Capitolo 19 – La Giudea sotto i principi Asmonei
Le fonti
La Giudea sotto il principato di Shim’òn: a) Estensione dello stato; b) Consolidamento dello stato; c) Lotte col regno di Siria; d) Morte di Shim’òn
Il principato di Giovanni Ircano: a) Nuove lotte col regno di Siria; b) Allargamento dei confini dello stato; c) Farisei e Sadducei; d) Prevalenza dei Sadducei
Il principato di Yehudà Aristobulo
Il regno di Alessandro Yannài: a) Programma e conquiste di Alessandro; b) Opposizione dei Farisei; c) La guerra civile; d) Ultime imprese e morte di Alessandro
Il regno di Shelòm Tziyòn Alessandra: a) Divisione dei poteri; b) Il Sinedrio in mano dei Farisei; c) Rivolta di Aristobulo e morte di Alessandra
Lotte civili e fine dell’indipendenza: a) Lotte fra Aristobulo e Ircano; b) Intervento romano; c) Caduta di Gerusalemme e fine dell’indipendenza
Le fonti
Un racconto continuativo degli avvenimenti trattati in questo capitolo si ha soltanto nelle opere di Giuseppe Flavio che costituiscono la fonte principale sull’argomento. Notizie si trovano presso gli storici greci e latini, e qualche tradizione è raccolta nella letteratura talmudica e negli scritti dei più antichi scrittori cristiani, fra i quali la cronaca di Eusebio di Cesarea. Qualche indicazione è fornita dalle monete che si sono conservate di vari principi asmonei.
La Giudea sotto il principato di Shim’òn
a) Estensione dello stato
Il territorio che formava lo stato indipendente della Giudea era costituito essenzialmente dalla parte meridionale di Èretz Israèl, da poco a nord di Gerusalemme ai confini dell’Idumea. Dello stato faceva parte Yàfo (Giaffa) che forniva uno sbocco sul mare; a nord-ovest di Gerusalemme lo stato comprendeva la città di Ghèzer. Nelle altre parti di Èretz Israèl si erano formati dei piccoli stati con popolazione prevalentemente sira e greca, governati da piccoli signorotti o aventi forma repubblicana ad imitazione delle città greche. Ad oriente del Giordano, nei paesi di Ammòn e Moàv, si era formato il regno arabo dei Nabatei.
b) Consolidamento dello stato
I primi anni del principato di Shim’òn, durante i quali il regno di Siria continuò ad essere agitato da disordini interni, furono per la Giudea anni di pace e di relativo benessere, e Shim’òn ne approfittò per consolidare lo stato. Fra l’altro fortificò Giaffa, Ghèzer e Bet Tzur e rinnovò l’alleanza coi Romani. Il senato romano si impegnò a garantire i confini della Giudea e comunicò questa sua decisione alla Siria, all’Egitto e agli stati dell’Asia minore; Shim’òn coniò monete con iscrizioni ebraiche, datate secondo gli anni del suo principato.
c) Lotte col regno di Siria
Dopo che Demetrio, prigioniero di guerra dei Parti contro i quali aveva combattuto, dovette rinunciare alla lotta contro Trifone, essa fu continuata da suo fratello Antioco VII Sidete, e Trifone fu ucciso nel 138. Shim’òn sostenne Antioco; ma questi, vinto il suo rivale, pretese da Shim’òn la restituzione di Giaffa, di Ghèzer e dell’Acra o il pagamento di ingenti tributi. Shim’òn consentì al pagamento di una somma assai minore, ma Antioco non aderì e mandò contro la Giudea un esercito comandato dal generale Cendebeo, che si accampò presso Yavnè. La guerra contro di lui venne diretta da Yochanàn e Yehudà, figli di Shim’òn, che obbligarono il nemico a ritirarsi (137).
d) Morte di Shim’òn
Ma neppure Shim’òn poté finire tranquillo i suoi giorni, e morì di morte violenta come tutti i suoi fratelli. Suo genero Tolomeo che, appoggiato da Antioco VII, mirava ad ottenere il principato del suocero, lo fece uccidere a tradimento in un banchetto insieme con due suoi figli, Yehudà (nominato sopra) e Mattityàhu. Mandò poi a Ghèzer dei suoi inviati incaricati di uccidere anche Yochanàn che là si trovava come governatore delle città; ma egli, avvertito delle intenzioni di Tolomeo, riuscì ad arrestare e mettere a morte i suoi inviati. Tolomeo si ritirò a Yerichò; Yochanàn pose assedio alla città; ma poi, sia perché Tolomeo minacciava di uccidere la madre di lui se avesse continuato l’assedio, sia perché era sopraggiunto l’anno sabbatico e in Giudea scarseggiavano i viveri, fu costretto a togliere l’assedio. Ciononostante, Tolomeo fece uccidere la vedova di Shim’òn e poi si ritirò in Transgiordania (135).
