Capitolo 23 – La Giudea sotto il dominio romano dopo il regno di Agrippa
Le fonti
Carattere generale del periodo
Assetto del paese
I primi procuratori: a) Cuspio Fado; b) Tiberio Alessandro; c) Cumano; d) Antonio Felice e i sicari
La Giudea durante l’impero di Nerone: a) Porcio Festa e Agrippa II; b) Inizi della rivolta contro Roma; c) Lotte di partiti e guerra civile; d) Intervento di Cestio Gallo; e) Lotte fra Ebrei e pagani
Le fonti
Vedi capitolo precedente. Il racconto di Giuseppe Flavio si riferisce ad avvenimenti a lui contemporanei.
Carattere generale del periodo
Dopo la breve parentesi del regno di Agrippa I, la terra di Israele torna ad essere interamente soggetta a Roma. Il periodo è anche più triste del precedente: i funzionari romani furono ancor più avidi di denaro e ostili alla popolazione ebraica che nel periodo precedente, e ancor meno di prima furono disposti a rispettare le tradizioni e le consuetudini ebraiche. D’altra parte gli Ebrei, dopo il breve periodo di relativa indipendenza sotto Agrippa I, sentirono ancor più il peso del dominio romano e più forte il desiderio di cercare di scuoterne il giogo. Per queste ragioni gli avvenimenti di questo periodo, pieni di agitazione e di sommosse, preparano la grande rivolta che si chiuderà con la distruzione del Tempio, il secondo esilio e la dispersione.
Assetto del paese
Il proposito di Claudio di fare di Agrippa II, figlio di Agrippa I, successore di questo nel regno non ebbe seguito per l’opposizione dei maggiorenti di Roma, dovuta sia all’età giovanile di Agrippa II e sia ai sospetti a cui avevano dato luogo alcuni degli atti di Agrippa I. Tutto il territorio che aveva costituito il regno di questo tornò ad essere sotto il governo diretto dei funzionari romani; solo fu dato ad Erode re di Calcide, fratello di Agrippa I, il diritto di nominare i Sommi Sacerdoti e di esercitare la sorveglianza sul Tempio. Alla sua morte (49) questi diritti, insieme al regno di Calcide, furono dati ad Agrippa II.
I primi procuratori
a) Cuspio Fado
Il primo procuratore imperiale chiamato a governare la Giudea dopo la morte di Agrippa fu Cuspio Fado (44-46), che irritò la popolazione ebraica sia per non aver voluto punire coloro che avevano fatto pubbliche manifestazioni di gioia per la morte di Agrippa, sia per aver tentato di riavere in custodia gli abiti sacerdotali, cosa però che gli fu vietata dall’imperatore Claudio, in seguito all’intervento di Agrippa II che si trovava a Roma. Cuspio Fado fece poi mettere a morte un sedicente messia di nome Yehudà dopo aver ucciso o fatto prigionieri molti dei suoi seguaci.
b) Tiberio Alessandro
A Cuspio Fado successe l’apostata Tiberio Alessandro (46-48), figlio di Alessandro, fratello del filosofo Filone. Per far credere nella sincerità della sua apostasia, si mostrò fieramente ostile agli Ebrei. Fra l’altro, fece crocifiggere i figli di Yehudà Galileo che continuarono l’opera del padre.
