Capitolo 28 – Gli Ebrei in Èretz Israèl durante il periodo cristiano dell’impero romano
Le fonti
Gli ebrei di Èretz Israèl sotto i primi imperatori cristiani: a) Generalità; b) Costantino e Costanzo; c) La rivolta in Galilea; d) Il sinedrio sotto la presidenza di Hillèl II
Gli ebrei di Èretz Israèl durante gli ultimi tempi dell’impero unito: a) L’imperatore Giuliano e gli Ebrei; b) I successori di Giuliano
Èretz Israèl sotto l’impero romano di oriente: a) Condizioni generali; l’imperatore Arcadio; b) I decreti di Teodosio II; c) La decadenza e la fine del patriarcato
Le fonti
Vedi capitolo precedente. In modo particolare sono da segnalare i biografi di Costantino, gli scritti di autori cristiani, la lettera dell’imperatore Giuliano agli Ebrei e il codice dell’imperatore Teodosio. La tradizione sulla fissazione del calendario è riferita da Hai Gaòn (sec. X-XI) in base a fonti che non conosciamo.
Gli ebrei di Èretz Israèl sotto i primi imperatori cristiani
a) Generalità
Dopo che, in seguito a un periodo di lotte, Costantino riuscì a vincere i suoi rivali e a riunire l’impero sotto il suo scettro (312), cambiò radicalmente la situazione del Cristianesimo nell’impero romano: la religione perseguitata divenne religione dominante e quasi religione dello stato. Questo cambiamento ebbe gravi conseguenze per quel che riguarda i rapporti fra l’Ebraismo e il governo romano, particolarmente in Èretz Israèl. Le guide spirituali dei Cristiani fino a quel momento si erano limitate a combattere l’Ebraismo con la parola e con gli scritti e a fare propaganda per la conversione degli Ebrei ma non avevano avuto, né potevano avere, alcun appoggio dal governo romano, che per lo più perseguitava il Cristianesimo e vedeva nell’Ebraismo una delle tante religioni ammesse nell’impero, senza pensare a combatterlo se non dal punto di vista politico per i tentativi di scuotere il dominio di Roma. Ora invece che il governo era diventato di fatto cristiano, questo poteva, anzi doveva, cercare anch’esso di annientare, con le sue leggi e con la sua forza, la religione ebraica, come aveva prima cercato di annientare la nazionalità ebraica. In modo particolare si volevano colpire gli Ebrei di Èretz Israèl, che era diventata la terra santa dei Cristiani, nella quale, secondo quanto questi affermavano, gli Ebrei avevano perseguitato e messo a morte Gesù. Gerusalemme, che non fu più chiamata Elia Capitolina, si trasformò da città pagana in città cristiana e continuò ad essere chiusa agli Ebrei.
b) Costantino e Costanzo
La politica di questi imperatori (312-337; 337-361) nei confronti degli Ebrei fu incerta; la religione ebraica non fu legalmente vietata, come non furono vietati i culti pagani, ma si cercò di indebolirla, e il governo fece proprie le disposizioni ecclesiastiche, sancite specialmente dal concilio di Nicea (325) e da quello posteriore di Laodicea; furono confermate le disposizioni precedenti contro il proselitismo ebraico, furono comminate severe pene contro chi inducesse a ritornare all’Ebraismo chi avesse accettato il Cristianesimo, fu vietato agli Ebrei di possedere schiavi cristiani. Le tasse imposte agli Ebrei furono aggravate e riscosse con particolare rigore. Notevoli sono le espressioni ingiuriose per l’Ebraismo che si trovano nei decreti nei quali esso è menzionato.
c) La rivolta in Galilea
Gli Ebrei di Galilea furono vivamente colpiti dal contegno di un apostolo di nome Yosèf che, dopo essere passato al Cristianesimo, si diede a distruggere oltre che templi pagani anche sinagoghe a Tzipporì, a Tiberiade e a Nazareth (anch’essa città sacra per i Cristiani) per sostituirle con chiese cristiane. Gli Ebrei ebbero pure da soffrire per il passaggio delle truppe imperiali dirette contro i Persiani: dagli Ebrei si esigevano lavori anche di sabato, e rifornimento di pane anche nei giorni di Pèsach. Il malcontento degli Ebrei contro queste violenze dei Cristiani e le pressioni del governo sboccarono in una vera e propria rivolta a Tzipporì, che a quei tempi aveva assunto il nome di Diocesarea. Gli Ebrei assalirono il presidio romano, ne uccisero parte dei soldati e si impadronirono delle loro armi. La rivolta si estese poi anche in altri punti della regione, come Tiberiade, e varcò anche i confini della Galilea, estendendosi fino a Lod. I Romani agirono energicamente e il collega di Costanzo, il cesare Gallo, ordinò la distruzione di tutti i centri della rivolta, tra cui quella di Tzipporì e parte di Tiberiade e di Lod; molti furono uccisi, altri fuggirono o si nascosero (352).
