Capitolo 16 – La Giudea sotto Alessandro Magno e nel periodo delle lotte tra i suoi successori
Le fonti
Caratteri generali della storia ebraica nell’età ellenistica
La Giudea sotto Alessandro e i primi diadochi
La Giudea sotto i Lagidi: a) I tre primi Tolomei; b) Lotte di partiti. Giuseppe l’esattore; c) Tolomeo TV; d) Passaggio della Giudea al dominio dei Seleucidi; e) Shim’òn il Giusto
La Giudea sotto Antioco III di Siria
Le fonti
Sui particolari relativi al passaggio della Giudea dal dominio persiano a quello di Alessandro Magno e ai rapporti fra questo e gli Ebrei scarseggiano le notizie; abbiamo solo qualche tradizione raccolta da Giuseppe Flavio o conservata nella letteratura rabbinica. Per il periodo delle lotte fra Lagidi e Seleucidi, successori di Alessandro, e per il tempo in cui la Giudea fu sotto i primi, ci danno notizia anche gli storici greci, la lettera di Aristea e i primi capitoli del 1° e del 2° libro dei Maccabei. Su quel che avvenne al tempo di Tolomeo IV Filometore abbiamo notizie nel libro chiamato impropriamente 3° libro dei Maccabei; sulle lotte fra Lagidi e Seleucidi abbiamo degli accenni, in forma di visione, nel libro biblico di Danièl.
Caratteri generali della storia ebraica nell’età ellenistica
Si usa chiamare età ellenistica, come è noto dalla storia greca, il periodo che va da Alessandro Magno alla conquista romana della Grecia (146 a.E.V.). In questo periodo, come conseguenza della conquista dell’Oriente da parte dei Greci, si stabiliscono dei contatti continui e forti tra i Greci, che erano giunti al loro più alto grado di civiltà nel secolo V, e i vari popoli dell’Oriente, fra cui anche gli Ebrei. Prima dell’età ellenistica, non risulta che i Greci conoscessero gli Ebrei e la loro civiltà, e gli Ebrei conoscevano i Greci soltanto di nome come popolazione di paesi marittimi lontani che erano in rapporti commerciali con i Fenici. Avvenuta la conquista greca, gli altri popoli, perduta la loro indipendenza politica, si assimilarono in breve ai Greci e cessò quasi del tutto la storia della loro civiltà particolare, che non era profondamente radicata nel popolo; gli Ebrei, per i quali invece gli elementi della loro civiltà, derivanti dall’insegnamento della Torà, dei profeti e dei Maestri, costituivano parte essenziale della coscienza di ogni singolo membro del popolo, resistettero all’urto. Le concezioni dei Greci e il loro modo di vivere erano profondamente diverse da quelle degli Ebrei: quelli concepivano il mondo come governato da una moltitudine di dèi spesso in lotta fra di loro, e da forze non soggette agli dèi; più che ad ideali morali miravano ad ideali artistici e di forza fisica; concepivano il popolo non come un raggruppamento di persone fondamentalmente uguali fra di loro ma come costituito da classi diverse, alcune destinate al dominio, altre all’obbedienza e alla schiavitù. Ci furono sì fra i Greci dei pensatori che si opposero in tutto o in parte a queste concezioni, ma scarsissima fu la loro influenza sul popolo. Non mancarono, come vedremo, in un certo momento, degli Ebrei che, innamorati della civiltà greca, tendevano ad adottarla in pieno e ad annullare tutte le caratteristiche ebraiche, ma essi furono vinti, e la lotta vittoriosa condotta contro di loro dalla parte sana del popolo ebbe per prima conseguenza la conservazione delle dottrine e del sistema di vita ebraico e in seguito anche il raggiungimento della piena indipendenza politica della Giudea.
I contatti fra Greci ed Ebrei ebbero però tuttavia conseguenze importanti e durature: una parte degli Ebrei, specialmente nella diaspora che si estese di molto, assimilò elementi della cultura greca non in contrasto con le concezioni essenziali dell’Ebraismo, e una parte dei Greci, specialmente delle classi più colte, fece propri alcuni elementi della civiltà ebraica.