c) Cumano
Peggiore ancora dei suoi predecessori fu Cumano (48-52). Egli fece stanziare dei soldati romani nei locali adiacenti al Tempio nei giorni delle maggiori solennità ebraiche nei quali affluivano i pellegrini da tutte le parti del paese, e qui i soldati non sempre si comportarono col riguardo dovuto alla santità del luogo. Questo indignò la popolazione ebraica, e una vera e propria rivolta contro i soldati romani scoppiò quando Cumano si rifiutò di punire un soldato che, in un giorno di Pèsach, aveva compiuto un gesto osceno. Cumano scagliò i soldati contro gli Ebrei inermi e molti rimasero uccisi. Altri disordini si ebbero in altri punti del paese. Tra questi particolarmente grave quello provocato dai Samaritani che assalirono pellegrini ebrei della Galilea che passarono per il loro paese. Cumano, a cui gli Ebrei rivolsero le loro lagnanze, non solo non li accolse, ma si schierò dalla parte dei Samaritani. Un gruppo di patrioti ebrei distrusse alcuni villaggi di Samaritani, Cumano prese le difese di questi, e molti Ebrei perirono o furono catturati. Presentatesi al prefetto di Siria Quadrato ambascerie di Ebrei e di Samaritani, egli, recatosi a Samaria, fece crocifiggere gli Ebrei che Cumano aveva catturato, e poi sottoporre al giudizio dell’imperatore la controversia fra Ebrei e Samaritani. Agrippa II riuscì ad indurre Claudio a sentenziare in favore degli Ebrei: tre fra i capi dei Samaritani furono condannati a morte, e Cumano venne destituito e mandato in esilio.
d) Antonio Felice e i sicari
La sentenza di Claudio in favore degli Ebrei non cambiò per nulla l’atteggiamento dei procuratori ostili agli Ebrei. Antonio Felice (52-60) successore di Cumano, represse violentemente ogni atto in cui vedesse tentativo di rivolta contro i Romani, né mutò condotta dopo che ebbe sposato Drusilla, figlia di Agrippa I, che aveva abbandonato il suo primo marito e apostatato. La condotta di Felice ebbe per conseguenze la formazione di un partito di nazionalisti designato col nome di sicari, perché essi tenevano nascosto un piccolo pugnale (sica in latino), si introducevano fra la moltitudine e con esso colpivano non solo Romani ostili agli Ebrei, ma anche Ebrei da loro ritenuti amici dei Romani o nazionalisti tiepidi. Fra altri, fu da loro ucciso il Sommo Sacerdote Yochanàn, che si diceva avesse favorito la nomina di Felice, quando si recò a Roma per sostenere davanti all’imperatore le ragioni degli Ebrei contro i Samaritani e contro Cumano. In questa uccisione i sicari furono aiutati da Felice, irritato contro Yochanàn, che si era dichiarato pentito di aver favorito la sua nomina e che lo aveva rimproverato per il suo comportamento.
Anche gruppi di Ebrei che annunziavano la liberazione dal giogo romano in modo soprannaturale furono crudelmente perseguitati da Felice. Così pure in una grave controversia, relativa ai diritti di cittadinanza, sorta a Cesarea fra Ebrei e Greci, degenerata in vera e propria guerra civile, Felice prese decisamente la parte dei nemici degli Ebrei e molti di questi ultimi vennero uccisi, catturati o depredati dai soldati romani. In seguito mandò a Roma, dove frattanto Nerone era succeduto a Claudio, una ambasceria di Ebrei e una di Greci per sottoporre all’imperatore la decisione in merito alla controversia. Prima che gli ambasciatori giungessero a Roma Felice fu sostituito da Porcio Festo (60-62 E.V.).
La Giudea durante l’impero di Nerone
a) Porcio Festo e Agrippa II
Nerone decise la controversia di Cesarea in senso del tutto contrario agli Ebrei: i Greci dovevano essere assoluti padroni della città, e agli Ebrei si negava ogni diritto di cittadinanza.
Durante il procuratorato di Porcio Festo continuò l’azione dei sicari; il procuratore cercò di ostacolarla, ma non vi riuscì. Agrippa II, al quale Claudio aveva dato la tetrarchia di Filippo in cambio di Calcide (53), ottenne da Nerone alcuni altri territori in Transgiordania e in Galilea, fra cui Tiberiade, e il titolo di re della Giudea, che però era soltanto nominale. In onore dell’imperatore diede il nome di Neroniade alla sua città di residenza nella tetrarchia di Filippo, che prima si chiamava Cesarea. Nella Giudea propriamente detta non aveva che la sorveglianza sul Tempio e il diritto di nominare i sacerdoti. Di questo diritto si avvalse ampiamente e in malo modo: nominò e depose sacerdoti a suo arbitrio, spesso per danaro, e salirono non di rado alla dignità del sommo sacerdozio uomini del tutto indegni che venivano sostituiti dopo breve tempo con altri non migliori di loro.
