Capitolo 11 – Il regno di Giuda
Le fonti
Caratteri generali del regno
Da Rechav’àm a Yoshafàt: a) Rechav’àm; b) Avyàm e Asà; c) Yoshafàt
I re di Giuda imparentati con la famiglia di Achàv: a) Yoràm e Achazyà; b) L’usurpazione di ’Atalyà
Yoàsh e Amatzyà
’Uzzià e Yotàm
Achàz
Chizkiyà
Menashè e Amòn
Yoshiyàhu
Gli ultimi re e la caduta del regno: a) Yoachàz, Yoyakìm e Yoyakhìn; b) Sedecia e la fine del regno
La distruzione del Tempio e la deportazione
Sorte degli abitanti rimasti in Giuda; Ghedalyà
Le fonti
A quelle indicate per il regno del nord vanno aggiunte le notizie fomite dal libro Divrè Hayamìm, che dopo lo scisma si occupa esclusivamente del regno di Yehudà. Sui lavori idraulici di Chizkiàhu è conservata un’iscrizione ebraica (iscrizione dello Shilòach) e sugli ultimi avvenimenti della caduta del regno si hanno notizie nel libro del profeta Yirmiàhu, e qualche indicazione, specialmente di carattere militare, si può ricavare da ostraka (frammenti di coccio con iscrizioni) trovati a Lakhìsh.
Caratteri generali del regno
Come già abbiamo notato parlando del regno del nord, il regno di Yehudà fu assai più piccolo, meno popolato c più debole di quello di Israele; ma per la nostra storia ha una importanza molto maggiore, perché, essendosi in esso mantenute vive più che nell’altro regno le tradizioni nazionali e religiose, la vita del popolo d’Israele durò anche dopo la sua caduta, mentre la quasi totalità degli appartenenti al regno del nord ad eccezione di quelli che, come vedremo, si aggregarono al regno di Yehudà, si assimilarono e andarono dispersi. Il fatto poi che, in esso, per tutta la sua durata, regnò la dinastia di Davìd, fece sì che questa diventasse il simbolo del regno d’Israele e che si radicasse nel popolo la fiducia che sotto un futuro discendente di Davìd (Mashìach, Messia) si avvereranno i vaticini dei profeti sulla redenzione completa del popolo d’Israele e dell’umanità intera.
Per quello che riguarda in particolare il culto, è da notarsi che, per quanto soltanto sotto due re, Ezechia e Yoshiyàhu, si sia attuata la concentrazione degli atti cultuali esclusivamente nel Tempio di Gerusalemme, non si ebbero se non raramente veri e propri atti di idolatria o forte infiltrazione di culti stranieri.
Da Rechav’àm a Yoshafàt
a) Rechav’àm
Il fatto più importante avvenuto nel regno del successore di Shelomò è l’invasione del re d’Egitto Sheshak (Shoshenk), intorno al 930, a cui abbiamo già accennato (vedi pag. ###): nella descrizione con cui il Faraone celebra le sue imprese sono ricordate non meno di un centinaio di località del regno di Yehudà da lui occupate. I danni per il regno di Yehudà furono gravi perché, fra l’altro, il re d’Egitto saccheggiò il tempio di Gerusalemme e il palazzo reale e trasportò nel suo paese molta ricca preda; ma l’invasione non ebbe conseguenze politiche, e dopo la incursione l’esercito egiziano si ritirò. Di Rechav’àm sono ricordate opere di fortificazione nel sud del regno, che forse vanno messe in rapporto con l’invasione egiziana. A capo delle fortificazioni il re mise i suoi numerosissimi figli ad eccezione di Avyàm, da lui destinato a succedergli, che rimase a Gerusalemme. Morì dopo 17 anni di regno.
b) Avyàm e Asà
Avyàm, chiamato anche Avyà, regnò soltanto tre anni. Continuò le ostilità contro il regno d’Israele e a danno di questo si alleò con Tavrimmon re di Damasco. Riportò una grande vittoria su Yervo’àm e conquistò alcune città del suo regno; è possibile che la congiura di Ba’shà sia conseguenza delle sconfitte da questo subite. Il successore di Avyàm, Asà, ebbe un lungo regno (913-873 circa). Lottò contro le tendenze idolatriche, favorite da sua madre Ma‘akhà, e arricchì il Tempio di Gerusalemme di doni consacrati dai suoi padri e da lui stesso, ma non riuscì a sopprimere completamente altri santuari. Egli continuò, a danno del regno d’Israele, l’alleanza con Damasco, e la rinnovò con Ben-Hadad, figlio di Tavrimmon, distogliendolo dall’amicizia con Ba’shà, e fu per questo rimproverato dal profeta Chananì; il re lo fece imprigionare e sottoporre a torture. Respinse vittoriosamente un’invasione di Etiopi che si era spinta fino a Mareshà, a nord-est di Lakhish.
