Capitolo 17 – La Giudea sotto i Seleucidi e l’insurrezione maccabaica
Le fonti
La Giudea sotto Seleuco IV
Tentativi di ellenizzazione e disordini in Giudea durante il regno di Antioco Epifane: a) Progressi del movimento di ellenizzazione; il Sommo Sacerdote Giasone; b) Il Sommo Sacerdote Menelao; c) Disordini a Gerusalemme. Intervento di Antioco Epifane
La persecuzione di Antioco: a) L’opposizione ebraica al governo e il programma di Antioco; b) Le stragi e le distruzioni a Gerusalemme; c) Il divieto di osservare la Torà e la profanazione del Tempio
L’insurrezione maccabaica e la riconsacrazione del tempio: a) Mattityàhu Asmoneo e i suoi figli; b) Le vittorie di Yehudà Maccabeo; c) La riconsacrazione del Tempio
Avvenimenti successivi fino alla revoca dei decreti di Antioco Epifane: a) Imprese della Giudea nei. paesi confinanti con la Giudea; b) La guerra in Giudea
Le fonti
La maggior parte delle notizie che riguardano il periodo importantissimo della nostra storia che stiamo per trattare si desumono da due libri chiamati primo e secondo libro dei Maccabei che ci hanno pure conservato il testo di documenti ufficiali. Anche per questo periodo si hanno chiare allusioni, in forma di visioni, nel libro di Danièl. Giuseppe Flavio segue in gran parte il primo libro dei Maccabei, ma fornisce anche notizie che in esso non si trovano, e che debbono derivare da libri o documenti che non ci sono giunti. Scarse sono le tradizioni conservate nella letteratura rabbinica per quanto il ricordo degli avvenimenti sia stato sempre presente nella coscienza ebraica e ad esso sia stata dedicata una festa speciale, Chanukkà, che è l’unica festa celebrata in tutti i luoghi dove vivono Ebrei, all’infuori di quella recentissima dell’indipendenza, che riguardi avvenimenti posteriori a quelli narrati in libri della nostra Bibbia. Fra i testi rabbinici che contengono forse qualche notizia sul nostro periodo è da ricordare specialmente l’elenco dei giorni semifestivi detto Meghillàt Ta‘anìt ma non sempre si può affermare con certezza a quali avvenimenti in essa si allude. Dei fatti che sono in rapporto più stretto con la storia della Siria si hanno notizie negli scrittori greci e latini; il più antico di questi è lo storico greco Polibio.
La Giudea sotto Seleuco IV
Morto Antioco III, gli succedette il figlio Seleuco IV (187-175). Dopo la grave sconfitta che Antioco III riportò a Magnesia nella guerra contro i Romani (190) il regno di Siria dovette, tra l’altro, impegnarsi a pagare alla repubblica romana ingenti somme, e il governo di Siria non esitò, per procurarsi i mezzi necessari a fare fronte ai suoi impegni, a saccheggiare tesori di santuari. Antioco III stesso era stato ucciso in seguito a un tentativo di questo genere compiuto nella terra di Elam; tentativo analogo fu fatto a Gerusalemme per ordine di Seleuco, ed esso è, a quanto pare, in rapporto con le lotte interne fra il partito degli ellenizzanti e quello dei conservatori. Durante il sacerdozio di Onia III era a capo dell’amministrazione del tesoro del Tempio un certo Shim’òn. In seguito a controversie fra questo e il Sommo Sacerdote, forse perché il primo parteggiava per gli ellenizzanti, egli venne destituito. Allora Shim’òn svelò che nel Santuario si trovavano ingenti tesori, e Seleuco mandò il tesoriere del regno, Eliodoro, a impadronirsene. Nonostante l’opposizione di Onia, fondata sul fatto che il tesoro conservato nel Tempio era in gran parte non proprietà di questo, ma costituito da depositi di privati, e specialmente di vedove e orfani, Eliodoro entrò nel Santuario, ma non condusse a termine la sua impresa, perché fu colpito e picchiato senza pietà da personaggi misteriosi. Shim’òn accusò Onia di essere il responsabile di quel che era avvenuto, mentre la voce del popolo affermava che Eliodoro era stato percosso da inviati celesti, e Onia dovette recarsi ad Antiochia, capitale della Siria, per giustificarsi dinanzi al re.