Il principato di Yochanàn Ircano
a) Nuove lotte col regno di Siria
A Shim’òn succedette il figlio Yochanàn (Giovanni) che aveva pure il nome greco di Ircano e che è generalmente designato come Giovanni Ircano. Antioco VII insisté sulle pretese che aveva avanzato a Shim’òn e, avendo Yochanàn Ircano rifiutato di soddisfarle, pose l’assedio a Gerusalemme. La condizione degli assediati era tristissima; tentativi di sortita non riuscirono; parte della popolazione che Ircano aveva fatto uscire dalla città per rimediare in parte alla scarsezza di viveri dovette esservi riammessa dopo avere a lungo errato lungo le mura. Ma poi quando Giovanni Ircano, avvicinandosi la festa di Sukkòt, chiese la sospensione dell’assedio, il re di Siria non solo acconsentì ma inviò offerte per i sacrifici. Queste intenzioni pacifiche, dovute al fatto che Antioco era seriamente minacciato dai Parti, indussero Giovanni Ircano a iniziare trattative per la resa, e queste furono concluse con l’impegno di Giovanni Ircano a pagare una somma per continuare a tenere le città oggetto di controversia e ad abbattere le mura di Gerusalemme. Con l’adempimento di queste condizioni sarebbe venuta a cessare l’indipendenza della Giudea; Ircano chiese inutilmente l’aiuto di Roma; ma poi, ucciso Antioco in guerra contro i Parti, e essendo ormai il regno di Siria, nel quale si erano rinnovate le lotte, in pieno sfacelo, Ircano non mantenne le condizioni del trattato e riacquistò piena indipendenza.
b) Allargamento dei confini dello stato
Assicurata l’indipendenza, Yochanàn Ircano cominciò una politica di espansione che mirava ad estendere il suo stato fino ad abbracciare tutta Èretz Israèl nei suoi confini storici. Conquistata l’Idumea, obbligò i suoi abitanti a sottoporsi alla circoncisione e ad assimilarsi alla popolazione ebraica. Mosse poi contro i paesi abitati dai Samaritani; occupò Shekhèm e Bet Sheàn, e distrusse Samaria, vincendo l’opposizione di Antioco IX Ciziceno, re di Siria, figlio di Antioco Sidete (110-107).
c) Farisei e Sadducei
Conseguita l’indipendenza dopo oltre quattro secoli in cui gli Ebrei, anche quelli residenti nel loro paese, erano stati soggetti ai domini stranieri che si succedettero, e trasformata così in stato sovrano quella che prima era una comunità religiosa con certi diritti di autonomia interna, sorsero naturalmente, per quel che riguarda il funzionamento del nuovo stato, delle questioni, la soluzione delle quali non era da tutti desiderata nello stesso senso. Si vennero così a formare dei partiti che erano in certo modo la continuazione di quelli che avevano agitato la comunità nei tempi della lotta. Gli ellenizzanti nel senso di Giasone e Menelao erano stati definitivamente sconfitti né avrebbero potuto esistere nelle nuove condizioni. Ma lo spirito degli ellenizzanti continuava ad agire su quelli che ritenevano che il nuovo stato dovesse essere uno stato come tutti gli altri, del tutto indipendente dalle norme della Torà, della quale anch’essi riconoscevano l’autorità ma che, secondo loro, doveva regolare soltanto quegli aspetti e quelle manifestazioni che in genere si considerano come religiose. D’altra parte, gli eredi spirituali dei primi Asmonei consideravano la Torà come norma di vita in tutte le sue manifestazioni, anche politiche. In conseguenza di questi vari atteggiamenti, i primi non accettavano tutti quegli insegnamenti, che, in parte di origine antichissima fino dai tempi di Moshè, erano stati trasmessi o dati dai Maestri per rendere praticamente applicabile la Torà. Essi costituirono la Torà shebe‘àl pe (Legge orale) ed erano conservati dalla tradizione e di mano in mano sviluppati. Coloro che non li accettavano ritenevano che la lettera della Torà potesse essere sufficiente a regolare il culto e la religione. Essi si chiamarono Sadducei, forse dal nome del Sommo Sacerdote Tzadòk, di cui erano discendenti i Sommi Sacerdoti che furono in funzione prima degli Asmonei. Gli altri, fedeli alle tradizioni e fautori del loro sviluppo, si chiamarono Farisei (Perushìm), termine di cui non è chiara l’origine. Sadducei erano in genere i ricchi, quelli che avevano assimilato molto della cultura greca e che costituivano una minoranza formata dalle classi sociali più elevate; Farisei erano per lo più gli appartenenti al popolo, e così i due partiti si distinguevano anche dal punto di vista sociale. Così pure ci furono differenze nelle credenze: i Farisei credevano nell’esistenza di premio e pena nella vita futura, mentre i Sadducei si opponevano a questa credenza. I principi asmonei dovettero necessariamente intervenire nelle lotte fra questi partiti, e ciò cominciò ad avvenire ai tempi di Giovanni Ircano.