c) Yoshafàt
Ad Asà successe il figlio Yoshafàt (873-850 circa). Egli continuò la politica religiosa del padre. Sotto di lui cessarono le ostilità col regno d’Israele, e anzi cominciò un periodo di amicizia fra i due regni, suggellata dal matrimonio di suo figlio Yoràm con ‘Atalyà figlia di Achàv. Alleato, e forse vassallo, del regno d’Israele, prese parte alle spedizioni contro Ramot Ghil‘ad e contro Moàv. Un tentativo da lui fatto di inviare navi in un paese lontano, detto Ofìr, non identificato, per prendere oro, non riuscì. Fu fortunato in imprese contro invasori moabiti, ammoniti e idumei. I nemici finirono per combattersi fra di loro; rese tributari Filistei e Arabi. Favorì l’istruzione del popolo nella Torà, mandando degli appositi incaricati nei vari centri del regno. Ordinò pure l’amministrazione giudiziaria e costruì delle fortificazioni.
I re di Giuda imparentati con la famiglia di Achàv
a) Yoràm e Achazyà
I rapporti familiari stabilitisi tra le famiglie regnanti dei due regni ebbero, per quello di Yehudà, gravi conseguenze sia spirituali che politiche. Yoràm, influenzato dalla moglie ‘Atalyà, figlia della fenicia Yizèvel, favorì i culti idolatrici, e forse allo scopo di evitare l’opposizione alla sua nuova politica religiosa, fece uccidere all’inizio del suo regno i suoi fratelli e altri personaggi ragguardevoli del regno. Gli Idumei si ribellarono, Yoràm non riuscì a domarli ed essi si resero indipendenti sotto un re. Il regno ebbe anche a soffrire a causa dei Filistei e di tribù arabe: essi deportarono membri della sua famiglia. Yoràm morì in seguito a grave malattia dopo otto anni di regno (850-842 circa). Gli successe il figlio Achazyà che regnò solo un anno; prese parte con lo zio Yoràm re d’Israele ad una spedizione contro Ramot Ghil’àd e cadde vittima della strage che Yehù fece della famiglia di Achàv.
b) L’usurpazione di ’Atalyà
Ucciso Achazyà, la madre di lui, donna malvagia e avida di comando, che aveva esercitato grande influenza durante il regno del marito e del figlio, fece uccidere quasi tutti i membri della famiglia reale e assunse il regno; scampò soltanto Yoàsh, bimbo lattante, figlio di Achazyà, che Yehoshèva‘ figlia di Yoràm e moglie del Sommo Sacerdote Yehoyadà era riuscita a nascondere. ‘Atalyà diffuse il culto del Ba’àl fenicio, eresse in suo onore un tempio in Gerusalemme, vi nominò un sacerdote di nome Mattàn, e destinò al culto del Ba’àl oggetti consacrati al Dio d’Israele.
Quando Yoàsh ebbe compiuto sette anni, Yehoyadà, coadiuvato dai capi militari, lo fece uscire dal suo nascondiglio e lo presentò al popolo come re legittimo. ‘Atalyà e Mattàn vennero uccisi e il tempio del Ba’àl demolito (836 circa).
Yoàsh e Amatzyà
Non molto sappiamo di Yoàsh per quanto egli abbia regnato a lungo (836-796 circa). Egli prese delle disposizioni per assicurare che non mancasse il necessario per la manutenzione del Tempio, che era stata trascurata dai sacerdoti che avrebbero dovuto provvedervi. Fu guidato dal sacerdote Yehoyadà ma, dopo la morte di questo, si fece fautore dell’idolatria e uccise il figlio di lui Zekharyà che aveva rimproverato il popolo. Per allontanare Chazaèl re di Damasco che, dopo aver vinto il regno d’Israele, aveva attaccato anche quello di Yehudà, e marciava verso Gerusalemme, dovette pagargli un forte tributo e per questo dovette spogliare il tempio e la reggia di gran parte dei loro tesori. Fu ucciso da congiurati, che furono messi a morte da suo figlio e successore Amatzyà. Questi compì un’impresa vittoriosa contro Edòm e conquistò una importante località, detta Sèla, non sicuramente identificata. Inorgoglito da questo successo, provocò il re d’Israele Yoàsh e fu da lui gravemente sconfitto. Favorì il culto di divinità idumee da lui importate dopo la vittoria. Anche contro di lui scoppiò una congiura: dovette fuggire a Lakhìsh e là fu ucciso dopo 15 anni di regno.
