Capitolo 9 – Il regno di Shelomò
Le fonti
I primi atti del re
Carattere generale del regno di Shelomò
Ordinamento dello stato
Le grandi costruzioni: a) Il Tempio; b) I palazzi reali
Ricostituzione degli stati di Edòm e di Damasco
Rivolta di Yerov’àm
Morte di Shelomò
Le fonti
Sul regno di Shelomò ci danno notizie il libro dei Re (Melakhìm) e quello delle Cronache. Nel primo di questi libri, diviso anch’esso nelle edizioni moderne in due parti, ci interessa quanto si trova fra il verso 3 del cap. 3 e la fine del cap. 11 della prima parte (1° Libro dei Re). Il libro, la narrazione del quale giunge fino all’esilio babilonese, fu composto parecchi secoli dopo l’età di Shelomò, ma si servì di fonti contemporanee ad essa, che in parte sono menzionate nel libro stesso. Fra queste sono da ricordare le cronache dei vari re e gli scritti di profeti che vissero nell’età di questi. Dinanzi all’autore dovevano trovarsi anche dei racconti biografici sull’attività dei profeti stessi. Suo scopo principale è analogo a quello del libro di Shemuèl. Quanto al libro delle Cronache, che si interessa in modo particolare di quello che riguarda il Tempio, il culto e i sacerdoti, vedi sopra. I racconti su Shelomò si trovano nei primi nove capitoli del secondo libro.
I primi atti del re
Subito dopo la morte del padre, Shelomò pensò a compiere alcuni atti tendenti a consolidare il suo regno, al quale Adonià non aveva definitivamente rinunciato. Questi, allo scopo evidente di poter vantare diritti di successione, chiese a Bat Shèva’ che intercedesse presso il figlio affinché gli fosse concessa in moglie Avishàg che aveva assistito Davìd negli ultimi giorni. Bat Shèva’ che non comprese le intenzioni di Adonià, acconsentì al suo desiderio; ma Shelomò, vedendo chiaro a che cosa tendeva Adonià, lo fece uccidere. Quanto ai suoi fautori, allontanò Evyatàr dal Santuario e da Gerusalemme e lo relegò a ’Anatòt a nord di Gerusalemme, dove aveva dei possedimenti. Seguendo poi le ultime raccomandazioni fattegli dal padre, mise a morte Yoàv, giustificando questo suo atto come punizione per l’uccisione di Avnèr e di ’Amasà. A capo dell’esercito fu nominato Benayà e a Sommo Sacerdote Tzadòk. Davìd aveva, fra l’altro, raccomandato a Shelomò di non fidarsi di Shim’ì, per quanto egli si fosse apparentemente sottomesso. Shelomò gli vietò di uscire da Gerusalemme, ed avendo egli una volta trasgredito l’ordine per inseguire uno schiavo che gli era fuggito, fu messo a morte per ordine del re. Sempre in omaggio alle raccomandazioni del padre, Shelomò beneficò i figli di un certo Barzilài, che era stato di efficace aiuto a Davìd nella sua fuga in conseguenza della ribellione di Avshalòm.
