Capitolo 15 – La diaspora nell’età persiana
Le fonti
La diaspora babilonese
La diaspora persiana
La diaspora egiziana
Gli ebrei in altri paesi
Le fonti
Per quel che riguarda la diaspora babilonese si hanno notizie sporadiche, desunte specialmente da note commerciali che si trovarono a Nippur in Babilonia nell’ultimo decennio del secolo scorso. Esse sono dei tempi di Artaserse I e Dario II (465-405 a.E.V.), e in esse compaiono molti nomi di Ebrei; di quella persiana siamo informati specialmente dal libro biblico di Estèr; di quella egiziana da una quantità di papiri aramaici che furono scoperti in Egitto, nell’isola di Elefantina sul Nilo e ad Assuan, nei primi anni del nostro secolo. Essi riguardano una colonia militare ebraica che si trovava ai confini meridionali dell’Egitto.
Anche in altri luoghi è certo o probabile esistessero centri ebraici, ma non se ne hanno notizie particolari.
La diaspora babilonese
Come sappiamo, la maggioranza degli Ebrei deportati in Babilonia continuò a restarvi anche dopo l’editto di Ciro e quindi si prolungò là l’esistenza di un grande nucleo ebraico superiore per numero a quello della patria; per molti secoli Èretz Israèl e Babilonia costituiscono i due centri principali dell’Ebraismo. Del fiorire della vita spirituale e dello studio della Torà in Babilonia è prova il fatto che di là venne ’Ezrà, Maestro della Torà, a dirigere la vita spirituale in Giudea. Notizie particolari sulla vita ebraica in Babilonia dopo ’Ezrà non abbiamo: è probabile che fin da allora in quella più antica diaspora sia avvenuto quel che avvenne poi in tutti i paesi del nostro esilio, in cui si alternarono, e in parte si combinarono, la tendenza conservatrice e la tendenza assimilatrice: di ciò si può avere un indizio nel fatto che i nomi di Ebrei che compaiono nei documenti a cui abbiamo sopra accennato sono in parte nomi ebraici e in parte nomi babilonesi, alcuni dei quali composti con nomi di divinità pagane.
Dai documenti stessi risulta poi che molti Ebrei si occupavano in Babilonia di commercio, e anche per questo l’antica diaspora babilonese segna l’inizio di quanto avvenne poi nei vari paesi del nostro esilio nei quali il commercio diventò l’occupazione principale degli Ebrei. La condizione economica dei commercianti ebrei in Babilonia era prospera, e molti di essi raggiunsero un notevole grado di ricchezza; alcuni esercitavano il commercio per conto proprio, altri erano agenti di case commerciali babilonesi e persiane, altri erano appaltatori ed esattori di tasse governative.
Non v’è dubbio che i membri della diaspora babilonese fossero in stretti rapporti familiari e commerciali con i residenti in patria ed è plausibile che abbiano continuato a mandare offerte e doni al Tempio di Gerusalemme e che molti di essi vi si recassero, specialmente in occasione delle grandi solennità, e vi offrissero sacrifici e contributi ai sacerdoti e ai leviti.
La diaspora persiana
È naturale che, diventata la Giudea ai tempi di Ciro una provincia persiana, degli Ebrei si siano stabiliti in Persia. Alcuni raggiunsero alte cariche nel governo, e di questo abbiamo un esempio di Nechemyà. Ma degli Ebrei in Persia nulla sappiamo di particolare all’infuori di quel che è narrato nel libro di Estèr. A quale tempo esattamente questo si riferisca non è possibile determinare perché il re di Persia Achashveròsh (Assuero) in essa ricordato non si può identificare in modo sicuro. Secondo l’idea più comunemente accettata egli sarebbe Serse I (485-465 a.E.V.). Ai suoi tempi ebbe luogo il fatto che diede origine alla festa di Purìm; gli Ebrei dell’impero, destinati alla distruzione per volere del potente ministro Hamàn, che riuscì ad ottenere un decreto di sterminio dal re debole e volubile, furono poi salvati in grazia dell’opera della moglie preferita del re, l’ebrea Hadassà o Estèr, e del cugino di questa Mordechài, funzionario dello stato. Da quel che è narrato nel libro di Estèr possiamo desumere che un’ingente popolazione ebraica vivesse nella capitale dell’impero Susa, che gli Ebrei esercitassero una notevole influenza sul paese e sulla corte, e che anche in essi fedeltà al popolo e alla Torà e assimilazione si alternassero.
