Capitolo 26 – Gli Ebrei della Diaspora
Le fonti
Generalità
La diaspora egiziana: a) Condizioni degli Ebrei nel periodo tolemaico; b) Condizioni degli Ebrei nel periodo romano; c) Scrittori greci sugli Ebrei; d) La traduzione greca della Torà; e) Cultura e letteratura giudeo-ellenistica
Le altre diaspore dell’Oriente: a) Cirenaica; b) Asia Minore; c) Siria; d) Mesopotamia
Le diaspore europee: a) Grecia; b) Roma
Le fonti
Molte delle notizie che daremo si desumono, oltre che da Giuseppe Flavio, dalle opere letterarie dell’epoca di cui parleremo; altro si rileva dalle lettere dell’apostolo Paolo o da scrittori pagani, fra cui specialmente Strabone. Per l’Egitto sono pure fonti importanti la lettera di Aristea a Filocrate, il libro detto impropriamente 3° libro dei Maccabei, la relazione che lasciò Filone dell’ambasceria a Roma di cui fu capo e documenti scritti su papiri che si trovarono in vari luoghi dell’Egitto e iscrizioni.
Generalità
La diaspora ebraica andò di molto allargandosi nel tempo di cui parliamo. Lo scrittore Strabone, contemporaneo di Erode, afferma che può dirsi non vi sia paese in cui non vivano Ebrei, e Filone enumera fra i luoghi abitati da questi buona parte dei paesi dell’Asia Anteriore, dell’Africa settentrionale e dell’Europa meridionale.
Questo allargamento della diaspora è dovuto in parte a ragioni commerciali, in parte al fatto che in momenti di torbidi in Giudea alcuni credettero di trovarsi più tranquilli in altri paesi, in parte a esili forzati. In genere gli Ebrei formarono nei vari paesi delle comunità, istituirono delle sinagoghe ed altre istituzioni, godettero di autonomie interne e mantennero stretti rapporti col paese di origine. I sentimenti dei pagani, specialmente Greci, nei loro riguardi furono diversi e spesso contraddittori. In genere, il sistema di vita degli Ebrei e le loro usanze diverse da quelle degli altri popoli, la loro tendenza a non confondersi con questi suscitarono meraviglia e qualche volta anche disprezzo e odio; d’altra parte non mancarono, specialmente fra le persone più colte, coloro che ammirarono la morale ebraica, la purezza delle concezioni religiose degli Ebrei, e non furono rari i casi in cui stranieri adottarono, interamente o parzialmente, concezioni ebraiche e modo di vivere ebraico. Talvolta si verificarono anche casi di vera e propria conversione all’Ebraismo, con la quale veniva a fare parte del popolo d’Israele anche chi non vi apparteneva per nascita.
La diaspora egiziana
a) Condizioni degli Ebrei nel periodo tolemaico
La diaspora egiziana è, nel nostro periodo, di gran lunga la più notevole, per il numero dei suoi membri e la sua importanza nel campo della cultura e della letteratura. La popolazione ebraica in Egitto, già notevole anche prima della conquista di Alessandro, si fece più numerosa dopo di questa. Un numero notevole di Ebrei seguì Alessandro e si stanziò nella città che da lui prese il nome di Alessandria.
La popolazione ebraica di Egitto si accrebbe poi nei tempi in cui la Palestina era soggetta al regno d’Egitto, sia per immigrazioni volontarie e sia per trasferimenti ordinati dal governo. Numerosi prigionieri furono trasferiti in Egitto dopo la conquista egiziana di Gerusalemme e furono ridotti in condizione di schiavi. Un notevole centro ebraico si formò in Alessandria fin dai tempi di Tolomeo I; un buon numero di Ebrei fu messo a guardia di fortezze egiziane, come del resto già era avvenuto anche ai tempi della dominazione persiana. In Alessandria godevano di autonomia locale; avevano un proprio capo e parecchie sinagoghe fra cui una assai rinomata per la sua vastità e per il suo splendore; gli Ebrei occupavano quartieri speciali della città.
