iscrizioni e altri documenti, dimostrano l’esistenza di comunità ebraiche in vari punti della regione e l’influenza spirituale che gli Ebrei vi esercitavano.
Letteratura
a) Scritti apocalittici
All’infuori della letteratura rabbinica rappresentata dal Talmud babilonese, ben poco abbiamo e probabilmente poco è stato scritto da Ebrei della diaspora nei primi secoli dopo la distruzione del secondo Tempio, a eccezione delle opere di Giuseppe Flavio. Si tratta quasi esclusivamente di opere di carattere apocalittico, e non sempre è facile distinguere quelle di origine ebraica da quelle cristiane, e anche in quelle di origine ebraica sono state fatte aggiunte e modificazioni da Cristiani. Tra queste opere, conservate in greco ricorderemo alcune delle parti più recenti nella raccolta degli oracoli della Sibilla, e la visione di Barùkh, detta “seconda”, per distinguerla da quella della “prima”, conservata in siriaco.
b) Traduzioni della Bibbia
Ad uso degli Ebrei che parlavano correntemente il greco fu fatta una nuova traduzione dei libri biblici o di parte di essi. Ciò fu dovuto al fatto che quella detta dei Settanta parve non sempre esatta, e inoltre, essendo stata adottata come ufficiale dai Cristiani, si sospettava, e non a torto, che questi vi avessero apportato delle modificazioni in appoggio alle loro interpretazioni. La nuova traduzione fu fatta da un certo Aquila (in ebraico Akilas), personalità dei tempi di Adriano, nativo, a quanto pare, del Ponto, in Asia Minore. Non occorre poi dire che in Babilonia si diffusero le traduzioni aramaiche fatte in Èretz Israèl e anche se ne fecero delle nuove. I Cristiani poi procedettero per conto loro e per loro uso, ad altre traduzioni in greco, latino e siriaco, e più tardi, col diffondersi del Cristianesimo, in altre lingue come arabo ed etiopico.