d) Il Sinedrio sotto la presidenza di Hillèl II
A Yehudà III successe il figlio Hillèl II (330-365 circa). Sotto il governo cristiano, che mirava a ridurre al minimo le prerogative degli Ebrei, il Sinedrio continuò a decadere e a perdere di autorità. Secondo una tradizione che pare sia da preferirsi ad altre, Hillèl II compì (circa 359) un atto che, mentre corrispondeva alle esigenze del momento e salvò dal pericolo di gravi scissioni l’Ebraismo delle generazioni successive, contribuì notevolmente a fare perdere al Sinedrio gran parte di quella poca autorità che ancora aveva. Come già sappiamo, una delle sue prerogative principali consisteva nello stabilire gli elementi in base ai quali si fissavano i giorni in cui dovevano cadere le ricorrenze. Il Sinedrio comunicava poi le sue decisioni per mezzo di suoi inviati in Èretz Israèl e fuori. Le guerre dei Romani contro i Persiani rendevano assai difficili le comunicazioni con altri paesi e specialmente con la Babilonia, che era sotto i Persiani e che era il maggior centro della diaspora ebraica. Si delineava così il pericolo che ogni centro ebraico, non potendo ricevere le comunicazioni del Sinedrio, stabilisse per proprio conto quali giorni erano da considerarsi festivi, e che quindi non sempre questi venissero celebrati contemporaneamente in tutti i paesi. Per evitare questo inconveniente, il Sinedrio presieduto da Hillèl II stabilì delle regole fisse per la compilazione del calendario. Queste regole sono quelle che vengono seguite ancora oggi o per lo meno ne costituiscono la base.
Gli Ebrei di Èretz Israèl durante gli ultimi tempi dell’impero unito
a) L’imperatore Giuliano e gli Ebrei
Il carattere cristiano dell’impero romano ebbe una breve interruzione durante l’impero di Giuliano (361-363) al quale i Cristiani diedero il soprannome di apostata. Educato nel Cristianesimo, ne rifiutò poi i principi e si propose di far rivivere nell’impero il culto del paganesimo greco-romano, divenendo per questo fiero avversario del Cristianesimo. Non ebbe simpatie per l’Ebraismo; ma, per la sua avversione ai Cristiani che perseguitavano gli Ebrei e per il suo desiderio di fare rivivere culti antichi, fu assai benevolo verso gli Ebrei: abrogò le leggi restrittive che li riguardavano, comprese quelle che li sottoponevano a speciali tasse, e in una lettera diretta agli Ebrei, nella quale è esplicitamente menzionato il Nasì Hillèl, esprime l’intenzione di ricostruire Gerusalemme come città sacra agli Ebrei al suo ritorno dalla guerra contro i Persiani. Si narra che i lavori si iniziarono durante la sua assenza nel luogo dove era stato il Tempio, ma che poi furono interrotti perché molti operai perirono bruciati da una fiamma sprigionatasi dal terreno, nel quale fatto i Cristiani videro un miracolo contro le imprese di Giuliano. Questi morì durante la guerra, il governo romano fu di nuovo dominato dal Cristianesimo e la condizione degli Ebrei tornò ad essere quella che era prima di lui.
b) I successori di Giuliano
Dopo la morte di Giuliano, il sud di Èretz Israèl ebbe a soffrire per un terremoto (363). I primi imperatori che gli succedettero (363-379) non si occuparono granché degli Ebrei, preoccupati com’erano, oltre che dalle condizioni dell’impero che andava declinando, anche dalle lotte interne fra le sette cristiane. Teodosio I (379-395) subì molto l’influenza della Chiesa, ma non emanò nuove disposizioni contro gli Ebrei. Alla sua morte, l’impero si divise definitivamente in due parti: d’oriente e d’occidente, e Èretz Israèl fece naturalmente parte dell’impero d’oriente, detto bizantino dal nome della sua capitale Bisanzio. ###vedere se si vuol mettere “impero/imperatore d’oriente/d’occidente”, min, oppure “d’Oriente/d’Occidente” maj. per ora è tutto minuscolo.
