Capitolo 20 – Il protettorato romano e gli ultimi Asmonei
Le fonti
Ordinamento di Gabinio
Tentativi di scuotere il giogo romano: a) Rivolta di Alessandro; b) Rivolta di Aristobulo; c) Seconda rivolta di Alessandro; d) Rivolta in Galilea
La Giudea ai tempi di Giulio Cesare
Inizi della potenza di Erode
Nuovi torbidi in Giudea
Regno di Antigono
Lotta tra Erode e Antigono
Le fonti
Alle fonti indicate nel capitolo precedente vanno aggiunte notizie che si rilevano da scrittori romani contemporanei agli avvenimenti, come Cicerone. Fra gli storici non ebrei che forniscono notizie vanno ricordati in modo particolare Dione Cassio e Tacito. Quest’ultimo è animato da sentimenti di antipatia e odio verso gli Ebrei.
Ordinamento di Gabinio
Dopo la conquista di Pompeo, la Giudea veniva a trovarsi sotto il protettorato romano: una certa indipendenza le era rimasta, ma la misura di essa e il modo di attuarla erano in mano della repubblica romana che esercitava la sua autorità sulla Giudea per mezzo del proconsole di Siria. Come rappresentante dell’autonomia locale rimase nominalmente Ircano e di fatto Antipatro, del tutto ligio ai Romani. La Giudea rimase tranquilla per alcuni anni, ma un forte malcontento cominciò a farsi sentire quando il proconsole Gabinio (57-55 a.E.V.), allo scopo di diminuire le forze della Giudea, ne distrusse l’unità e la divise in cinque distretti (detti Sinedrii) a capo di ciascuno dei quali stava un consiglio di notabili graditi ai Romani. Tre di essi erano nella Giudea propriamente detta, uno in Galilea, uno in Transgiordania. Gerusalemme venne a perdere la sua importanza politica in quanto fu soltanto il capoluogo di uno dei distretti: le restava la preminenza dovuta al fatto che in essa si trovava il Tempio, che continuò a funzionare regolarmente. Gabinio, come in genere tutti i rappresentanti dell’autorità romana nelle province, aveva come scopo principale quello di arricchirsi, e anche la Giudea fu vittima della sua avidità.
Tentativi di scuotere il giogo romano
a) Rivolta di Alessandro
Un primo tentativo di scuotere il giogo romano si ebbe durante il proconsolato di Gabinio, per opera di Alessandro, figlio di Aristobulo: riuscito a fuggire mentre veniva trasportato come prigioniero a Roma, tornò in Giudea e si impadronì di alcune fortezze. Egli fu vinto dai Romani, ma, dopo che ebbe consegnato le fortezze che aveva in mano, fu messo in libertà.
b) Rivolta di Aristobulo
Altro tentativo fu fatto dall’ex re Aristobulo, che riuscì a fuggire dalla sua prigionia in Roma insieme al figlio Antigono (56). Anch’egli fu vinto dall’esercito di Gabinio e di nuovo mandato prigioniero a Roma. Antigono fu lasciato libero.
c) Seconda rivolta di Alessandro
Approfittando dell’assenza di Gabinio, occupato in Egitto, Alessandro rinnovò il suo tentativo di rivolta, ma Gabinio, reduce dall’Egitto e coadiuvato da Antipatro, batté i ribelli (55).
d) Rivolta in Galilea
Un’altra rivolta ebbe luogo in Galilea dopo che il triumviro Crasso, successore di Gabinio, che aveva saccheggiato i tesori del Tempio, fu ucciso in guerra contro i Parti. La rivolta fu capitanata da un certo Pitolao, che era stato generale di principi Asmonei. La rivolta fu sedata da Cassio, successore di Crasso. Molti Ebrei furono presi e venduti prigionieri, e Pitolao fu messo a morte.