Tentativi di ellenizzazione e disordini in Giudea durante il regno di Antioco Epifane
a) Progressi del movimento di ellenizzazione: il Sommo Sacerdote Giasone
I paesi circostanti alla Giudea si erano ormai quasi completamente ellenizzati senza contrasti, e anche gli Ebrei che vi abitavano avevano ormai adottato lingua e costumi greci, se pure non avevano in genere seguito coloro in mezzo ai quali risiedevano nell’adorazione delle loro divinità. I rapporti che, specialmente per ragioni di commercio, si facevano sempre più vivi e frequenti fra la Giudea e i paesi vicini, rafforzarono in Giudea il partito degli ellenizzanti, e non mancavano, specialmente fra i giovani, coloro che miravano a togliere a poco a poco di mezzo tutto quello che distingueva gli Ebrei dai Greci. Questo movimento era poi assai ben visto dal governo, perché i Seleucidi miravano a diffondere la cultura greca e i costumi greci in tutto il loro regno, per quanto fino ad ora non avessero fatto nulla per imporli con la violenza, anche perché, come abbiamo detto sopra, in quasi tutti i paesi l’ellenizzazione avveniva senza urti. Ma furono gli Ebrei tendenti all’assimilazione che si proposero di avere l’aiuto del governo, che certo non sarebbe mancato, nella loro opera, tanto più che i conservatori erano sospettati, e forse non senza ragione, di essere nemici del governo dei Seleucidi e di aspirare ad una restaurazione del governò dei Lagidi. Dopo che Seleuco IV fu ucciso da quello stesso Eliodoro che aveva tentato il saccheggio del Tempio, gli successe il fratello Antioco IV soprannominato Epifane. Questo è un epiteto divino, di quelli che solevano avere i sovrani ellenistici che erano venerati come divinità, e significava: (Dio) che si manifesta. Alcuni contemporanei però, modificando leggermente questo soprannome, lo chiamarono Epimane: il pazzo. Antioco IV, che era stato per lunghi anni ostaggio a Roma, mirava all’ellenizzazione del suo regno anche più dei suoi predecessori, e quindi la sua ascesa al trono fu salutata con gioia in Giudea dai fautori dell’assimilazione.
Uno dei capi di questi, il sacerdote Yehoshùa’, fratello di Onia, per dare prova tangibile della sua tendenza a cancellare quanto lo distingueva dai Greci, aveva mutato il suo nome ebraico in quello greco di Giasone (in greco Jason). Egli, tradendo il proprio fratello e il suo popolo, ottenne da Antioco la destituzione di Onia e la propria nomina a Sommo Sacerdote in compenso di ingenti somme di danaro e della promessa di trasformare Gerusalemme in una città greca con tutte le sue istituzioni caratteristiche. Così venne istituito, fra l’altro, nelle vicinanze del Tempio un gymnasion (termine greco che letteralmente significa: luogo dove ci si denuda) nel quale i giovani si davano nudi ad esercizi del corpo e giochi: gli Ebrei che avevano preso a frequentare tali luoghi si vergognavano di far vedere che erano circoncisi, e si sottoponevano a una operazione chirurgica che faceva apparire incirconciso anche chi aveva avuto nel suo corpo il segno del patto fra Dio e il suo popolo. Si diede persino il caso di sacerdoti che abbandonarono il servizio del Tempio per frequentare la palestra. I conservatori videro in tutto questo l’inizio di un movimento che avrebbe portato alla completa violazione della Torà, e Giasone stesso dimostrò che non avevano torto: egli mandò a Tiro, in occasione di giochi olimpici che là avevano luogo alla presenza del re, un’ambasceria che recava denaro per acquistare sacrifici da offrire alla divinità pagana in onore della quale si facevano i giuochi. Ma quest’empietà non venne commessa perché gli ambasciatori, più fedeli all’Ebraismo del sacerdote che li aveva inviati, rifiutarono di eseguire l’ordine di Giasone e consegnarono il denaro al tesoro del governo perché servisse alla costruzione di navi. In seguito Antioco, diretto contro l’Egitto, passò nella Giudea entrando a Gerusalemme con gran pompa, accolto trionfalmente da Giasone e dai suoi seguaci.