La Giudea sotto Alessandro e i primi diadochi
Alessandro il Macedone, detto Alessandro il Grande, impadronitosi della Grecia, passò in Asia mirando a formare un grande impero sotto il suo dominio. Dopo che ebbe conquistato le regioni interne dell’impero persiano, passò nei paesi situati sul Mar Mediterraneo. Mentre assediava Tiro, che cadde in suo potere nel 332, mandò a Gerusalemme un’ambasceria che invitava la città a sottomettersi a lui. Il Sommo Sacerdote, Yaddùa secondo una tradizione, Shim’òn secondo un’altra, dapprima rifiutò, ritenendosi obbligato alla fedeltà all’impero persiano. Alessandro, conquistato il paese costiero da Tiro a Gaza, mentre il suo generale Parmenione occupava la Siria, mosse contro Gerusalemme; questa non oppose resistenza; l’incontro tra Alessandro e il Sommo Sacerdote fu improntato alla cordialità, e Alessandro accordò alla Giudea alcune concessioni, come l’esenzione delle tasse nell’anno sabbatico. La Giudea costituiva un distretto parzialmente autonomo della provincia della Celesiria che comprendeva la Siria e Èretz Israèl. Essa era sotto la giurisdizione del Sommo Sacerdote, assistito dagli anziani. In seguito a una rivolta dei Samaritani che uccisero il governatore macedone della provincia, che risiedeva a Samaria, Alessandro aggregò alla Giudea alcuni territori che prima facevano parte del distretto di Samaria.
Dopo la morte di Alessandro (323 a.E.V.) la Giudea fu dapprima governata insieme con la Siria da Laomedonte di Mitilene e fu poi teatro di lotte scoppiate fra i successori di Alessandro (detti “diadochi”) divenuti sovrani degli stati che si andarono formando sulle rovine del grande impero. Tra gli episodi di queste lotte si ricorda che durante quelle sostenute da Tolomeo Sotère re d’Egitto, fondatore della dinastia dei Lagidi, per impossessarsi della Siria, Gerusalemme cadde, senza opporre resistenza alcuna, in mano d’un generale di quel re, che l’aveva assalita di shabbàt, nel quale gli abitanti, per non turbare il riposo prescritto in quel giorno, non impugnarono le armi né si difesero. Le lotte continuarono per parecchi anni finché la Palestina rimase a Tolomeo.
La Giudea sotto i Lagidi
a) I tre primi Tolomei
Le condizioni politiche della Giudea sotto i Lagidi, sovrani d’Egitto, rimasero pressoché invariate e la situazione degli Ebrei si mantenne generalmente buona durante il regno di Tolomeo I e di suo figlio e successore Tolomeo II (285-247) Filadelfo, ai tempi del quale ebbe luogo la traduzione della Torà in lingua greca. Nei primi anni di Tolomeo III Euergete (247-221) tornarono a farsi vive le lotte fra i Lagidi e i Seleucidi, che dominavano in Siria, e la Giudea, che si trovava in mezzo fra l’Egitto e la Siria, ne ebbe a soffrire, anche perché a quanto pare vi esisteva un partito che avrebbe preferito il governo dei Seleucidi a quello dei Lagidi.
b) Lotte di partiti. Giuseppe l’esattore
Il Sommo Sacerdote Onia II, che verosimilmente appoggiava questo partito, rifiutò di versare al governo d’Egitto il tributo annuale che doveva pagare e il re d’Egitto non riuscì a mutare la sua condotta, pur con la minaccia di smembrare la Giudea e dividerla fra i suoi soldati. Comparve allora sulla scena politica Giuseppe, figlio di una sorella di Onia e di Tobia. Questo Tobia era, a quanto pare, un personaggio appartenente a una famiglia assai influente in Transgiordania, che vi possedeva un palazzo o fortezza di cui sono stati ritrovati i resti, e forse discendeva da quel Tobia che era stato avversario di Nechemyà. Giuseppe, tentato inutilmente di indurre lo zio a sottomettersi a Tolomeo, ottenne da lui di recarsi egli stesso presso il re per placarlo. Di fatto però agì nel proprio interesse e con abilità e raggiri riuscì ad ottenere dal re d’Egitto l’appalto delle tasse della Giudea e di altri paesi, promettendo di raddoppiare l’ammontare di queste. Giuseppe rimase nel suo ufficio di esattore per ventidue anni, lo esercitò con violenza e crudeltà assistito da una schiera di armati che il governo egiziano gli aveva concesso e si rese bene accetto a questo, del quale accrebbe di molto i proventi.