Tolomeo II Filadelfo affrancò gli Ebrei che erano stati resi schiavi al tempo del suo predecessore. Egli si mostrò in genere favorevole agli Ebrei, soprattutto per ragioni politiche, per indebolire il partito favorevole ai Seleucidi in Palestina. Ai suoi tempi fu eseguita la traduzione della Torà in greco. Il rifiuto del Sommo Sacerdote Onia di pagare il tributo all’Egitto ebbe per conseguenze che la condizione degli Ebrei in questo paese peggiorasse ai tempi di Tolomeo III Euergete (247-222). Di vere e proprie persecuzioni si hanno notizie ai tempi di Tolomeo IV Eupatore (222- 205) e di Tolomeo VII Fiscone (169-116). Di uno di questi re (la tradizione è incerta) si narra che fece radunare gli Ebrei nel circo aizzando contro di loro gli elefanti, ma che gli Ebrei furono miracolosamente salvati.
A Leontopoli esisteva, a partire dalla metà circa del sec. II, un tempio, fondato da un sacerdote di nome Onia, fuggito in Egitto da Gerusalemme. In esso, costruito a imitazione di quello di Gerusalemme ma più piccolo e modesto, si offrivano sacrifici, ed esso continuò a funzionare fino a circa tre anni dopo la distruzione di quello di Gerusalemme. Gli Ebrei d’Egitto presero parte a tutti i rami di attività del paese; ma si mantennero in genere fedeli alle norme della vita ebraica. Essi però abbandonarono l’uso della lingua ebraica non solo per le conversazioni ordinarie, ma perfino nella liturgia, e questa fu una delle ragioni che resero necessaria la traduzione della Torà in greco.
b) Condizione degli Ebrei nel periodo romano
La situazione giuridica ufficiale non subì gravi modificazioni col passaggio dell’Egitto sotto il dominio romano, ma si fece di mano in mano sempre più sentire il contrasto fra la popolazione greca e quella ebraica dovuto, oltre al fatto che i Greci non considerarono mai gli Ebrei come aventi diritti uguali ai loro, a ragioni di concorrenza commerciale e alla circostanza che in genere gli Ebrei si mostrarono nei primi tempi favorevoli a Roma, mentre i Greci sopportavano malvolentieri il loro dominio. Gravi disordini scoppiarono in seguito all’ordine dell’imperatore Caligola di porre la sua effige nelle sinagoghe affinché gli fossero tributati onori divini. Il rifiuto degli Ebrei diede occasione ai Greci di invadere e profanare sinagoghe e di commettere atti di grave violenza e, data la ragione di questi loro atti, essi furono anche sostenuti dai rappresentanti del governo romano che minacciarono di privare gli Ebrei dei loro diritti. Una ambasceria di Ebrei e una di Greci, presiedute la prima da Filone e la seconda da Apione, uno dei più fieri nemici degli Ebrei, si presentarono all’imperatore: questi, naturalmente, si mostrava male intenzionato verso gli Ebrei, ma fu ucciso mentre le trattative erano in corso. Il successore di Caligola, Claudio, si mostrò più mite verso gli Ebrei e cercò di mettere la pace fra gli Ebrei e i Greci, ordinando ai primi di non pretendere più di quello che era stato loro concesso e ai secondi di non commettere eccessi contro gli Ebrei. Durante l’impero di Nerone si ebbero nuovi disordini in Alessandria, specialmente dopo che la controversia sorta a Cesarea venne risolta in modo favorevole ai Greci. In una riunione di Greci ad Alessandria fu deciso di inviare a Roma un’ambasceria che chiedesse che gli Ebrei fossero privati dei loro diritti. Alcuni Ebrei riuscirono a entrare nel luogo della riunione e questo suscitò nuovi disordini, a cui prese parte l’apostata Tiberio Alessandro. La conclusione fu che il quartiere ebraico venne distrutto, e molte migliaia di Ebrei furono uccisi (67 E.V.). Altre agitazioni, suscitate da profughi ebrei, stavano per scoppiare dopo la distruzione del Tempio e la caduta di Masada. Ma i maggiorenti della città riuscirono a calmare gli animi, e gli istigatori della rivolta furono consegnati ai Romani e crudelmente puniti, dato che non vollero fare atto di sottomissione a loro.