La Giudea ai tempi di Giulio Cesare
Giulio Cesare, dopo essersi impadronito dell’Italia, si rivolse contro il suo rivale Pompeo in Oriente e, comprendendo che avrebbe trovato facilmente negli Ebrei dei suoi alleati contro di questo, liberò Aristobulo e lo invitò a combattere al suo fianco contro Pompeo. Aristobulo aderì, ma, prima che potesse agire, fu avvelenato dai Pompeiani; contemporaneamente il legato di Pompeo in Siria fece uccidere Alessandro figlio di Aristobulo, che si proponeva anch’egli di aiutare Cesare. Dopo che Pompeo fu definitivamente sconfitto a Farsalo (48) Antipatro si accordò con Giulio Cesare e lo aiutò. In compenso di questo, Cesare non accolse la richiesta di Antigono figlio di Aristobulo che chiedeva per sé il governo della Giudea come erede di Aristobulo, e invece confermò Ircano nelle sue cariche e nominò Antipatro governatore della Giudea (47). Giulio Cesare si mostrò poi favorevole agli Ebrei: autorizzò la ricostruzione delle mura di Gerusalemme abbattute da Pompeo, annullò l’ordinamento di Gabinio, accrebbe l’autonomia interna della Giudea, tornò ad annettere a questa Giaffa e altri territori che le erano stati tolti. In complesso, durante il dominio di Giulio Cesare (48-44), non gravò molto sulla Giudea il dominio romano.
Inizi della potenza di Erode
Data la debolezza di Ircano, la Giudea era di fatto in mano ad Antipatro, che non mirava ad altro che a rendersi accetto ai Romani per accrescere la propria autorità e poi trasmetterla alla sua discendenza. Due suoi figli furono da lui nominati prefetti di due province: Fazael di quella di Gerusalemme ed Erode della Galilea. Quest’ultimo, uomo forte, ambizioso e crudele, mirava fin da allora a diventare con qualsiasi mezzo, aiutato dai Romani, signore della Giudea. Un tentativo di rivolta degli Ebrei di Galilea, capitanato da un certo Chizkiyà, fu da lui crudelmente sedato e questi fu condannato a morte come capo di briganti per sua decisione, senza processo. Questo suo atto, in aperto contrasto con la legge ebraica, che non ammette condanna a morte se non in seguito a regolare processo davanti a un alto tribunale, suscitò vivo sdegno a Gerusalemme, e Ircano, non potendo fare a meno di cedere alle pressioni che gli venivano fatte da varie parti, finì per citare Erode davanti al Sinedrio. Erode comparve, non come accusato ma come dominatore e accompagnato da armati, sapendosi sostenuto dai Romani, impose ad Ircano di ottenere per lui sentenza di assoluzione. I membri del Sinedrio erano in grande imbarazzo; uno dei più autorevoli fra di loro cercò di influire sui colleghi perché sentenziassero secondo giustizia e non cedessero ad intimidazioni, e allora Ircano, per evitare una sentenza di condanna, rinviò il processo ad altra seduta e poi diede modo ad Erode di fuggire a Damasco, dove il proconsole romano lo accolse benevolmente e gli confermò e accrebbe l’autorità di cui già godeva. Egli mosse allora con una schiera di soldati romani con l’intenzione di andare contro Gerusalemme, ma il padre Antipatro lo distolse dall’impresa, che avrebbe accresciuto l’avversione degli Ebrei contro di loro.
Nuovi torbidi in Giudea
I disordini che agitarono la repubblica romana dopo l’uccisione di Giulio Cesare ebbero la loro ripercussione in Giudea. Il governatore dell’Oriente fu per qualche tempo uno degli uccisori di Cesare, Cassio, che, già tristemente noto in Giudea, vi compì nuove rapine e violenze, coadiuvato da Antipatro ed Erode. Antipatro morì avvelenato e Erode vendicò crudelmente l’uccisione del padre. Passato poi l’Oriente in mano di Antonio, si presentò a questo un’ambasceria di abitanti di Gerusalemme per protestare contro le violenze dei figli di Antipatro e l’inettitudine di Ircano; ma Erode riuscì a guadagnarsi Antonio che finì per nominare Fazael e Erode tetrarchi, cioè governatori sottomessi a Roma: Ircano rimase, di fatto, soltanto Sommo Sacerdote.