b) Il Sommo Sacerdote Menelao
Ma, a quanto pare, gli assimilazionisti più accesi non erano soddisfatti dell’opera di Giasone, e un certo Menelao, che forse non era neppure di famiglia sacerdotale, e secondo alcuni era fratello di quello Shim’òn che fu tesoriere del Tempio durante il sacerdozio di Onia, essendosi recato ad Antiochia presso il re per incarico di Giasone per portare il tributo, ottenne, mediante la promessa di un tributo maggiore, di essere nominato egli stesso Sommo Sacerdote in sostituzione di Giasone e si impegnò ad andare oltre nell’ellenizzazione della Giudea. Giasone, destituito, fuggì in Transgiordania (171) dove forse trovò buona accoglienza dai Tobiadi, avversari dei Seleucidi, ai quali egli era diventato inviso. Menelao, non essendo riuscito a mettere insieme la somma promessa ad Antioco, prese oggetti di valore dal Tempio e, lasciato a Gerusalemme un suo fratello, Lisimaco, che facesse le sue veci, andò ad Antiochia a rendere conto al re del suo operato. Ma il re era assente; Menelao riuscì a corrompere, con doni costituiti da oggetti tolti al Tempio, il ministro Andronico che lo sostituiva; Onia III (### CONTROLLARE SE è EFFETTIVAMENTE ONIA III (finora mai nominato) O ONIA II), che si trovava nei pressi di Antiochia, accusò Menelao di corruzione e di empietà; ma Andronico lo fece uccidere a tradimento e Menelao conservò il suo ruolo.
c) Disordini a Gerusalemme. Intervento di Antioco Epifane
Frattanto scoppiavano gravi disordini a Gerusalemme. Il comportamento tirannico di Lisimaco che, per pagare Antioco, non solo fece nuove spoliazioni nel Tempio, ma si impossessò anche di depositi di privati, suscitò l’indignazione della popolazione ed egli venne ucciso. Il re si trovava allora a Tiro, e tre membri del consiglio degli anziani di Gerusalemme si presentarono a lui per giustificare l’uccisione di Lisimaco;tuttavia il re non solo non accolse le loro parole, ma li fece mettere a morte come traditori del governo.
Questi fatti accrebbero ancora l’avversione degli Ebrei, e specialmente dei conservatori, verso Antioco, e quindi non è strano che, essendosi sparsa la voce (risultata poi falsa) che Antioco fosse stato ucciso in battaglia in Egitto, contro il quale aveva effettivamente mosso guerra, la popolazione ebraica esultò, e il partito favorevole al governo dei Lagidi acquistò nuova forza. Giasone mosse allora contro Gerusalemme con una schiera di armati con l’intenzione di abbattere Menelao e rimase per qualche tempo padrone di Gerusalemme, dove uccise molti suoi nemici, mentre Menelao fu costretto a chiudersi nella fortezza. Ma intanto si seppe che Antioco era vivo e stava per muovere contro Gerusalemme. Giasone tornò a fuggire in Transgiordania, ma non vi trovò rifugio e fu costretto ad andare errando per vari paesi, fino a che morì a Sparta. Antioco piombò con un potente esercito su Gerusalemme, saccheggiò il Tempio, ne asportò gli arredi sacri, fece strage di abitanti e molti ne prese prigionieri. Menelao continuò a dominare sostenuto dall’esercito di Antioco,
La persecuzione di Antioco
a) L’opposizione ebraica al governo e il programma di Antioco
Il comportamento tirannico di Menelao inasprì sempre più la popolazione, ed egli, che in principio non era malvisto dagli ellenizzanti, era ormai odiato dalla quasi totalità degli Ebrei, e, naturalmente, non meno odiato era il suo signore, il re Antioco, e sempre più numerosi erano quelli che rimpiangevano e si auguravano ritornasse il dominio dei Lagidi. Essi videro certo con soddisfazione che la potenza di Antioco andava declinando e che, in seguito all’intervento romano, egli aveva dovuto rinunciare alla sua aspirazione di sottomettere l’Egitto e di diventare così padrone dell’Oriente. Antioco dal canto suo vedeva sempre più difficile l’ellenizzazione della Giudea e sempre maggiore il pericolo di una intesa degli Ebrei con l’Egitto a suo danno, e decise di agire con la forza. Egli doveva aver compreso, e forse gli Ebrei ellenizzanti glielo avevano fatto capire, che per gli Ebrei non c’era distinzione netta fra libertà civile e libertà religiosa, e quindi pensò di sopprimerle entrambe, e cioè di privare la Giudea di quello che le era rimasto di autonomia nazionale, e così impedire ogni intesa con l’Egitto, e di vietare l’osservanza dei precetti della Torà che costituiva l’ostacolo all’ellenizzazione. In questo modo credeva di poter annientare ad un tempo il corpo e l’anima della nazione.