c) Scrittori greci sugli Ebrei
I contatti fra Ebrei e Greci che ebbero luogo in Egitto indussero gli scrittori greci, che nell’età ellenistica vi si trovarono in numero notevole, accolti dai Tolomei, a interessarsi della storia, delle credenze e dei costumi degli Ebrei. Essi raccolsero notizie, ma per lo più non si fondarono su fonti serie e degne di valore, ma su dicerie e impressioni. Fra questi scrittori sono specialmente da ricordare lo storico Ecateo di Abdera e il filosofo Aristobulo. In genere essi videro nell’Ebraismo un sistema filosofico e cercarono di metterlo in rapporto con la filosofia greca. Alcuni scrittori mostrarono aperta antipatia per gli Ebrei e diffusero sulle loro origini e in genere su di loro leggende maligne e prive di qualsiasi valore storico. Fra questi ricorderemo Manetone e il già ricordato Apione. Di tutti questi scrittori non abbiamo le opere originali, ma solo frammenti citati da autori più tardi.
d) La traduzione greca della Torà
Fatto di eccezionale importanza per la diffusione della conoscenza dell’Ebraismo nel mondo pagano fu la traduzione della Torà in greco, avvenuta durante il regno di Tolomeo II Filadelfo. Essa, a quanto pare, fu desiderata sia dai Greci che sentivano il bisogno di conoscere direttamente quella Legge di cui sentivano parlare ma che non potevano leggere perché scritta in lingua a loro del tutto sconosciuta, sia dagli Ebrei d’Egitto che avevano cessato di usare abitualmente la lingua ebraica, avevano adottato la lingua greca e non erano più tutti in grado di comprendere la Torà nel suo testo originale. Si narra che la traduzione fu compiuta da 72 dotti ebrei fatti venire in Egitto appositamente da Gerusalemme per desiderio del re d’Egitto che si rivolse a questo scopo al Sommo Sacerdote. In seguito, in vari tempi, la traduzione della Torà fu completata con la traduzione degli altri libri biblici. Questa traduzione, che ci è conservata, è nota col nome di traduzione dei Settanta.
e) Cultura e letteratura giudeo-ellenistica
Parallelo all’interesse dei Greci colti per le cose ebraiche è l’interesse di Ebrei colti per la letteratura greca. Così in Egitto nel tempo di cui ci occupiamo fiorisce, per opera di autori ebrei, una letteratura, che in quanto ci è nota è di argomento ebraico, e si propone o di mettere in buona luce gli Ebrei e l’Ebraismo agli occhi dei Greci, o di mostrare agli Ebrei imbevuti di cultura greca e tendenti all’assimilazione che la civiltà e le dottrine ebraiche non sono per nulla inferiori ai prodotti della cultura greca, o di fornire materiale di istruzione ebraica a quegli Ebrei che non erano in grado di intendere i prodotti della letteratura ebraica. Il complesso di queste opere si suole designare come letteratura giudeo-ellenistica, e alcune di esse sono state aggiunte da gruppi di Cristiani alla collezione dei libri biblici tradotti in greco, e così entrate a far parte dei libri sacri di quei gruppi.
Tra queste opere ricorderemo: quella sull’insurrezione maccabaica, di Giasone di Cirene, della quale ci è giunto un compendio che giunge fino alla vittoria di Yehudà Maccabeo su Nicanore nel 2° libro dei Maccabei, che è considerato libro sacro dai Cattolici; il racconto, storico o leggendario, della persecuzione di Tolomeo IV Eupatore in un libro designato impropriamente come 3° libro dei Maccabei; un trattato filosofico, generalmente conosciuto col nome di 4° libro dei Maccabei, che prendendo occasione da un episodio dell’epoca delle persecuzioni di Antioco, narrato nel 2° libro dei Maccabei, vuole dimostrare la prevalenza della ragione sulle passioni; il libro della Sapienza di Shelomò, o alcune parti di esso. Questo libro contiene considerazioni di carattere morale, elogi della sapienza e spiegazioni omiletiche sull’uscita dall’Egitto.
Secondo la quasi totalità degli studiosi, appartiene alla letteratura giudeo-ellenistica la lettera di Aristea al fratello Filocrate nella quale si narra, fra l’altro, della traduzione greca della Torà, si dà descrizione di Gerusalemme e del Tempio e si riferiscono spiegazioni date dal Sommo Sacerdote El’azàr agli ambasciatori di Tolomeo Filadelfo su alcuni riti ebraici e le risposte date dai traduttori della Torà ai quesiti del re Tolomeo. L’autore di essa si presenta come greco di Egitto, che faceva parte dell’ambasciata mandata dal re d’Egitto al Sommo Sacerdote per chiedergli traduttori della Torà, ma si ritiene generalmente, come detto sopra, che si tratti di una finzione letteraria, e che il vero autore sia un Ebreo. Nelle spiegazioni date dal Sommo Sacerdote ha parte notevole il sistema di interpretazione allegorica della Torà, nella quale si segnalò in modo speciale il filosofo Filone Alessandrino, autore di numerose opere di argomento ebraico scritte in greco, in buona parte conservate, oltre che della relazione dell’ambasceria a Caligola di cui egli fu capo, pure giunta a noi. Furono pure scritte in greco da autori ebrei opere storiche, drammi e poemi epici; di tutto questo ci sono giunti solo scarsi frammenti.