Carattere generale di Shelomò
Shelomò godè dei frutti dell’opera di Davìd, e sotto di lui il regno di Israele raggiunse il più alto grado della sua potenza e del suo splendore. Ai suoi tempi quasi non ci furono guerre, né, fino agli ultimi anni, agitazioni interne, e Shelomò rimase in rapporti di amicizia coi sovrani dei paesi vicini, rafforzandola anche con matrimoni in conseguenza dei quali ebbe un vero e proprio harem. A Shelomò è fatta colpa di avere, in conseguenza di tali matrimoni, permesso e forse anche favorito l’introduzione di culti stranieri in Israele. Specialmente degno di nota è il matrimonio con una figlia del re d’Egitto, che forse è da identificarsi con uno degli ultimi re della XXI dinastia (prima metà del secolo X a.E.V.). Shelomò ebbe fama di re giusto e sapiente. Come esempi di queste sue qualità, le fonti ci riferiscono il famoso “giudizio di Shelomò” e i suoi rapporti con la regina di Saba. Shelomò è anche indicato come autore di varie opere poetiche e scientifiche. La tradizione gli attribuisce i libri biblici dei Proverbi (Mishlè), del Cantico dei Cantici (Shir Hashirìm) e dell’Ecclesiaste (Kohèlet). Shelomò favorì di molto il commercio e la navigazione: scambi commerciali ebbero luogo specialmente con la Fenicia che fornì materiali da costruzione in cambio di prodotti agricoli; navi israelitiche giunsero in paesi lontani, non esattamente identificabili, e ne portarono oro, pietre preziose ed animali esotici. Nel regno di Israele funzionò un mercato di cavalli comprati in Egitto e venduti negli stati limitrofi. Notevole cespite di entrata per l’erario furono le tasse pagate dalle carovane che attraversavano il paese nei loro movimenti fra l’Egitto e la Siria. Shelomò ottenne, come dote portata dalla figlia del Faraone, la città di Ghèzer che era possesso del re d’Egitto ed è probabile che abbia ottenuto qualche altro territorio che non faceva parte del regno di Davìd. D’altro canto, dovette cedere al re Tiro alcune città della Galilea. Le opere più importanti e più durature di Shelomò sono il consolidamento e perfezionamento dell’ordinamento dello stato e le costruzioni, specialmente quella del Tempio di Gerusalemme, che richiesero venti anni di lavoro.
Ordinamento dello stato
L’ordinamento amministrativo dello stato, le basi del quale furono poste probabilmente, come abbiamo visto, da Davìd, venne completato e perfezionato ai tempi di Shelomò.
Il regno era diviso in dodici distretti, oltre al territorio della tribù di Yehudà, nella quale era incorporata anche quella di Shim’òn e che costituiva una parte a sé.
Ognuno dei dodici distretti era sotto un prefetto, detto nitzàv: il territorio di Yehudà era sotto un governatore netzìv. Le divisioni non corrispondevano a quelle delle antiche tribù, e forse ciò avvenne deliberatamente allo scopo di indebolire le organizzazioni di esse e di accrescere così la compattezza del regno. I criteri con cui furono stabiliti i confini dei distretti furono specialmente geografici. Ciascuno dei dodici distretti doveva fornire il necessario al mantenimento della casa reale per uno dei mesi dell’anno. Dei distretti, tre erano ad oriente del Giordano, nove ad occidente. Anche l’ordinamento dell’esercito venne perfezionato: particolare importanza assunse la cavalleria e grandi scuderie furono costruite. L’esercito comprendeva anche dei corpi di mercenari stranieri. Speciali soprintendenti furono nominati per la cura dei terreni e del bestiame del re.
Le grandi costruzioni
a) Il Tempio
Shelomò si propose di attuare il disegno non attuato da Davìd di costruire un grandioso tempio consacrato all’unico Dio. Il legname, architetti e operai specializzati vennero in gran parte forniti dalla fenicia Tiro, con il re della quale, Chiràm, Shelomò stipulò un vero e proprio contratto. Gli operai comuni, specialmente falegnami e facchini, erano costituiti da squadre di Israeliti che lavoravano a turno, passando un mese nel Libano di dove si traeva il legno e stando due mesi in casa. Il legname veniva portato via mare a Giaffa: di qui veniva poi trasportato a Gerusalemme. Vi è da ritenere che siano in rapporto con queste operazioni le costruzioni di cui sono state trovate tracce notevoli negli scavi del luogo detto Tel Kasila, a nord di Tel Aviv. Il metallo che si trovava nelle miniere meridionali veniva fuso e lavorato in forni collocati nella valle del Giordano, dove abbondava l’argilla. Con questa, a quanto pare, si costruivano stampi per gli oggetti da fondersi. La pietra si trovava senza difficoltà nei monti intorno a Gerusalemme. Come sede del Tempio venne designato il terreno sul quale Davìd aveva costruito l’altare, a non grande distanza dalla città di Davìd. Le fondamenta del Tempio furono poste, a quanto pare, intorno al 968 a.E.V.