Come sorvegliante sul Tempio vi fece fare alcuni restauri e costruì nel suo palazzo, ad esso adiacente, una torre dalla quale poteva vedere quello che avveniva all’interno del Santuario. Questo suscitò lo sdegno dei sacerdoti, che vi videro una profanazione e che fecero costruire una parete divisoria. Agrippa cercò di ottenere da Festo che questa venisse rimossa; il Sommo Sacerdote portò la questione davanti all’imperatore, e Nerone ordinò che essa rimanesse.
b) Inizi della rivolta contro Roma
Gli ultimi due procuratori della Giudea, Albino (62-64) e Gessio Floro (64-66) superarono i loro predecessori per odio contro gli Ebrei, atti di crudeltà, avidità di denaro, corruzione della giustizia, e portarono gli Ebrei a tale grado di esasperazione che li indusse ad aperta rivolta contro Roma. La scintilla di questa si accese a Cesarea dove i Greci, inorgogliti dalla sentenza di Nerone, presero a trattare con disprezzo gli Ebrei. Controversie sorte fra questi e i Greci riguardo alla sinagoga, che era costruita in terreno di proprietà di un Greco, diedero luogo, durante l’assenza di Floro che si trovava a Samaria, a incidenti, aggravati dal fatto che Floro si rifiutò di intervenire per farli cessare e imprigionò i membri di una ambasceria ebraica che si era recata a chiedere il suo aiuto. La notizia di questi avvenimenti produsse a Gerusalemme grande fermento contro Floro, e una sua richiesta di ingente somma di danaro dal tesoro del Tempio provocò gli scherni da parte della popolazione che andò in giro per la città con una cassetta dicendo: “Elemosina per il povero Floro!”. Questi, per vendicarsi, lanciò i soldati romani al saccheggio e sottopose a processo e condannò coloro che cercarono di opporvisi. A nulla valsero le richieste di Berenice, sorella di Agrippa II, in difesa degli Ebrei. In seguito egli pretese che questi dessero tangibile prova della loro fedeltà a Roma rendendo omaggio a legioni romane che stavano per venire da Cesarea a Gerusalemme. Nonostante l’opposizione dei patrioti più ardenti, i sacerdoti riuscirono a persuadere il popolo ad aderire a questa richiesta; ma, non avendo i soldati romani, a ciò indotti segretamente da Floro, risposto al saluto degli Ebrei, questi cominciarono ad ingiuriare il procuratore, che lanciò i soldati contro la popolazione inerme e fece molte vittime. I patrioti ebrei dai tetti lanciarono pietre e frecce contro i soldati romani che dovettero ritirarsi; in seguito i patrioti riuscirono a distruggere i passaggi che mettevano in comunicazione la fortezza Antonia con il Tempio per impedire la sorveglianza romana su questo. Floro si ritirò con il suo esercito a Cesarea, lasciando a Gerusalemme solo una piccola schiera (66).