’Uzzià e Yotàm
Ad Amatzyà successe il figlio ’Uzzià, detto anche ’Azaryà, che aveva appena sedici anni. Egli, continuando l’opera iniziata dal padre nel paese di Edòm, riconquistò e fortificò Elàt sul Mar Rosso. Favorì pure l’agricoltura e riportò vittorie sui Filistei e su tribù arabe, impose tributo agli Ammoniti, riorganizzò l’esercito e compì opere di fortificazione a Gerusalemme.
Fu colpito da lebbra, che l’autore di Divrè Hayamìm attribuisce a punizione per aver voluto egli stesso offrire personalmente un sacrificio in luogo dei sacerdoti. La malattia lo costrinse a lasciare gli affari di stato, che furono assunti, ancora durante la sua vita, dal figlio Yotàm, che regnò, dopo la morte del padre, altri cinque anni (778-773 circa). Compì dei lavori di costruzione, alcuni dei quali nel Tempio, e rafforzò il dominio sugli Ammoniti.
Achàz
Col regno di Achàz (733-718 circa), figlio e successore di Yotàm, comincia il periodo del vassallaggio del regno di Yehudà all’impero assiro. Incoraggiato dal profeta Isaia, non aderì alla lega antiassira a cui presero parte Damasco e Israele; la guerra mossagli da questi non gli produsse danni duraturi; ma avendo egli, contrariamente ai consigli di Isaia, chiesto aiuti a Tiglàt Pilèser III, re di Assiria, finì per diventarne soggetto e dovette pagargli un forte tributo. Il suo nome figura in un documento assiro fra quelli dei re tributari. Achàz dovette anche presentarsi personalmente a Damasco per rendere omaggio al re assiro. Approfittando delle difficoltà in cui si trovava Achàz, gli Idumei si sollevarono, e il regno di Yehudà perdette definitivamente Elat. Anche dal punto di vista spirituale il regno di Achàz segna un grave periodo di decadenza, caratterizzato da forte infiltrazione di culti stranieri. Achàz stesso, avendo visto in Damasco un altare probabilmente assiro, ne fece costruire uno simile nel Tempio di Gerusalemme e mettere da parte quello antico: il re di Damasco, venuto a Gerusalemme, vi offerse sacrifici; il re di Yehudà giunse poi al colmo della sua idolatria sacrificando agli idoli un suo figlio. Con la caduta del regno d’Israele, avvenuta durante il regno di Achàz, il regno di Yehudà diventa l’unico stato israelitico.
Chizkiyà
Durante il regno del figlio e successore di Achàz, Chizkiyà (Ezechia; 717-689 circa) fortemente influenzato dai profeti e specialmente da Isaia, si ha nel regno di Yehudà una ripresa sia dal punto di vista politico che da quello spirituale. Ezechia agì energicamente contro l’idolatria e contro il culto praticato fuori dal tempio di Gerusalemme: soppresse i santuari locali (bamòt), fece spezzare gli idoli e gli emblemi pagani e perfino un serpente di rame che aveva fatto Moshè, perché era diventato oggetto di adorazione. Egli cercò poi di attrarre al suo regno e al culto del Tempio di Gerusalemme residui della popolazione del regno d’Israele che non erano stati deportati e molti di essi parteciparono ad una solenne celebrazione di Pèsach che ebbe luogo durante il suo regno. Ezechia curò pure la consacrazione e il riordinamento di antiche tradizioni e documenti letterari. Preoccupato del pericolo assiro, fece compiere delle opere di restauro nelle fortificazioni di Gerusalemme e provvide ad assicurare alla città il rifornimento di acqua in caso di assedio. Di questo abbiamo notizie, oltre che dai libri biblici, dall’iscrizione dello Shilòach (in lingua ebraica, dovuta, a quanto pare, a coloro che diressero ed eseguirono i lavori per la costruzione di una galleria attraverso la quale venivano portate nella