Posto a parte nella letteratura giudeo-ellenistica hanno gli oracoli della Sibilla ebraica, i più antichi dei quali furono scritti, a quanto pare, in Egitto nel periodo di tempo di cui stiamo trattando. Si tratta di composizioni poetiche nelle quali sono posti in bocca alla famosa indovina conosciuta col nome di Sibilla, in forma di oracolo, fatti della storia ebraica e principi della dottrina ebraica. Notevole è in essi la mescolanza di elementi ebraici con elementi pagani, dato che la Sibilla è pagana, e l’autore è, a quanto pare, ebreo.
Le altre diaspore dell’oriente
a) Cirenaica
La diaspora egiziana si estese anche verso occidente in Libia e particolarmente in Cirenaica. Nelle città di Cirene e Berenice si formarono delle comunità ebraiche che godevano di autonomie locali. Tentativi di funzionari romani di limitare i diritti degli Ebrei furono vanificati dall’imperatore Augusto: essi furono esplicitamente autorizzati da questo a raccogliere denaro per Gerusalemme. Dopo la distruzione del Tempio si ebbero in Cirenaica delle agitazioni di Ebrei contro i Romani. Il capo dei rivoltosi, Yonatàn, fu portato a Roma in catene e là bruciato vivo. Del fiorire della cultura greca fra gli Ebrei di Cirenaica è documento l’opera di Giasone di Cirene.
b) Asia Minore
In parecchie città dell’Asia Minore e delle isole vicine si trovavano comunità ebraiche almeno a partire dall’età di Alessandro Magno. I Seleucidi che vi dominavano e in particolare Antioco III concessero loro diritti e autonomie, ma in pratica non sempre i Greci, che costituivano la grande maggioranza della popolazione, riconobbero questi diritti e spesso cercarono di limitarli, e in particolare di impedire agli Ebrei di tenere riunioni pubbliche e di mandare offerte per il Tempio. I diritti degli Ebrei furono poi, dopo la conquista romana, sostenuti dai Romani che avevano interesse a diminuire la potenza dei Greci, della fedeltà dei quali avevano ragione di dubitare. Speciali concessioni ebbero da Giulio Cesare anche per influenza di Ircano. Fra l’altro, gli Ebrei, anche se cittadini romani, furono esentati dal servizio militare che non poteva conciliarsi con l’osservanza del sabato e delle norme alimentari. Ai tempi di Pompeo si ebbero dei tentativi di impedire la raccolta di offerte a Gerusalemme e un procuratore romano confiscò le somme a ciò destinate; ma in seguito Giulio Cesare e Augusto posero termine a questi arbitrii. Anche controversie che sorsero, ai tempi di Augusto, fra Ebrei e Greci delle isole circostanti all’Asia Minore furono risolte in favore degli Ebrei. Verso la metà del sec. I E.V., quando l’apostolo Paolo intraprese i suoi viaggi di propaganda cristiana, numerose sinagoghe esistevano in varie città dell’Asia Minore e delle isole vicine.
c) Siria
I centri più importanti di popolazione ebraica erano Antiochia e Damasco. In Antiochia, seconda per importanza, dopo Alessandria, per la diaspora ebraica, si trovava una sinagoga in cui si disse fossero conservati alcuni degli arredi che Antioco Epifane aveva asportato dal Tempio di Gerusalemme. La comunità era diretta da magistrati eletti dai suoi membri, detti arconti. I rapporti fra Ebrei e Greci, prima della dominazione romana, furono in genere pacifici, e nella popolazione pagana si notò una certa tendenza all’Ebraismo, che facilitò poi l’opera dei diffusori del Cristianesimo. Scoppiata (66 E.V.) in Giudea la rivolta contro Roma, si ebbero in Antiochia avvenimenti analoghi a quello di Alessandria. I disordini furono iniziati da un apostata, Antioco, figlio di uno degli arconti, che sparse calunnie contro il padre e la comunità intera. La popolazione greca insorse contro gli Ebrei: molti furono uccisi o costretti a offrire sacrifici alle divinità pagane; coloro che si rifiutarono furono uccisi come ribelli. I Romani sostennero i nemici degli Ebrei. Scoppiato in Antiochia un grave incendio, Antioco accusò gli Ebrei di averlo provocato. Dalle indagini risultò poi che gli incendiari erano dei debitori che avevano lo scopo che venissero distrutti i documenti delle loro obbligazioni. Durante una visita dell’imperatore Tito in Antiochia, dopo la distruzione del Tempio, la popolazione pagana che lo acclamò chiese l’espulsione degli Ebrei, come nemici di Roma, da Antiochia e la distruzione di tavole di rame in cui erano incisi i loro diritti, ma Tito non acconsentì.