b) Le stragi e le distruzioni a Gerusalemme
Antioco, reduce dall’Egitto, per annientare la resistenza materiale degli Ebrei contro il suo disegno di privarli di ogni autonomia, resistenza che prevedeva assai forte, mandò a Gerusalemme il suo generale Apollonio che, certo in ossequio agli ordini ricevuti dal suo signore, entrò improvvisamente nella città in giorno di sabato, fece strage di abitanti, ne saccheggiò gli averi e distrusse gran parte delle abitazioni. Rimasta la città quasi deserta, vi stanziò dei Greci e dei Siri; la città di Davìd fu trasformata in fortezza sira a cui fu dato il nome greco di Acra, e in essa venne stanziata una guarnigione di milizie sire.
c) Il divieto di osservare la Torà e la profanazione del Tempio
In seguito Antioco si rivolse ad annientare la forza morale degli Ebrei, e a questo scopo proibì l’osservanza di tutti i precetti della Torà, affermando che una sola legge, uguale per tutti, doveva avere vigore nel suo regno, e stabilì condanne di morte per chi osservasse il sabato, circoncidesse i figli, si astenesse da cibi proibiti; decretò che il Tempio di Gerusalemme venisse trasformato in santuario consacrato a Zeus e alle altre divinità greche e che solo a queste vi venissero offerti sacrifici. A funzionari speciali venne dato incarico di costringere con la forza la gente a una esatta esecuzione di questi ordini e di mettere a morte i trasgressori, distruggere i libri della Torà o profanarli in modo da renderli inservibili. Il 15 di kislèv 168 venne eretto un altare a Zeus sopra l’altare del Tempio e il 25 dello stesso mese vi venne per la prima volta offerto un sacrificio alle divinità pagane. Tra gli atti di violenza commessi dagli emissari di Antioco si ricorda che fu arsa viva una moltitudine di Ebrei che si erano nascosti in una grotta per osservarvi indisturbati il sabato, che fu messo a morte, dopo crudeli sevizie, un vecchio maestro di nome El’azàr che si rifiutò di mangiare carne di maiale e anche di fingere pubblicamente di mangiarla, e che furono parimenti seviziati e poi uccisi alla presenza del re sette fratelli che si rifiutarono di mangiare cibi proibiti e di compiere atti di idolatria, e poi la loro madre vedova che li aveva incoraggiati a rimanere fedeli alla Torà.