Il Tempio comprendeva un vestibolo (ulàm), il luogo santo (hekhàl, o kòdesh) e il luogo santissimo (Kòdesh Hakodashìm o devìr). La facciata si trovava ad est; le tre parti si succedevano da est a ovest. La lunghezza del vestibolo, a cui corrispondeva la larghezza dell’edificio, era di 20 cubiti (il cubito era lungo circa 50 cm), la sua altezza era di 10 cubiti. All’ingresso, sulla facciata, si trovavano due colonne, una a destra e una a sinistra. Dal vestibolo si passava al luogo santo, lungo 40 cubiti, largo 20, alto 30. In esso si trovavano la tavola per i pani di presentazione, dieci candelabri d’oro e l’altare dei profumi. All’estremità occidentale di questa sala si trovava il luogo santissimo, consistente in una stanza di forma cubica, con 20 cubiti di lato. In questo si trovava l’Arca che conteneva le Tavole della Legge: essa era sormontata come nel Tabernacolo del deserto, da due keruvìm in oro, rappresentanti esseri alati di cui non è conosciuta la forma precisa. Le pareti interne del Tempio erano ricoperte di tavole di cedro, con decorazioni in oro; la sala che costituiva il luogo santo prendeva luce da finestre a grate. Intorno al corpo principale dell’edificio, e addossata a questo, si trovava una costruzione a tre piani alquanto più bassa dell’edificio principale, occupata da piccole stanze. Al di fuori di questo corpo di fabbricato si trovava un recinto (chatzèr) nel quale erano l’altare per gli olocausti e la grande conca di rame, detta “mare”, che conteneva l’acqua per le abluzioni. Essa era sostenuta da 12 statue, 3 per ogni parte, in forma di tori. Il Tempio fu inaugurato con grande solennità, nei giorni successivi a quelli della festa di Sukkòt; furono offerti molti sacrifici e Shelomò pronunciò un inno e una preghiera.
b) I palazzi reali
Nelle vicinanze del Tempio, a sud di esso, Shelomò costruì una grande sala, detta la foresta del Libano, perché in essa si trovavano file di colonne di legno del cedro del Libano, la sala del trono, l’abitazione privata del re e quella di una delle sue mogli, la figlia del re d’Egitto, il tutto con grande ricchezza e splendore.
Ricostituzione degli stati di Edòm e di Damasco
Come abbiamo visto, le imprese di Davìd avevano avuto per conseguenza che gli Idumei e parte degli Aramei fossero soggetti al regno d’Israele. Ai tempi di Shelomò, un principe idumeo, Hadàd, esule in Egitto, dove aveva sposato una sorella della regina, ritornò in patria e riuscì a fondare uno stato idumeo indipendente. Ma non per questo cessò del tutto l’influenza del regno d’Israele, che continuò a possedere le miniere e a dominare sulla strada del Mar Rosso.
Anche il territorio aramaico di Damasco si rese indipendente. Un certo Rezon, fuggito dal regno aramaico di Tzovà, raccolto un esercito, si impadronì di Damasco e vi fondò un regno che, come vedremo in seguito, costituì un serio pericolo per il regno d’Israele.
Rivolta di Yerov’àm
Negli ultimi anni del regno di Shelomò scoppiò una rivolta capitanata da un certo Yerov‘àm (Yervo’àm) della tribù di Efràim, preposto a lavori di fortificazione. Le cause precise della rivolta non sono note. Essa non ebbe, per il momento, alcun risultato effettivo, però un profeta, Achia di Shilò, predisse a Yerov’àm che sarebbe diventato re di una gran parte del popolo d’Israele, che sarebbe stata sottratta alla discendenza di Shelomò in causa dell’idolatria che questi favorì o non impedì, durante il suo regno. Yerov’àm, per sfuggire a Shelomò che voleva farlo morire, riparò in Egitto presso il re Sheshak (Shoshenk) fondatore della XXII dinastia.
Morte di Shelomò
Il regno di Shelomò durò, secondo la cifra tonda fornitaci dalle fonti, 40 anni. La sua morte va dunque collocata intorno al 932 a.E.V.