Capitolo 22 – La Giudea sotto il dominio romano
Le fonti
Assetto del paese
La Giudea ai tempi di Augusto e di Tiberio: a) Il censimento di Quirino; b) Il procuratore Valerio Grato; c) Il procuratore Ponzio Pilato; d) Il prefetto di Siria Vitellio
I tetrarchi Filippo e Erode Antipa
Agitazioni durante l’impero di Caligola
Regno di Agrippa I: a) Elevazione di Agrippa a dignità reale; b) Rapporti di Agrippa con la popolazione ebraica; c) Rapporti di Agrippa con le popolazioni pagane e con Roma; d) Morte di Agrippa
Le fonti
Per il periodo della dominazione romana in Giudea si hanno informazioni, oltre che dalle opere storiche di Giuseppe Flavio, che anche per questo è la fonte principale, e dagli storici romani, qua e là nei Vangeli e negli scrittori ecclesiastici più antichi. Per il tempo di Caligola ha speciale importanza la relazione che dà Filone della sua ambasceria. Non mancano allusioni, ma non sempre chiare, nella letteratura rabbinica. Alcune notizie si desumono anche da iscrizioni romane e da monete.
Assetto del paese
La Giudea costituì una provincia alla quale era preposto un procuratore romano che a certi effetti dipendeva dal prefetto della Siria. La sua residenza normale era Cesarea. Sue funzioni principali erano il mantenimento dell’ordine, l’esazione delle tasse e la sorveglianza sull’amministrazione della giustizia. Per il mantenimento dell’ordine erano a sua disposizione milizie romane, che stanziavano in vari punti del paese e anche a Gerusalemme, nella fortezza Antonia, situata nelle adiacenze del Tempio. Le tasse erano quella personale, quelle sui terreni e vari dazi. Esse venivano date in appalto ed erano riscosse a mezzo di funzionari dello stato, in parte romani e in parte ebrei. Per quel che riguarda l’amministrazione della giustizia, erano sottoposti alla approvazione del rappresentante del governo romano i giudizi in materia penale, e soltanto il procuratore romano poteva emanare sentenze di condanna a morte, e queste venivano di regola eseguite dai soldati romani. Il procuratore si arrogò talvolta il diritto di nominare e deporre i Sommi Sacerdoti, di tenere in custodia gli abiti caratteristici della loro dignità e di consegnarli solo quando lo ritenesse opportuno. Per il resto, il paese godeva di una certa autonomia interna. La giustizia, salvo le limitazioni di cui sopra, veniva amministrata dal Sinedrio e da tribunali ebraici; il culto del Tempio era interamente lasciato in mano ai sacerdoti, e agli stranieri, compresi i soldati romani e i funzionari del governo romano, era vietato l’accesso al Santuario ed ai locali ad esso adiacenti: resti di una iscrizione greca che conteneva questo divieto sono stati ritrovati. Non sempre era facile determinare praticamente i limiti fra i diritti del governo romano e quelli dell’amministrazione locale, e questo fu spesso causa di urti fra gli Ebrei e il governo.
La Giudea ai tempi di Augusto e di Tiberio
a) Il censimento di Quirino
L’imperatore Augusto ordinò al prefetto di Siria, Quirino, di eseguire un censimento esatto della popolazione e dei beni immobili a scopi essenzialmente fiscali (anno 7). Esso fu eseguito in Giudea con estremo rigore e in questo gli Ebrei videro il segno tangibile della loro soggezione a Roma. Il Sommo Sacerdote Yo’èzer riuscì a calmare la popolazione di Gerusalemme dove il censimento poté essere eseguito senza gravi opposizioni; ma in Galilea si ebbe una viva opposizione, guidata da Yehudà Galileo che già era stato a capo dei rivoltosi dopo la morte di Erode, intorno al quale si formò il partito degli zeloti (kannayìm) che non intendevano adattarsi alla soggezione romana, alla quale invece si rassegnarono i Farisei.
b) Il procuratore Valerio Grato
Dopo che durante l’impero di Augusto si succedettero vari procuratori che durarono in carica per breve tempo, il suo successore Tiberio (14-37) nominò Valerio Grato che esercitò il suo ufficio per undici anni consecutivi (15-26). Egli si arrogò il diritto di deporre e nominare Sommi Sacerdoti, e negli anni in cui egli fu in carica si succedettero ben cinque Sommi Sacerdoti.
c) Il procuratore Ponzio Pilato
Il successore di Valerio Grato, Ponzio Pilato (26-36), rimase tristemente celebre per il suo governo arbitrario, le sue tendenze ad intromettersi negli affari interni della Giudea, la sua crudeltà, la sua avidità di danaro.