d) Prevalenza dei Sadducei
Non abbiamo notizie precise sul funzionamento del governo nel tempo dei principi Asmonei. Certo però esisteva un consiglio supremo di anziani, detto con termine greco Sinedrio, che forse in origine era presieduto dal Sommo Sacerdote. Questo consiglio era investito della massima autorità giudiziaria e legislativa, e riconosceva di doversi uniformare alle norme della Torà. Come fossero nominati i suoi membri, che erano in numero di 71, non sappiamo: certo erano nei tempi di cui trattiamo, se non tutti, certo in grande prevalenza. Maestri della Torà, e cioè Farisei. Nei primi tempi del governo di Giovanni Ircano non pare ci siano stati contrasti fra questo e i Farisei; ma in seguito cominciarono gli screzi, specialmente perché i Farisei non vedevano di buon occhio che il Sommo Sacerdote fosse anche capo dello stato, mentre, secondo la Torà, egli doveva occuparsi esclusivamente del culto del Tempio e non avere autorità politica, che spettava invece ai discendenti di Davìd. Inoltre doveva dispiacere ai Farisei che Ircano seguisse le orme dei sovrani ellenisti; particolare impressione non buona deve avere suscitato il fatto che per le sue conquiste si servì anche di mercenari stranieri, pagati con denaro tratto dal tesoro che si trovava nella tomba di Davìd. Secondo alcuni avrebbe assunto il titolo di re; ma questo non figura nelle monete da lui coniate. Certo è che negli ultimi anni del suo governo si fece aperto fautore dei Sadducei, che divennero prevalenti nel Sinedrio e tentarono di opporsi a certe norme stabilite dai Maestri farisei. Tale era la situazione quando egli venne a morte (104).
Il principato di Yehudà Aristobulo
Forse con lo scopo di togliere di mezzo una delle cause di opposizione la parte dei Farisei, Giovanni Ircano morendo dispose che il suo figlio primogenito Yehudà Aristobulo gli succedesse solo come Sommo Sacerdote e che il governo passasse in mano della sua vedova. Ma Aristobulo, imprigionati i suoi fratelli a eccezione di uno, Antigono, e imprigionata e lasciata morire la madre di fame, si impadronì di tutto il potere e a quanto pare assunse il titolo di re, ma neppure nelle monete da lui coniate si trova questo titolo.
Aristobulo continuò la politica di espansione iniziata dal padre e iniziò la conquista della Galilea settentrionale, nella quale si segnalò Antigono. Dando poi ascolto a voci secondo le quali questi mirava a impadronirsi del potere, lo fece uccidere con l’inganno. Anche nella politica interna Aristobulo seguì le orme del padre e favorì i Sadducei. Morì di grave malattia nel secondo anno del suo dominio (103), senza lasciare figli.