L’insurrezione maccabaica e la riconsacrazione del Tempio
a) Mattityàhu Asmoneo e i suoi figli
Gerusalemme era occupata da Greci e Siri e da Ebrei ellenizzanti fautori di Menelao: nell’Acra continuava a risiedere la guarnigione sira. I fedeli alla Torà, usciti da Gerusalemme, si trasferirono nei villaggi o andarono errando per la campagna, e in un primo tempo non opposero al governo che una resistenza passiva, tentando di sottrarsi alle imposizioni degli agenti di Antioco che volevano obbligarli alla violazione della Torà e cercando di osservarla di nascosto. In molti però era vivo il desiderio di agire in qualche modo contro gli aggressori. L’occasione si presentò nel villaggio di Modi‘ìn, fra Gerusalemme e Lod, e là ebbe inizio la rivolta. Vi si era rifugiato un sacerdote della famiglia degli Asmonei, Mattityàhu, coi suoi cinque figli: Yochanàn, Shim’òn, Yehudà, Yonatàn e El’azàr. Un giorno, dopo che un funzionario del governo ebbe eretto un altare pagano a Modi‘ìn e tentato inutilmente di indurre Mattityàhu ad offrirvi dei sacrifici e di essere così, come capo del villaggio, di esempio agli altri abitanti, uno di questi cedette alle richieste del funzionario e si apprestò ad offrire il sacrificio. Mattityàhu uccise lui ed il funzionario del governo ed abbatté l’altare pagano (167 a.E.V.). Questo fu il segno e l’inizio della rivolta.
Mattityàhu e i suoi figli abbandonarono Modi‘ìn, si diedero ad errare per i monti e la campagna e raccolsero intorno a sé dei compagni che vennero a costituire un piccolo esercito improvvisato. Questo si scontrò spesso con le pattuglie di Antioco e qualche volta riuscì ad avere il sopravvento su di esse. In un giorno di sabato avvenne che un gruppo di Ebrei, sprovvisto di armi, perché si considerava vietato portarle nel giorno destinato al riposo, fu massacrato dal nemico. Allora fu ufficialmente deciso che di sabato fosse permesso tutto ciò che era necessario per la difesa e per la lotta contro i nemici. Poco dopo (166 a.E.V.) Mattityàhu venne a morte e raccomandò ai figli di continuare l’impresa iniziata. A capo dei rivoltosi rimase Yehudà, soprannominato il Maccabeo, giovane forte e valoroso, designato dal padre stesso come condottiero militare. Furono poi spesso chiamati impropriamente Maccabei tutti gli Asmonei membri della sua famiglia e i suoi seguaci e la rivolta iniziata da Mattityàhu fu detta maccabaica.
b) Le vittorie di Yehudà Maccabeo
Dal momento in cui Yehudà si pose a capo degli insorti la rivolta si trasformò in vera e propria guerra. L’entusiasmo di Yehudà e dei suoi seguaci prevalse sul numero e la forza dell’esercito dei Siri. Le battaglie erano spesso precedute da discorsi di Yehudà, preghiere e digiuni.
I generali Apollonio e Serone che furono mandati contro Yehudà vennero sconfitti. Apollonio venne ucciso; Yehudà si impadronì della sua spada, della quale si servì nelle battaglie successive. Antioco, impressionato dalle vittorie dei ribelli, non potendo intervenire personalmente in Giudea perché occupato contro i Parti, incaricò il viceré Lisia di agire energicamente; ma anche i due generali Nicanore e Gorgia da lui successivamente mandati contro Yehudà furono sconfitti. In seguito alla vittoria contro Gorgia ad Emmaus, non lungi da Gerusalemme, gli Ebrei presero anche molto bottino, e fra altro il denaro che mercanti di schiavi, fatti venire da Gorgia sicuro della vittoria, avevano portato per comperare gli Ebrei fatti prigionieri, che Gorgia aveva promesso loro che sarebbero stati numerosissimi. Contro Yehudà mosse allora Lisia in persona con forte esercito e, anziché assalire come i suoi predecessori, dal nord, penetrò in Giudea dal Nèghev; ma anch’egli fu sconfitto a Bet Tzur, a sud di Gerusalemme, e fu costretto a ritornare ad Antiochia.
e) La riconsacrazione del Tempio
Con la vittoria di Bet Tzur era aperta a Yehudà la via per Gerusalemme, e infatti egli giunse in questa città col suo esercito, la occupò e pose l’assedio all’Acra. L’esercito ebraico entrò nel Tempio, abbatté l’altare pagano, purificò il santuario e in esso fu instaurato nuovamente il culto ebraico precisamente tre anni dopo la sua cessazione (25 di kislèv 165). A ricordo dell’avvenimento fu istituita la festa di Chanukkà (inaugurazione), da celebrarsi per otto giorni ad analogia di quella di Sukkòt. La festa fu anticamente designata anche come festa di Sukkòt del mese di kislèv, o come festa delle luci, o festa degli Asmonei. Una tradizione raccolta nella letteratura talmudica spiega la durata della festa e la sua celebrazione con accensione di luci narrando che il poco olio contenuto in un vaso, il solo che non era stato profanato dal nemico, servì miracolosamente per l’accensione dei lumi del candelabro del Tempio per otto giorni.