A Damasco è ricordata l’uccisione a tradimento di molti Ebrei quando (66) si sparse la notizia della sconfitta di Cestio Gallo.
d) Mesopotamia
La Mesopotamia, e specialmente la Babilonia è, come sappiamo, la sede della più antica diaspora ebraica. Esso fu l’unico dei paesi già appartenenti all’impero dei Seleucidi che non cadde in potere dei Romani: caduti i Seleucidi, vi dominarono i Parti sotto la dinastia degli Arsacidi.
Poco si sa degli Ebrei là residenti. Ircano, privato del regno e del sacerdozio, vi fu deportato, accolto con grande onore e nominato capo degli Ebrei là residenti. Di origine babilonese era Hillèl. Le comunità ebraiche principali erano quelle di Nearde‘à e di Nisibis (Nitz’vìn###). I rapporti fra gli Ebrei babilonesi e quelli di Èretz Israèl furono sempre vivissimi, e i primi solevano mandare al Tempio di Gerusalemme offerte sotto la scorta dei Parti. In Babilonia non si diffuse la cultura greca e le tradizioni ebraiche vi rimasero pure e intatte. Secondo un racconto che, a quanto pare, contiene elementi leggendari, ma che deve avere una base storica, due fratelli, Asineo e Anileo, sotto gli auspici del re Artabano III (12-41), riuscirono a dominare come sovrani indipendenti nella città di Nearde‘à (25-40). Caduto il loro dominio, gli Ebrei furono perseguitati e cercarono rifugio in Seleucia, dove furono in gran parte sterminati dai Greci e dai Siri. Si narra pure che Izate, re di Adiabene, vassallo dei Parti, e sua moglie Elena si convertirono all’Ebraismo. Essi e i loro successori, tra cui Munbaz, furono in vivi rapporti con gli Ebrei di Èretz Israèl, li aiutarono e fecero doni al Tempio.
Le diaspore europee
a) Grecia
L’origine della diaspora ebraica in Grecia si deve, a quanto pare, a prigionieri di guerra che vi furono deportati durante le guerre dei primi Asmonei, intorno alla metà del sec. II a.E.V. La popolazione ebraica aumentò in seguito alla conquista romana e specialmente dopo le conquiste di Pompeo in oriente. Nel I sec. E.V. esistevano sinagoghe in parecchie città come Atene, Corinto, Salonicco, Filippi.
b) Roma
Quando e perché si siano per la prima volta stanziati gli Ebrei in Roma non sappiamo: è probabile esistessero già Ebrei quando Yehudà Maccabeo vi mandò i suoi ambasciatori. Ragioni politiche, dopo che in seguito a questa ambasceria si fecero vivi i rapporti fra Roma e la Giudea, e ragioni di commercio aumentarono poi la popolazione ebraica di Roma.
Da una notizia poco chiara di uno storico romano pare risulti che, quando Shim’òn asmoneo vi mandò i suoi ambasciatori, furono espulsi da Roma dei commercianti ebrei che forse vi facevano propaganda religiosa. Gli Ebrei divennero numerosi in Roma dopo che Pompeo ebbe conquistato Gerusalemme e vi portò prigionieri di guerra che furono venduti come schiavi e poi affrancati. Essi si stanziarono in Trastevere e vi costituirono una comunità. Gli Ebrei, ai tempi di Giulio Cesare, furono esentati dalla disposizione generale che vietava in Roma le riunioni pubbliche dei seguaci di culti orientali. Il numero e l’importanza degli Ebrei in Roma in quel tempo è dimostrata dal fatto che quando, nel 59, Cicerone prese le difese di Valerio Flacco, accusato di essersi appropriato del denaro degli Ebrei dell’Asia Minore destinato a Gerusalemme, dovette prendere delle precauzioni per evitare che gli Ebrei di Roma insorgessero contro di lui. Almeno fin dai tempi di Caligola esistevano in Roma numerose sinagoghe. La salita al potere di Erode e dei suoi successori, tutti ligi a Roma, rese i rapporti fra Roma e la Giudea ancor più frequenti e vivi, e nelle famiglie ebraiche più vicine al governo romano si andò determinando la consuetudine di mandare i giovani in educazione a Roma, e alcuni di essi poi vi rimasero.