Il regno di Alessandro Yannài
a) Programma e conquiste di Alessandro
La vedova di Aristobulo, Shelòm Tziyòn (Salomè) Alessandra, liberò i cognati dalla prigionia, e il maggiore di essi, Yannài Alessandro, diventò Sommo Sacerdote e re e, in omaggio alla legge del levirato, sposò Shelòm Tziyòn Alessandra. Egli, che era stato educato fuori della Giudea e che era tutto imbevuto di cultura ellenica, si mostrò favorevole alle infiltrazioni dei costumi e della civiltà ellenica tra i Giudei. Di queste sue tendenze è prova il fatto che le sue monete portano, nel verso, un’iscrizione greca, nella quale è indicato soltanto il suo titolo di re, non quello di Sommo Sacerdote. Non occorre dire che favorì i Sadducei. Scopo essenziale di Yannài fu di allargare il suo regno, cercando di portarlo fino ai suoi confini naturali, il mare e il deserto: non vi riuscì interamente, ma in buona parte, per mezzo delle sue numerose guerre e conquiste: fra altro combatté contro la tribù araba dei Nabatei, che abitavano parte del territorio a oriente del Giordano e del paese di Edòm; egli tolse pure l’autonomia a parecchi comuni greci, aggregandoli al suo stato. Nelle sue guerre per la conquista delle città costiere fu implicato nella lotta fra Cleopatra regina d’Egitto e suo figlio Tolomeo Latino e in un certo momento vi fu il pericolo che la Giudea cadesse nuovamente sotto il dominio egiziano.
b) Opposizione dei Farisei
Le tendenze di Yannài favorevoli all’Ellenismo, i suoi atti miranti a fare entrare per forza nel Giudaismo degli elementi a questo estranei, il suo disprezzo per i riti farisaici fecero sì che contro di lui si manifestasse con particolare violenza l’opposizione popolare che fin dai tempi di Ircano era viva contro la nuova monarchia asmonea. La moglie stessa del re, sorella di uno dei Maestri più insigni, Shim’òn figlio di Shètach, parteggiava per i Farisei, che durante i lunghi periodi di assenza del re, occupato nelle sue spedizioni militari, ebbero spesso la prevalenza. Una vera e propria rivolta scoppiò nel Tempio nella festa di Sukkòt del 95, quando Alessandro Yannài, nelle sue funzioni di Sommo Sacerdote, compì la cerimonia della libagione d’acqua, che non era gradita ai Sadducei, in un modo che il popolo giudicò come un atto di dispregio contro il rito che egli stava compiendo.
c) La guerra civile
Questa fu la scintilla che diede origine ad una vera e propria guerra civile. Le cose giunsero a tal punto che i Farisei chiamarono contro l’esercito di Alessandro, costituito in gran parte da mercenari stranieri, Demetrio III Eucero, re di quel che era rimasto del regno dei Seleucidi. La sua vittoria avrebbe messo in pericolo l’indipendenza della Giudea, se la maggioranza dei Farisei, per evitare questo, non si fosse poi accordata con Alessandro, facendo sì che Demetrio si ritirasse. Una parte dei Farisei continuò la lotta senza l’aiuto straniero; Alessandro prevalse su di loro per quanto essi combattessero con grande eroismo, e si vendicò crudelmente dei suoi nemici.
d) Ultime imprese e morte di Alessandro
Sedata la rivolta interna, Alessandro riprese le sue imprese militari. Riuscì ad impedire la penetrazione in Giudea dell’esercito di Antioco XII Dioniso in lotta contro gli Arabi; avendo questi vinto il nemico, Alessandro ritenne gli Arabi pericolosi per la sicurezza del suo regno, mosse contro di loro, fu sconfitto e dovette concludere un trattato a condizioni onerose (86). In altre imprese, compiute nella valle del Giordano (83-80) fu fortunato e, ritornato a Gerusalemme, vi fu accolto in trionfo. Morì poi di malattia, che i suoi nemici attribuirono ad intemperanze, in Transgiordania durante un assedio (76). Il territorio del regno di Alessandro aveva quasi raggiunto i confini degli antichi regni di Yehudà e di Israele.