c) Lotte di partiti e guerra civile
Giunte le cose a questo punto, si delinearono fra gli Ebrei due tendenze principali: alcuni (patrioti o zeloti) pensavano che si dovesse lottare fino all’ultimo e con tutti i mezzi per scuotere interamente il giogo romano, divenuto insopportabile; altri pensavano che fosse impossibile liberarsi dalla potentissima Roma, padrona di quasi tutto il mondo e che, per evitare il peggio e salvare così la vita, le sostanze, il Tempio, fosse necessario accettare come necessità ineluttabile il giogo romano e che si dovesse quindi rinunciare a qualsiasi tentativo di rivolta. Il principale esponente di questa tendenza era Agrippa II che, dopo essersi rifiutato di mandare a Roma ambasciatori che chiedessero a Nerone di porre fine alle malefatte di Floro, tenne un lungo discorso per dimostrare, con argomenti politici, pratici e religiosi, la necessità di accettare il giogo romano quale esso era. Le sue parole fecero effetto su una parte del popolo, alcuni dei quali vollero sostenere che l’opposizione non era contro il governo romano, ma contro Floro: neppure questo punto di vista venne accettato da Agrippa, e allora si fece più forte il partito degli zeloti che videro in Agrippa un alleato del tristo governo romano. Gli zeloti erano contrari ad ogni atto di sottomissione a questo e, su proposta del sacerdote El’azàr figlio di Chananyà, decisero di porre fine alla consuetudine da lungo tempo invalsa di offrire nel Tempio un sacrificio in onore dell’imperatore e di non più accettare sacrifici offerti da stranieri. La maggioranza dei sacerdoti e degli anziani disapprovarono questi atti che erano come una dichiarazione di guerra a Roma, e, non essendo riusciti a influire sugli zeloti, invitarono Agrippa a mandare a Gerusalemme delle milizie. Agrippa aderì e così ebbe origine una vera e propria guerra civile. I fautori della pace si fortificarono nella parte alta della città e gli zeloti sul monte del Tempio e nella parte bassa. La lotta si combatté aspramente da ambo le parti e si chiuse con la vittoria degli zeloti, che si impadronirono di tutta la città e incendiarono i palazzi di Agrippa e di Berenice, la casa dell’ex Sommo Sacerdote Chananyà, e la sede degli archivi. Agrippa e i soldati romani si chiusero nel palazzo di Erode e nelle torri che lo circondavano e, dopo tre giorni di assedio, dovettero arrendersi. Ad Agrippa ed ai suoi fu concesso di uscire; i soldati romani furono disarmati e uccisi (fine dell’estate del 66###). Ma la vittoria dei patrioti non portò la pace a Gerusalemme, perché insorsero discordie fra i sicari e i patrioti più moderati. I primi uccisero, fra altri, l’ex Sommo Sacerdote Chananyà e suo fratello Ezechia, e i patrioti moderati misero a morte il capo dei sicari, Menachèm. La città rimase sotto il dominio del sacerdote Elazàr figlio di Chananyà.
d) Intervento di Cestio Gallo
Contro i ribelli mosse da Antiochia il prefetto di Siria Cestio Gallo con un esercito formato, oltre che da elementi romani, anche da truppe dei re soggetti a Roma, tra i quali Agrippa II. Distrutti alcuni centri di popolazione ebraica nell’alta Galilea, commise stragi e saccheggi a Giaffa e, distrutta Lod, si accampò a Ghiv‘on, a nord-ovest di Gerusalemme. Nonostante la vigorosa opposizione di un gruppo di zeloti, mosso contro di lui da Gerusalemme, che costò molte vittime ai Romani, Cestio Gallo e il suo esercito raggiunsero il monte degli Ulivi, ad oriente di Gerusalemme, e vi si accamparono. I fautori della pace volevano aprirgli le porte di Gerusalemme; ma i patrioti si opposero, respinsero i Romani e Cestio Gallo dovette ritirarsi. I patrioti lo inseguirono, lo raggiunsero presso Beth Choròn, distrussero parte del suo esercito, presero grande bottino di armi, continuarono l’inseguimento fino ad Antipatris e poi tornarono a Gerusalemme (autunno 66). In queste azioni si segnalò il condottiero dei patrioti, Shim’òn figlio di Ghiyora (“del convertito”).
e) Lotte fra Ebrei e pagani.
La ripercussione degli avvenimenti di Gerusalemme si sentì in vari altri punti del paese, dove avvennero lotte fra Ebrei e Greci: a Cesarea i Greci, aiutati da Floro, fecero strage di Ebrei; altre lotte e altre stragi di Ebrei e di pagani ebbero luogo in altri punti del paese dove risiedeva popolazione mista. A Bet Sheàn si ebbe lotta fratricida fra gli Ebrei, perché la popolazione pagana della città si impegnò a non molestare i suoi abitanti ebrei se essi non avessero aiutato i patrioti che si accingevano ad assalire la città. Gli Ebrei di Bet Sheàn combatterono contro i patrioti loro fratelli e li vinsero; ma ciononostante furono poi massacrati dai Greci abitanti della città.