La diaspora egiziana
Non vi è dubbio che almeno dai tempi di Shelomò, che stabilì attivi rapporti commerciali con l’Egitto, andarono formandosi in questo paese dei centri ebraici. È probabile che dopo la vittoria di Nechò su Yoshiyàhu siano stati deportati degli Ebrei in Egitto; molti Ebrei vi emigrarono nei tempi che precedettero e seguirono immediatamente la caduta del regno di Yehudà, e quindi una popolazione ebraica relativamente numerosa abitava in Egitto a partire almeno dal VI secolo a.E.V.
Ci mancano però del tutto notizie particolari all’infuori di quello che riguarda la colonia a cui si riferiscono i papiri aramaici a cui abbiamo sopra accennato. La colonia si formò, a quanto pare, nella seconda metà del VI secolo e faceva parte di un corpo militare a cui era affidata la difesa dei confini meridionali del paese: a questo corpo appartenevano elementi egiziani ed elementi stranieri, fra i quali anche Ebrei. I nomi di questi sono, come quelli dei documenti babilonesi, in parte ebraici e in parte stranieri. I papiri sono scritti in lingua aramaica che era la lingua internazionale; è probabile fosse abitualmente parlata dagli Ebrei d’Egitto. I membri della colonia non erano soggetti a servizio militare continuo e in genere si occupavano di lavori pacifici: vi erano degli agricoltori, dei proprietari di case, dei commercianti, dei prestatori di denaro. In caso di controversie giudiziarie tra di loro, gli Ebrei solevano giurare nel nome del loro Dio.
Quello però che costituisce la caratteristica principale della colonia è che essa possedeva, almeno dai tempi di Cambise, successore di Ciro, un Tempio consacrato a Dio, nel quale si offrivano sacrifici, come in quello di Gerusalemme. Come capo della colonia è ricordato il sacerdote Yedanyà, al quale è diretta nel 419 una lettera nella quale, con riferimento ad un ordine del re, si ricorda che sta per giungere il tempo della festa di Pèsach e si fanno presenti i riti principali che ad essa si riferiscono. Nel 410 i sacerdoti di un tempio egiziano organizzarono un assalto contro il Tempio, lo saccheggiarono e lo distrussero. Yedanyà si rivolse al governatore persiano della Giudea Bagoas, probabilmente lo stesso che intervenne nelle contese fra Yochanàn e Yehoshùa’ e al Sommo Sacerdote Yochanàn, chiedendo in essere autorizzato alla ricostruzione del Tempio; ma egli non ricevette risposta. Nel 407 si rivolse nuovamente a Bagoas e al governatore di Samaria accompagnando la richiesta con doni. L’autorizzazione venne; ma non sappiamo se il santuario sia stato effettivamente ricostruito.
Dai papiri risulta che talvolta gli Ebrei recavano offerte, oltre che al loro Tempio, a santuari pagani; ma può darsi si tratti di tasse che essi erano obbligati a pagare.
Gli Ebrei in altri paesi
È certo che, oltre che nei paesi sopra menzionati, esistevano comunità ebraiche anche in altre province dell’impero persiano, specialmente in Siria, ma nessuna notizia particolare ci è giunta al riguardo. Dubbio è se anche in Asia Minore ci fossero già Ebrei; in caso affermativo, dovette avere luogo in quella regione il primo contatto fra Ebrei e Greci, in quella zona assai numerosi e influenti.