Regno di Shelòm Tziyòn Alessandra
a) Divisione dei poteri
Alessandro Yannài, morendo, affidò alla moglie, che si era recata in Transgiordania ad assisterlo negli ultimi suoi giorni, il regno, e le raccomandò di riconciliarsi coi Farisei. Alessandro lasciò due figli: Ircano (II) e Aristobulo (II). Al primo, di carattere debole, Alessandra diede il sommo sacerdozio, al secondo, energico, attivo e intraprendente, la direzione dell’esercito. Il fatto che a capo dello stato era una donna, che non poteva quindi assumere il sommo sacerdozio, ebbe la conseguenza desiderata dai Farisei che l’autorità civile e quella politica non risiedessero nella medesima persona che esercitava le funzioni di Sommo Sacerdote. Alessandra, date le sue tendenze seguì il consiglio del marito e si accostò ai Farisei.
b) Il Sinedrio in mano dei Farisei
Ai tempi di Alessandra il Sinedrio fu presieduto, a quanto pare, da Ircano, nella sua qualità di Sommo Sacerdote, e fu costituito da Maestri della Torà che così vennero ad assumere un carattere politico ufficiale in quanto le loro decisioni venivano ad avere forza di legge dello stato. I personaggi più eminenti nel Sinedrio furono il fratello della regina Shim’òn figlio di Shètach e Yehudà figlio di Tabbài. Durante il regno di Alessandra non furono continuate le conquiste; esso segnò in genere un periodo di pace e di benessere, e ebbero luogo solo alcune piccole guerre difensive contro gli Arabi e gli Armeni che avevano conquistato gran parte della Siria.
c) Rivolta di Aristobulo e morte di Alessandra.
Durante il regno di Alessandra e il dominio dei Farisei furono severamente puniti alcuni di coloro che erano stati i consiglieri di Alessandro Yannài. I Sadducei, a capo dei quali era Aristobulo, si lagnarono presso la regina e minacciarono di accordarsi contro di lei con gli stranieri; Alessandra affidò loro la guardia della maggior parte delle fortezze ed essi, appoggiandosi sull’esercito di cui facevano parte anche mercenari stranieri, conquistarono alcune città e iniziarono una rivolta tendente a mettere sul trono Aristobulo, mentre Alessandra era allora anziana e gravemente malata: morì nel 67.
Lotte civili e fine dell’indipendenza
a) Lotte fra Aristobulo e Ircano
Morta Alessandra, Ircano, suo figlio primogenito, si ritenne erede del regno, ma Aristobulo mirava ad essere egli il re. La lotta fra i due fratelli era poi anche lotta di partiti politici, dato che i Farisei sostenevano Ircano, per quanto con la sua ascesa al trono sarebbero di nuovo stati uniti in una sola persona le cariche di re e di Sommo Sacerdote; i Sadducei favorivano invece Aristobulo che aveva mostrato di voler riprendere la politica di Alessandro Yannài. Dopo qualche tempo di lotta, i due fratelli vennero ad un accordo per cui sarebbe stato re Aristobulo. L’accordo venne anche sancito da un matrimonio: Alessandro, figlio di Aristobulo, prese in moglie Alessandra, figlia di Ircano. Diventato re Aristobulo, tornarono a prevalere i Sadducei.
L’accordo tra i fratelli non durò a lungo, specialmente a causa degli intrighi di un certo Antipatro figlio di Antipa, di origine idumea e prefetto dell’Idumea, aggregata alla Giudea. Antipatro, che godeva della fiducia di Ircano e che si riprometteva di conseguire vantaggi se questi fosse stato il re e che se ne vedeva privato essendo il dominio in mano di Aristobulo, riuscì a far credere a Ircano che il fratello attentasse alla sua vita e a indurlo a riprendere la lotta per ottenere il regno. Antipatro e Ircano si recarono presso Areta, re di una tribù araba, e strinsero con lui un patto per il quale egli si impegnava a combattere contro Aristobulo, mentre Ircano gli prometteva la consegna di alcune città che Alessandro Yannài aveva aggregato alla Giudea. Ircano e l’esercito si avvicinarono a Gerusalemme dove si rinchiuse Aristobulo (65). La città divenne un campo di battaglia fratricida, condotta aspramente da ambe le parti. Si narra, fra l’altro, che, intervenuto un accordo fra assediati e assedianti per cui questi fornivano, mediante compenso in denaro, gli animali per i sacrifici, fornirono una volta, invece di questi, un maiale. Un pio dotto, Onia, al quale si attribuivano miracoli, invitato dagli assedianti a maledire gli assediati, pregò invece che nessuno dei due gruppi di fratelli prevalesse a danno dell’altro, e per questo fu messo a morte.