La popolazione ebraica di Roma era però in gran parte costituita da piccoli artigiani e piccoli commercianti, in genere disprezzati e derisi dai Romani. Ciononostante anche a Roma, come in Egitto, si sentì l’influenza spirituale degli Ebrei, e non furono rari, nelle classi elevate della popolazione, tendenze verso l’Ebraismo ed anche conversioni, cose che suscitarono rimproveri e dileggi da parte di alcuni scrittori romani.
L’opposizione che, agli inizi dell’età dell’impero, incontrò l’introduzione di culti orientali a Roma, si fece sentire anche nei confronti dell’Ebraismo. È da mettersi in rapporto con questo l’espulsione da Roma, ai tempi di Tiberio, di numerosi Ebrei che furono deportati in Sardegna dove molti morirono per via del clima malsano. Sotto Caligola non pare che gli Ebrei di Roma abbiano sofferto più che il resto della popolazione per la tirannide e la pazzia dell’imperatore. Neppure sotto Nerone gli Ebrei ebbero a soffrire, e una delle mogli di lui, Poppea, mostrò simpatia per l’Ebraismo. Di espulsione o limitazione della libertà degli Ebrei in Roma si ha notizia ai tempi di Claudio, e, a quanto pare, la ragione era propaganda religiosa: va però notato che i Romani non distinguevano affatto tra Ebrei e Cristiani, e può darsi che quelli siano stati coinvolti in accuse che di fatto si riferivano a questi.
La popolazione ebraica in Roma divenne poi numerosissima in seguito alla guerra chiusasi con la distruzione del Tempio: i prigionieri di guerra che non furono uccisi o sbranati dalle belve feroci nei circhi per il divertimento della popolazione romana furono in seguito affrancati e divennero abitanti stabili della città. Tra gli Ebrei che si stanziarono in Roma occupa un posto segnalato Giuseppe figlio di Mattityàhu (Giuseppe Flavio). L’attività da lui svolta, insieme con Agrippa II, per indurre gli Ebrei alla resa, e forse anche la sua opera militare non del tutto conforme agli interessi della resistenza ebraica, gli guadagnarono il favore di Tito; egli fu accolto alla corte imperiale, ebbe il soprannome di Flavio, che indicava il suo vassallaggio alla famiglia imperiale, e si diede a scrivere parecchie opere, che, essendo scritte in greco, appartengono alla letteratura giudeo-ellenistica. Esse sono: Le Antichità giudaiche, in 20 libri, che narrano la storia degli Ebrei dalle origini ai suoi tempi; la Guerra giudaica, in 7 libri, dove, partendo dall’età dei primi Asmonei, l’autore giunge fino ai suoi tempi, diffondendosi in modo particolare sulla guerra a cui egli stesso prese parte. Quest’opera, che in ordine di tempo precede la prima, fu dall’autore originariamente scritta per gli Ebrei in ebraico o in aramaico e poi da lui stesso tradotta in greco con l’aiuto di Greci. Solo questa traduzione è giunta a noi. Nell’autobiografia, narrando la propria vita, Giuseppe Flavio si propone specialmente di giustificarsi delle accuse di ostilità ai Romani che gli erano state mosse da Giusto di Tiberiade, che scrisse delle memorie sulla guerra. L’opera di questo non ci è giunta. Lo scritto Contro Apione si propone di ribattere quello che avevano scritto contro gli Ebrei Apione ed altri scrittori greci. Alcuni attribuiscono a Giuseppe, ma a quanto pare a torto, anche l’opera designata generalmente come 4° Libro dei Maccabei. Nelle sue opere, che ci sono giunte integralmente, l’autore si rivolge al pubblico colto greco e si propone di presentare sotto luce favorevole gli Ebrei ai Romani.