Gravi disordini scoppiarono quando egli, contrariamente alla consuetudine dei suoi predecessori che, per non urtare i sentimenti degli Ebrei, si siano astenuti dall’introdurre in Gerusalemme insegne militari recanti l’effigie dell’imperatore, a cui si solevano tributare omaggi divini, mandò da Cesarea a Gerusalemme una schiera che portava insegne con l’effigie imperiale. Il fatto avvenne di notte; ma quando, il giorno dopo, se ne ebbe notizia a Gerusalemme, la popolazione ne rimase indignata e un gruppo di abitanti della città si recò a Cesarea per chiedere l’allontanamento delle insegne. Pilato dapprima rifiutò e minacciò di morte i richiedenti, che per cinque giorni rimasero intorno al palazzo del procuratore. Ma in seguito alla resistenza dei dimostranti inermi, che ai soldati romani che li assalirono si dichiararono pronti a morire, ordinò di riportare a Cesarea le insegne militari. Pochi anni dopo fece poi un nuovo tentativo di introdurre a Gerusalemme il culto dell’imperatore, ma Tiberio stesso, a cui gli Ebrei rivolsero le loro lagnanze, gli ordinò di rimuovere gli oggetti che avevano suscitato il malcontento del popolo. Altre agitazioni ebbero luogo quando Pilato adoperò denaro del Tempio per la costruzione di un acquedotto fuori di Gerusalemme. A Pilato si attribuisce la crocifissione di Gesù di Nazareth, detto il Cristo. Pilato venne poi rimosso dalla carica in seguito a crudeltà commesse contro i Samaritani (36 E.V.).
d) Il prefetto di Siria Vitellio
Dopo la deposizione di Pilato, il prefetto di Siria Vitellio cercò di calmare gli Ebrei: fra l’altro pose termine alla consuetudine che i paramenti dei sacerdoti fossero custoditi dai Romani e aderì alla richiesta degli Ebrei che l’esercito romano diretto contro gli Arabi (37) non attraversasse la città di Gerusalemme, dato che esso portava le insegne con l’effigie dell’imperatore.
I tetrarchi Filippo e Erode Antipa
Le due tetrarchie assegnate a due figli di Erode erano, dal punto di vista giuridico, dipendenti da Roma meno della Giudea propriamente detta. Ciononostante quella di Filippo, sia perché la sua popolazione era in gran parte non ebraica, e sia perché Filippo, che era stato educato a Roma, si sentiva più romano che ebreo, ebbe carattere quasi interamente pagano. Le città che Filippo fondò o restaurò ebbero nomi romani e le monete portavano l’effigie dell’imperatore. Filippo morì senza figli (34) e la sua tetrarchia, aggregata provvisoriamente alla provincia romana di Siria, fu poi assegnata da Caligola, successore di Tiberio, ad Agrippa, figlio di Aristobulo e nipote di Erode e di sua moglie Miriàm.
Non molto diverse furono le condizioni della tetrarchia di Erode Antipa, per quanto la sua popolazione fosse quasi interamente ebraica. Il tetrarca fu completamente sottomesso a Roma. In Galilea ebbe origine il movimento che diede poi origine al Cristianesimo.
Fra le costruzioni di Erode Antipa è da ricordare quella della città a cui egli, in omaggio all’imperatore Tiberio, diede il nome di Tiberiade, sulla sponda occidentale del mar di Galilea, detto anche Kinnèret, che in seguito fu anch’esso chiamato mare o lago di Tiberiade. In questa citta, che non fu ben accetta dapprincipio agli Ebrei, perché costruita in luogo considerato impuro in quanto utilizzato in passato come cimitero, Antipa si costruì un palazzo.
Avendo egli divorziato dalla sua prima moglie, figlia di Areta, re di una tribù araba, ne nacque una guerra che finì con una sconfitta di Antipa (37). La sua unione illegittima con Erodiade, moglie di suo fratello, suscitò contro di lui lo sdegno dei fedeli alla Torà. Secondo la tradizione cristiana, egli, indotto da Erodiade, fece mettere a morte Giovanni Battista che lo rimproverò. In seguito ad accuse di Agrippa, alle quali prestò fede Caligola, Erode Antipa fu poi privato della sua tetrarchia, che venne data ad Agrippa, e mandato in esilio a Lione in Gallia (39).