c) Tolomeo IV
Le lotte fra Lagidi e Seleucidi per il possesso della Giudea continuarono fra Tolomeo IV Filometore (221-204) e Antioco III il Grande (223-187); dopo la vittoria di Rafia presso Gaza, nella quale fu vincitore il re d’Egitto (217), parve assicurato il dominio egiziano. Sotto Tolomeo IV le condizioni degli Ebrei si fecero meno buone, e si racconta che il re, venuto a Gerusalemme dopo la vittoria di Rafia, volle entrare per forza nel luogo santissimo del Tempio e, colpito da punizione divina, fu in gran pericolo di vita.
In conseguenza forse dell’atteggiamento del governo egiziano, meno favorevole agli Ebrei che nel passato, si rafforzò in Giudea il partito che mirava a favorire il passaggio del paese dal dominio dei Lagidi a quello dei Seleucidi. L’azione di questo partito si collega con controversie familiari tra i figli di Giuseppe di Tobia: uno di essi, Ircano, nato da una unione di dubbia legittimità, preferito dal padre e suo successore, continuò a parteggiare per il governo egiziano, mentre i suoi fratelli, figli di altra madre, detti Tobiadi, tendevano verso i Seleucidi.
d) Passaggio della Giudea al dominio dei Seleucidi
Morto Tolomeo Filometore (204), gli successe un figlio minorenne, Tolomeo V Epifane, e Antioco III approfittò della debolezza del regno d’Egitto per ritentare la conquista della Celesiria. Durante la guerra la Giudea, infestata dagli eserciti, passò parecchie volte da un dominio all’altro fino a che rimase definitivamente in mano di Antioco III re di Siria (198).
e) Shim’òn il Giusto
Fra i sacerdoti che vissero nel periodo di cui abbiamo trattato è ricordato con particolari lodi Shim’òn, detto il Giusto, designato dalla tradizione talmudica come uno degli ultimi appartenenti alla kenèset haghedolà. Siccome in questo periodo si ha notizia di due Sommi Sacerdoti che portarono il nome di Shim’òn, non si può determinare con sicurezza quale di essi sia stato soprannominato il Giusto. In genere si tende ad identificarlo con il secondo, che visse intorno al 200. Altri invece pensano sia quello che, secondo una tradizione, andò incontro ad Alessandro il Grande.
La Giudea sotto Antioco III di Siria
Gli Ebrei, stanchi della lunga guerra, videro con soddisfazione la sua fine, e quando Antioco III si avvicinò a Gerusalemme, i capi della città, nella quale il partito seleucidico aveva fatto notevoli progressi, gli andarono incontro e rifornirono il suo esercito. Il re fece alla Giudea molte concessioni, di cui abbiamo notizia in documenti di cui Giuseppe Flavio ci ha conservato il testo. Fra altro, il re prescriveva il restauro di Gerusalemme e del Tempio, che erano in cattive condizioni, a spese dello stato, assegnava contributi alle opere di culto nel Tempio, concedeva agli Ebrei giurisdizione propria, esentava da tasse i sacerdoti, i Maestri della Torà e i membri del consiglio degli anziani, diminuiva l’ammontare delle tasse dovute da coloro che non ne erano esenti, confermava le restrizioni relative all’ingresso di stranieri nel Tempio, stabiliva lo stanziamento di famiglie ebraiche in parecchie regioni poco fedeli del suo regno fuori della Giudea, motivando questa sua decisione nella fedeltà mostrata dagli Ebrei, concedeva larghe autonomie ed esenzioni ai membri di tali famiglie.
Il partito tolemaico fu completamente annientato; Ircano si rifugiò in Transgiordania presso i confini con l’Arabia e esercitò là per qualche anno una signoria tirannica; ma poi, per timore del governo di Siria, pose fine ai suoi giorni.
Neppure il passaggio dal governo dei Lagidi a quelli dei Seleucidi produsse notevoli cambiamenti nella situazione politica e amministrativa della Giudea, ma i re di Siria entrarono direttamente negli affari interni del paese e talvolta si arrogarono il diritto di nominare o deporre i Sommi Sacerdoti.