città le acque della sorgente del Ghichòn, situata a sud-est della città, fuori delle mura. Formatasi una nuova lega contro l’Assiria, appoggiata dall’Egitto, Yeshayàhu sconsigliò Chizkiyà dal parteciparvi; a quanto pare, esisteva un forte partito che premeva in senso contrario, e da un’iscrizione assira del re Sargon (711) risulta che questi dubitava della fedeltà di Ezechia. Sta di fatto che più tardi, morto Sargòn e succedutogli Sancherìv (Sennacherib) (705), Chizkiyà entrò in rapporti con Merodakh-Baladan re di Babilonia, nemico dell’Assiria, il quale gli aveva mandato un’ambasceria per congratularsi della sua guarigione dopo una malattia che lo aveva messo il pericolo di vita. Agli ambasciatori Chizkiyà mostrò i suoi tesori e il suo arsenale come ad alleati, e per questo fu rimproverato severamente da Isaia. A una nuova lega costituita in Siria contro gli Assiri e sostenuta dall’Egitto prese parte importante anche Chizkiyà. Contro di questa mosse Sancherìv dopo aver sottomesso la Babilonia. Abbattuti parecchi staterelli della Fenicia e della Persia, e vinto un esercito egiziano che gli era venuto incontro, Sancherìv, avanzando verso il sud per attaccare l’Egitto, si impadronì di una parte del territorio del regno di Yehudà e pose l’assedio a Gerusalemme dove si era chiuso Ezechia. La città era in grave pericolo; i comandanti dell’esercito assiro e Sancherìv stesso invitarono il popolo alla resa con parole arroganti e di scherno al re e di oltraggio al Dio d’Israele. Isaia incoraggiò il re e il popolo assicurando in nome di Dio che la città non sarebbe caduta. Infatti l’esercito assiro si ritirò improvvisamente sia perché, a quanto pare, era scoppiata una pestilenza nel campo e sia perché gravi avvenimenti in Egitto obbligarono gli Assiri ad intervenirvi. Gerusalemme fu salva, tutti riconobbero nel fatto un miracolo divino, preannunciato da Isaia. Anche i territori del regno di Yehudà che gli Assiri avevano conquistato vennero da questi abbandonati e il regno di Ezechia diventò il più forte della regione, ma continuò ad essere vassallo dell’Assiria. Nulla sappiamo degli ultimi anni di Chizkiyà.
Menashè e Amòn
Il figlio e successore di Ezechia, Menashè (Manasse) (689-635 circa) aveva appena dodici anni alla morte del padre, ed è quindi probabile ci sia stato un periodo di reggenza. Il nuovo re non seguì per nulla le orme del padre.
L’idolatria, la magia e la necromanzia tornarono a dominare; divinità straniere e specialmente assire vennero adorate; particolare culto fu prestato al sole. Fu anche ripristinato il culto a divinità cananee ed anche quello al Moloch: a questo Menashè sacrificò un figlio. Gravi violenze furono anche commesse per ordine del re o col suo consenso. È probabile che queste siano state compiute contro gli oppositori alle tendenze del re, ed una tradizione, non riportata nel racconto biblico, riferisce che egli fece mettere a morte il profeta Isaia. Menashè diventò un simbolo di pervertimento morale e religioso.
Politicamente, Menashè continuò ad essere vassallo dell’Assiria e il suo nome figura come tale anche in iscrizioni dei re assiri Asarhaddon e Assurbanipal. Secondo una notizia data dal libro Divrè Hayamìm, egli fu condotto prigioniero in Babilonia e, ritornato, si pentì del male fatto, lottò contro l’idolatria e compì opere di fortificazione. A Menashè successe il figlio Amon, che regnò solo due anni (635-634 circa) e fu ucciso da una congiura, che non sappiamo a che cosa mirasse. Di Amòn null’altro ci è noto, se non che fu fautore dell’idolatria.