Èretz Israèl sotto l’impero romano d’oriente
a) Condizioni generali; l’imperatore Arcadio
Dopo che, fallito il tentativo di Giuliano, il paganesimo greco si poteva dire del tutto vinto, le forze del Cristianesimo contro i non Cristiani si rivolsero più tenacemente contro gli Ebrei. I vescovi, che erano i rappresentanti ufficiali delle comunità cristiane, e gli ordini monastici, che si erano venuti formando e rafforzando, premevano sul governo e sulle popolazioni facendo appello ai loro sentimenti di Cristiani che dovevano indurli a rendere cristiano tutto l’impero e quindi ad agire contro quelli che ancora resistevano, in modo particolare gli Ebrei. Arcadio, primo imperatore d’oriente, figlio di Teodosio I (385-408), continuò la politica del padre e non molestò in modo speciale gli Ebrei. Una disposizione di Arcadio che vieta di offendere i Nesiìm dimostra che offese di questo genere non erano infrequenti da parte della popolazione cristiana.
b) I decreti di Teodosio II
Le cose mutarono sotto suo figlio e successore Teodosio II (408-450), del tutto sottomesso all’influenza della Chiesa. Agli inizi del suo impero emise un decreto che vietava agli Ebrei di costruire nuove sinagoghe e permetteva solo di riparare in caso di bisogno quelle esistenti senza introdurvi dei miglioramenti o degli abbellimenti. In seguito escluse gli Ebrei dalle cariche governative civili e militari; proibì agli Ebrei e ai Samaritani di escludere dall’eredità i figli che fossero passati al Cristianesimo anche se indegni, confermò il divieto fatto agli Ebrei di possedere schiavi cristiani.
Nel periodo di cui ci occupiamo va poi notato l’aumento della popolazione cristiana in Èretz Israèl, dovuto alla propaganda monastica e al fatto che i torbidi in Occidente indussero molti cristiani ad emigrare dall’Europa: la popolazione cristiana finì per costituire la maggioranza, e corrispondentemente diminuì la popolazione ebraica; nessuna notizia abbiamo sulle condizioni generali degli Ebrei in Èretz Israèl fino alla prima metà del sec. VI.
c) La decadenza e la fine del patriarcato
Un decreto comune ai due imperi, quello d’oriente e quello d’occidente, vietò (398) agli Ebrei di ricorrere a tribunali ebraici per questioni che non riguardassero la loro vita religiosa. Solo era concesso loro di rivolgersi, col consenso delle parti, ad arbitri ebrei. Teodosio II stabilì che comunque il dare l’esecuzione alle loro sentenze spettasse al governo. I Cristiani poi vedevano assai malvolentieri il persistere delle autonomie interne degli Ebrei e premevano affinché queste cessassero del tutto. L’imperatore d’occidente Onorio vietò (399) la raccolta e l’invio di denaro per il Nasì, ma poi abrogò questa disposizione. Quasi nulla sappiamo degli ultimi patriarchi Gamlièl V (365-385 circa), Yehudà IV (385-400) e Gamlièl VI (400-425).
Teodosio II privò il patriarca Gamlièl di titoli onorifici che erano prima accordati al Nasì e lo minacciò di pene severissime se facesse circoncidere cristiani o tenesse schiavi cristiani. Morto Gamlièl, Teodosio soppresse il patriarcato (429) e ordinò ai capi delle comunità di versare allo stato le somme da loro raccolte destinate al Nasì. Queste disposizioni pare siano in rapporto con contrasti sorti fra l’ultimo patriarca e il governo romano, nei quali non mancò l’azione antiebraica dei Cristiani.
Così ebbe fine quel poco di autonomia che era rimasto agli Ebrei nella loro terra; d’ora in poi essi sono completamente soggetti ai loro nemici. A maggiore vilipendio degli Ebrei, pochi anni dopo la cessazione del patriarcato ebraico, fu insignito del titolo di patriarca il vescovo di Gerusalemme per decisione del concilio di Calcedonia (451). Il Sinedrio centrale continuò a funzionare dopo la cessazione del Patriarcato.