b) Intervento romano
La repubblica romana aveva già conquistato Cartagine, la Grecia, l’Asia Minore, l’Armenia e gli ultimi avanzi del regno dei Seleucidi in Siria. Sull’Oriente dominava allora di fatto, in nome della repubblica romana, Pompeo, che aveva mandato a Damasco, già conquistata, il suo legato Scauro. Questi ebbe notizia delle lotte intestine in Giudea e decise di approfittarne: la cosa non fu difficile perché i due fratelli contendenti si rivolsero a lui per aiuti, offrendogli ingenti doni. Scauro parteggiò per Aristobulo e impose ad Areta di lasciare Gerusalemme: così fu tolto l’assedio alla città, e Aristobulo inseguì e batté gli eserciti di Areta e di Ircano (64). L’anno seguente venne in Oriente Pompeo in persona, deciso a porre fine all’indipendenza della Giudea che era l’unico degli stati già appartenenti al regno dei Seleucidi rimasto. Egli si stabilì a Damasco e là si presentarono a lui tre ambascerie dalla Giudea: due per sostenere rispettivamente le ragioni dell’uno o dell’altro dei due fratelli in contesa e una per chiedere l’abolizione della monarchia asmonaica e il ritorno alle condizioni dei tempi di Shim’òn, nei quali unica autorità era quella del Sommo Sacerdote.
Pompeo rinviò ogni decisione al suo ritorno da una spedizione contro i Nabatei. Aristobulo, tornato in Giudea dopo aver accompagnato Pompeo fino ad un certo punto, comprendendo le intenzioni del conquistatore romano, lo abbandonò e si preparò alla lotta contro di lui. Pompeo interruppe allora la spedizione contro i Nabatei e si diresse verso la Giudea, chiamò Aristobulo e gli chiese un contributo in denaro e la consegna delle fortezze. Aristobulo a parole acconsentì, ma di fatto continuò i suoi preparativi di guerra. Pompeo mosse allora verso Gerusalemme, e vi mandò il suo ufficiale Gabinio a riscuotere il tributo che Aristobulo gli aveva promesso. Al suo ingresso nella città gli abitanti di Gerusalemme si opposero ed egli dovette ritirarsi. Pompeo allora imprigionò Aristobulo e mosse contro Gerusalemme.
c) Caduta di Gerusalemme e fine dell’indipendenza
Pompeo pose l’assedio alla città. I partigiani di Ircano gli aprirono le porte, Aristobulo e i suoi si chiusero sul monte del Tempio dove furono assediati da Pompeo; dopo tre mesi, i Romani penetrarono nella fortezza e fecero un sanguinoso massacro di Ebrei: molti di questi si precipitarono dalle mura; altri, appiccato il fuoco alle loro abitazioni, perirono tra le fiamme; molti sacerdoti furono scannati presso l’altare, nel luogo dove essi attendevano al loro compito. Pompeo poi (estate 63) penetrò nel Santo dei Santi, l’intimo recesso del Tempio dove non soleva entrare che il Sommo Sacerdote una volta sola all’anno; ma non portò via nulla degli arredi del Tempio né delle ricchezze che in questo erano conservate. Il giorno seguente ordinò che il Tempio venisse purificato e che si continuasse il culto abituale. Molti consiglieri e seguaci di Aristobulo furono messi a morte; Aristobulo stesso fu condotto prigioniero a Roma insieme con due suoi figli; Ircano fu riconosciuto Sommo Sacerdote, ma gli fu negato il titolo regio e dato quello di etnarca (capo della nazione); le fortezze di Gerusalemme furono smantellate; la Giudea, limitata alla Giudea propriamente detta, la Galilea e la Perea, fu sottoposta a tributo; le varie città con popolazione greca assoggettate dagli ultimi Asmonei e il territorio di Samaria divennero territori indipendenti con propria amministrazione, incorporati nella provincia romana di Siria; le monete portarono l’indicazione dell’anno secondo l’era pompeiana.
Così le lotte dei partiti, i dissidi fratricidi tra i due Asmonei e gli intrighi avevano affrettato la fine dell’indipendenza che lo zelo e l’eroismo dei primi Asmonei avevano procurato; la Giudea, resa tributaria di Roma, si avviava ormai ad essere irrimediabilmente assorbita dalla grande potenza occidentale.