Yoshiyàhu
Yoshiyàhu (Giosia) figlio e successore di Amòn, aveva appena otto anni quando fu ucciso il padre, e quindi ci dovette essere di nuovo un periodo di reggenza. Diventato adulto, seguì le orme di Ezechia e lottò contro l’idolatria e il culto fuori del Tempio di Gerusalemme. Questa sua tendenza fu poi coadiuvata dal fatto che, dopo che durante il regno dei suoi immediati predecessori la Torà era stata trascurata e quasi del tutto dimenticata, essendone stata ritrovata una copia nel Tempio, essa o una parte di essa venne letta solennemente; i profeti, tra cui anche una donna, Chuldà, trassero occasione dall’avvenimento per ammonire il re ed il popolo, e questo si impegnò ad osservare la Torà. Ciò avvenne nel 18° anno di Yoshiyàhu (621 circa). L’attività di Yoshiyàhu nel campo spirituale si estese anche ai residui del regno del nord, nel territorio del quale andava indebolendosi l’autorità dell’Assiria che dopo la morte di Assurbanipal era entrata in un periodo di decadenza. Durante il regno di Yoshiyàhu, alcuni anni prima del ritrovamento della Torà, si iniziò il ministero profetico di Yirmiàhu. Yoshiyàhu morì in guerra contro il re d’Egitto Nechò, al quale, diretto in Mesopotamia dove, a quanto pare, voleva prestare aiuto all’Assiria ormai ridotta agli estremi dopo la caduta di Ninive (612) e minacciata dalla Babilonia, Yoshiyàhu tentò di impedire il passaggio. Lo scontro ebbe luogo a Meghiddò dopo che il re d’Egitto tentò inutilmente di persuadere Yoshiyàhu a lasciarlo passare. L’esercito di Yehudà fu sconfitto: il re, gravemente ferito, morì durante il tragitto verso Gerusalemme (609).
Gli ultimi re e la caduta del regno
a) Yoachàz, Yoyakìm e Yoyakhìn
A Yoshiyàhu successe il figlio secondogenito Yoachàz; ma Nechò, avuta notizia di questo, mentre proseguiva il suo viaggio, lo depose, lo mandò prigioniero in Egitto e nominò in suo luogo il primogenito Elyakìm a cui cambiò il nome e gli diede quello di Yoyakìm, di uguale significato; al regno impose un grave tributo. Durante il regno di Yoyakìm, che da quanto ne dice il profeta Yirmiàhu appare fosse un cattivo tiranno, cessò l’effetto dell’opera spirituale di suo padre. Intanto, caduta l’Assiria, le potenze dominanti in Oriente erano Egitto e Babilonia, e nel regno di Yehudà si formò un forte partito che mirava ad appoggiarsi all’Egitto, e a questo, come a tutte le tendenze ad allearsi con lo straniero, erano contrari i profeti, e in modo particolare Yirmiàhu. Comunque il regno era in grave pericolo; ma ciononostante si era formata in una parte del popolo la convinzione che Dio non avrebbe mai permesso la rovina del Suo Tempio, e per questo, indipendentemente dalla condotta del popolo, avrebbe salvato la città e lo stato: contro questa idea insorse Yirmiàhu, che accentuò che solo la fedeltà a Dio e alla Sua legge avrebbe salvato la nazione, e che fece capire che, ormai, quasi ogni speranza era perduta.
Dopo la battaglia di Karkemish (605) nella quale Nechò fu sconfitto da Nabucodonosor, figlio e poi successore di Nabopolassar, re caldeo di Babilonia, non vi era più dubbio che questa sarebbe stata la potenza dominante in Oriente e che da questa era seriamente minacciato il regno di Yehudà; ma per qualche anno questo rimase tranquillo e indipendente. Più tardi divenne tributario della Babilonia e, secondo la notizia fornita dal libro Divrè Hayamìm, Nabucodonosor, diventato re di Babilonia, imprigionò Yoyakìm e depredò il Tempio, forse perché il re tendeva ad appoggiarsi all’Egitto. In seguito Yoyakìm fu liberato, ma ormai il regno di Yehudà aveva perduto la sua indipendenza. Il profeta Yirmiàhu, sempre avverso all’alleanza con l’Egitto, fu perseguitato e imprigionato da Yoyakìm e, poco mancò non fosse messo a morte, come furono uccisi altri che la pensavano come lui. Ma, anziché le parole di Yirmiàhu, furono ascoltate quelle dei falsi profeti, e finì per scoppiare (597 circa) una ribellione contro la Babilonia. Nabucodonosor mandò contro il regno di Yehudà schiere di Caldei coadiuvate da schiere di altre popolazioni ostili a Yehudà, che è da ritenersi recassero danni al paese. Più tardi intervenne Nabucodonosor stesso e frattanto morì Yoyakìm (597) e gli successe il figlio Yoyakhìn. Questi si arrese e fu deportato prigioniero in Babilonia, dopo tre mesi di regno, insieme con molte migliaia di possidenti e artigiani e fra essi il profeta Yechezkèl. Il Tempio venne depredato, Nabucodonosor mise sul trono Mattanià figlio di Yoshiyàhu, e gli cambiò il nome in quello di Tzidkiyàhu (Sedecia).