Regno di Antigono
Le conquiste romane in Oriente erano state arrestate, dopo la sconfitta e l’uccisione di Crasso, dai Parti, nuovi dominatori di Mesopotamia e Persia. Antigono, figlio di Aristobulo, che aveva in precedenza tentato inutilmente di liberare la Giudea dal giogo romano, vi riuscì con l’appoggio dei Parti e si proclamò re e Sommo Sacerdote. Le sue monete portano il nome ebraico di Mattityàhu come Sommo Sacerdote, e quello greco di Antigono come re. Per togliere di mezzo le pretese di Ircano, gli fece tagliare le orecchie in modo che, per il suo difetto fisico, fosse inadatto al sacerdozio. Fazaèl si tolse la vita; Erode fuggì da Gerusalemme con tutta la famiglia e con la fidanzata Miriàm (figlia di Alessandro di Aristobulo e di Alessandra di Ircano) che divenne poi sua moglie; dopo vari tentativi contro Antigono, e varie peripezie, e avere lasciato la sua famiglia nella fortezza di Masada presso il Mar Morto, riuscì ad arrivare a Roma. Antigono fu l’ultimo dei sovrani Asmonei e non aveva le qualità militari, politiche e morali necessarie per consolidare il suo regno. Contro di lui erano i fautori di Erode sostenuti dai Romani, e i Farisei che lo osteggiavano come seguace delle tendenze sadducee del padre e come colpevole dell’atto di violenza contro Ircano. Non occorre poi dire che i Romani avevano tutto l’interesse a porre termine al suo dominio e nulla fece Antigono per prepararsi a lottare contro di loro. Quindi non fu difficile a Erode ottenere il favore di Antonio e Ottaviano, che dominavano la repubblica romana; ed egli fu dal senato romano proclamato re della Giudea e come tale incaricato di togliere il regno ad Antigono, considerato dai Romani come ribelle (40).
Lotta tra Erode e Antigono
Erode mosse contro la Giudea con un esercito formato in gran parte da mercenari stranieri, e in piccola parte da soldati romani (39 a.E.V.). Conquistata parte della Galilea e Giaffa e liberati i suoi parenti chiusi nella fortezza di Masada (vedi sopra) mosse contro Gerusalemme. La guerra fu lunga e difficile, sia perché i Romani, corrotti dal denaro di Antigono, non gli prestarono aiuto efficace e sia perché Erode fu costretto ad intervenire nella Galilea che si era ribellata. La lotta fu condotta con ostinazione e crudeltà da ambo le parti; Giuseppe, fratello di Erode, fu tra gli uccisi. Verso la fine del 38 Erode era padrone di quasi tutto il paese eccettuata Gerusalemme, alla quale pose l’assedio. In questo fu efficacemente aiutato dai Romani, e dopo eroica difesa da parte degli assediati, durata parecchi mesi, Erode entrò vincitore nella città (luglio 37). I Romani e i soldati mercenari, per vendicarsi dei disagi del lungo assedio, fecero strage degli abitanti di Gerusalemme, anche nei cortili del Santuario dove molti si erano rifugiati.
Antigono si presentò supplichevole al comandante dell’esercito romano e questi, imprigionatolo, lo portò con sé incatenato davanti ad Antonio che si trovava in Antiochia. Antonio avrebbe voluto condurlo con sé a Roma per ornare il suo trionfo, ma poi, cedendo alle ragioni e al denaro di Erode, lo fece mettere a morte. Così cessò definitivamente il dominio degli Asmonei (37 a.E.V.).