Avvenimenti successivi fino alla revoca dei decreti di Antioco Epifane
a) Imprese di Yehudà nei paesi confinanti con la Giudea
II governo della Siria, occupato in cose per esso più importanti, tralasciò per qualche tempo di intervenire in Giudea, e questa circostanza diede modo a Yehudà Maccabeo, diventato ormai di fatto il capo degli Ebrei che si trovavano in patria, di occuparsi dei suoi fratelli che abitavano fra gli stranieri nei paesi vicini e che erano spesso da questi molestati e oppressi. In Galilea, a nord della Giudea, mandò il fratello Shim’òn; in Transgiordania andò egli stesso col fratello Yonatàn (Gionata) contro gli Ammoniti, combatté pure contro tribù arabe, contro gli Idumei e contro i Filistei di Ashdòd. Gli Ebrei liberati furono in gran parte trasferiti a Gerusalemme e nei dintorni, che erano in mano di Yehudà.
b) La guerra in Giudea
Del disinteresse del governo centrale approfittò Yehudà per fortificare l’altura su cui si trovava il Tempio, stanziarvi una guarnigione per difenderlo contro eventuali attacchi da parte dei Siri che si trovavano nell’area e costruire fortificazioni in Bet Tzur per opporsi ad eventuali attacchi dal sud. Nel 164 morì Antioco IV in viaggio di ritorno verso Antiochia dopo avere, come suo padre, tentato di saccheggiare un santuario. Secondo una tradizione, della quale non è possibile controllare la veridicità, negli ultimi momenti di vita Antioco si sarebbe pentito del male fatto agli Ebrei e avrebbe raccomandato a suo figlio e successore Antioco V di ripararvi. Questi era minorenne, e la Siria fu agitata da lotte fra il viceré Lisia e Filippo, nominato tutore di Antioco V, e anche questo fece sì che le questioni legate alla Giudea fossero ancora trascurate. In seguito però giunsero al governo, dagli assediati dell’Acra e dagli ellenizzanti rimasti a Gerusalemme insistenti inviti ad intervenire. Allora Lisia entrò in Giudea dal sud con un forte esercito, accompagnato anche da elefanti, pose l’assedio a Bet Tzur e questa dovette cedere nonostante il valore dei soldati ebrei. Yehudà abbandonò allora l’assedio dell’Acra e mosse contro il nemico; lo scontro ebbe luogo a Bet Zekharyà, fra Gerusalemme e Bet Tzur, e anche in questa battaglia l’ingente forza dell’esercito di Lisia sconfisse il piccolo esercito di Yehudà: nella battaglia perì il fratello di Yehudà, El’azàr, schiacciato da un elefante che egli aveva colpito nel ventre credendo che chi lo cavalcava fosse il re Antioco V. Yehudà e il suo esercito dovettero ritirarsi a Gerusalemme, l’esercito nemico li inseguì e pose l’assedio alla collina del Tempio. La condizione degli assediati era gravissima per mancanza di viveri, anche perché, essendo allora un anno sabbatico, scarseggiavano i prodotti. A salvarli e ad impedire che venisse distrutta tutta l’opera di Yehudà e dei suoi venne la circostanza che Lisia, informato di avvenimenti in Antiochia che minacciavano di privarlo del suo potere, ritenne necessario lasciare la Giudea, e quindi conchiuse con Yehudà una tregua, secondo le condizioni nelle quali Lisia non continuava l’assedio, venivano abrogate le disposizioni di Antioco IV contrarie all’osservanza della Torà e veniva destituito Menelao, che fu poi messo a morte, mentre Yehudà si impegnava a smantellare le fortificazioni della collina del Tempio e di Bet Tzur (163).