Agitazioni durante l’impero di Caligola
Caligola impose come obbligo a tutti i paesi posti sotto il dominio romano di erigere altari e statue a lui dedicate e di tributargli onori divini. Questo ordine suscitò, com’è naturale, l’opposizione degli Ebrei, sia nei paesi della diaspora che in Giudea. Le agitazioni in questo paese ebbero origine dall’erezione di un altare dedicato a Caligola a Yavnè, citta di popolazione mista ebraica e pagana. Gli Ebrei lo abbatterono, e Caligola, avuta notizia del fatto, ordinò che fosse posta immediatamente la sua statua nel Tempio di Gerusalemme, e incaricò dell’esecuzione del suo ordine Petronio, governatore della Siria. Questi cercò di temporeggiare e di destreggiarsi fra i voleri dell’imperatore e l’opposizione della popolazione che mostrò che a nessun costo avrebbe tollerato la profanazione. Infine egli invitò esplicitamente Caligola a rinunziare al suo proposito, e prima ancora di aver risposta, ritirò le sue legioni da Akko, dove erano stanziate, e le mandò ad Antiochia (40). Frattanto Agrippa, che si trovava a Roma, aveva ottenuto, prima ancora che giungesse a Roma la richiesta di Petronio, che Caligola rinunciasse a far porre la sua statua nel Tempio, ma non a che si erigessero a lui altari e statue nelle altre parti del paese. Quando poi Caligola seppe che Petronio, senza attendere la sua risposta, aveva ritirato le sue legioni, gli mandò l’ordine di darsi la morte. Ma l’ordine non fu eseguito perché intanto giunse la notizia dell’uccisione di Caligola, e con questa cessarono anche di avere valore gli ordini da lui dati di tributargli onori divini, e tornò la calma in Giudea.
Regno di Agrippa I
a) Elevazione di Agrippa a dignità reale.
Agrippa aveva trascorso gli anni della sua giovinezza a Roma, in mezzo a peripezie, dissolutezze e sperpero di danaro; aveva contratto relazioni amichevoli con i personaggi più influenti dello stato e aveva goduto i favori di Caligola. Quando questi venne ucciso Agrippa si trovava a Roma, e aiutò efficacemente lo zio di lui, Claudio, a succedergli sul trono. In compenso per questi servigi, Claudio aggiunse al dominio di Agrippa che già comprendeva due tetrarchie tutta la Giudea e la regione di Samaria e gli diede il titolo di re (41).
b) Rapporti di Agrippa con la popolazione ebraica
La condotta di Agrippa fu tale che il popolo dimenticò la sua origine straniera, vide in lui non il discendente del tiranno idumeo Erode, ma quello di Miriàm asmonea, e gli accordò la simpatia di cui avevano goduto i primi Asmonei. Egli si mostrò zelante nell’osservanza delle norme della Torà e così ebbe anche l’appoggio dei Farisei. Egli ottenne che Petronio rimuovesse da una sinagoga della città fenicia di Dor la statua dell’imperatore che vi era stata eretta e che punisse gli autori della profanazione. Avendo dato la propria figlia Drusilla in moglie al figlio di un re pagano, chiese ed ottenne che il genero diventasse ebreo. Il Sinedrio riacquistò la sua autorità e la sua importanza; Agrippa continuò però la tradizione di Erode I di nominare e deporre Sommi Sacerdoti, e durante i quattro anni del suo regno (41-44 E.V.) se ne succedettero tre. La tradizione rabbinica ricorda parecchi suoi atti che mostrarono la sua bontà, la sua modestia e la sua devozione alla Torà.
c) Rapporti di Agrippa con le popolazioni pagane e con Roma
In questi suoi atteggiamenti egli fu indotto, più che da esigenze del suo animo, da considerazioni di opportunità politica, tant’è vero che in mezzo alla parte non ebraica della popolazione a lui soggetta non si astenne dal manifestare tendenze nettamente pagane. Nonostante questo non riuscì a guadagnarsi la simpatia dei Greci, che videro in lui l’Ebreo. Anche a Roma, nonostante la sua amicizia con l’imperatore, si nutrirono dei sospetti contro di lui e, avendo egli iniziato dei lavori di fortificazione a Gerusalemme, gli venne ordinato da Claudio di interromperli, perché il governatore della Siria gli fece notare che questo era in contrasto con la sovranità romana. Anche una riunione di piccoli sovrani dei paesi posti sotto il protettorato romano che ebbe luogo a Tiberiade per iniziativa di Agrippa destò i sospetti del prefetto romano che la fece sciogliere.
d) Morte di Agrippa
Agrippa morì in seguito a una malattia intestinale che lo colse improvvisamente a Cesarea mentre assisteva a giochi in onore dell’imperatore (44) e gli venivano tributati grandi onori. La sua morte fu pianta dagli Ebrei e accolta con manifestazioni di gioia da parte della popolazione greca e dei soldati romani.