b) Tzidkiyàhu e la fine del regno. La distruzione del Tempio, la deportazione
Tzidkiyàhu, ultimo re di Yehudà, fu uomo debole che, anziché dirigere il regno si lasciò trascinare: personalmente devoto a Yirmiàhu, lo lasciò perseguitare e non fece seguire i suoi consigli. Dopo la morte di Nechò, succedutogli Psammetico II, si formò una lega antibabilonese appoggiata da questo, e il regno di Yehudà vi ebbe parte importante. Yirmiàhu, in occasione di una riunione dei re alleati tenutasi a Gerusalemme, dichiarò apertamente che non ci si poteva sottrarre al dominio babilonese, ma non fu creduto. L’Egitto non diede alcun aiuto alla lega. Tzidkiyàhu dovette recarsi in Babilonia, forse per giustificare la sua condotta. Morto Psammetico e succedutogli Chofrà, questi iniziò delle operazioni in Fenicia: Nabucodonosor decise allora di intervenire e dopo qualche incertezza mosse contro il regno di Yehudà. Il suo esercito lo invase e, impossessatosi di ’Azekà e Lakhìsh, mise l’assedio a Gerusalemme (10 tevèt 588). Degli avvenimenti militari del tempo si ha notizia, oltre che dai racconti biblici, da quelli di cronache babilonesi, da lettere, scritte su cocci, in lingua ebraica che si trovarono nel luogo dove era Lakhìsh (ostraka di Lakhìsh) In essi è menzionato un profeta, che alcuni identificarono con Yirmiàhu. Durante l’assedio, che durò circa un anno e mezzo, molti speravano nell’Egitto e pochi credevano a Yirmiàhu che continuava ad annunziare la caduta della città, e che per questo fu imprigionato. Certo che la rovina del suo popolo non sarebbe stata definitiva, diede prove della sua fiducia acquistando, mentre era in prigione e la città era assediata, un campo che si trovava in ‘Anatot, suo paese natale, nei pressi di Gerusalemme.
L’avvicinarsi di un esercito egiziano, diretto, a quanto pare, contro la Fenicia, indusse i Babilonesi a lasciare l’assedio di Gerusalemme per muoversi contro di esso e ciò produsse grande gioia ed alimentò grandi speranze nella popolazione della città, nonostante le previsioni pessimistiche di Yirmiàhu. Ma queste si avverarono: l’esercito egiziano fu sconfitto e l’Egitto abbandonò i suoi alleati. I Caldei tornarono all’assedio; Yirmiàhu consigliò la resa e non fu ascoltato. Le condizioni degli assediati, colpiti dalla fame e dalla pestilenza erano terribili; il 9 di tammùz 586 i Caldei aprirono una breccia nelle mura di Gerusalemme; il re ed altri maggiorenti tentarono la fuga verso Yerichò per un passaggio sotterraneo, ma furono scoperti e presi: il re, condotto a Rivlà, dove Nabucodonosor aveva il suo quartier generale, fu accecato dopo avere visto scannare davanti a sé i propri figli e mandato prigioniero in Babilonia dove morì. I Caldei, comandati da Nebuzaradan, spogliarono il Tempio e la reggia poi li incendiarono insieme a gran parte della città (9 av 586), molti ufficiali e persone ragguardevoli che vi erano rimasti furono presi, condotti a Rivlà e là trucidati. Il resto della popolazione, salvo la parte più misera di questa, venne deportata in Babilonia (esilio Babilonese).
Sorte degli abitanti rimasti in Giudea; Ghedalyà
Quale governatore di coloro che non furono deportati fu messo Ghedalyà, figlio di Achikàm, che fu coadiuvato da Yirmiàhu. Questi, liberato dalla prigionia, fu dapprima fatto uscire dalla città insieme ai deportati, ma poi, interpellato su che cosa desiderasse, preferì restare in patria. Ghedalyà non era visto di buon occhio dai nemici dei Babilonesi rimasti in patria; questi, accordatisi con gli Ammoniti, lo fecero uccidere, insieme a molti dei suoi fautori, da un certo Yishma’èl, appartenente alla famiglia reale (inizio di tishrì). Questi, per sfuggire ai fautori di Ghedalyà, che lo cercavano, riparò presso gli Ammoniti. Gli avversari di Yishma’èl, sentendosi privati di ogni difesa, fuggirono in Egitto contro il consiglio di Yirmiàhu che avevano interpellato, e costrinsero il profeta a seguirli.
Gli ultimi residui della popolazione della Giudea furono in gran parte deportati nel 582, e il territorio rimase quasi interamente spopolato.