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Cultura ebraica a tutto campo

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Author page: Donato Grosser

Ki Tissà. Idolatria e dura cervice

Il peccato del vitello d’oro fu perdonato grazie alle preghiere di Moshè. Moshè scendendo dal Monte Sinai, aveva visto il popolo danzare attorno al vitello d’oro e aveva fatto a pezzi le tavole della legge. Ora era necessario ricreare il legame tra l’Eterno e il popolo penitente: “L’Eterno disse a Moshè: Tagliati due tavole di pietra come le prime; e io scriverò sulle tavole le parole che erano sulle prime che spezzasti” (Shemòt, 34:1).

Ora quando Moshè salì nuovamente sul Monte Sinai per ricevere le seconde tavole, l’Eterno gli insegnò quale era la tefillà con la quale invocare la misericordia divina. Questa tefillà, oltre che nel giorno di Kippur, viene recitata dagli italiani e dai sefarditi nei giorni feriali e descrive come il Creatore opera nel mondo: “E l’Eterno passò davanti a lui (a Moshè), e l’Eterno disse: 1. L’Eterno, 2. Dio, 3. Misericordioso, 4. Magnanimo, 5. Lento all’ira, 6. Abbondante in benevolenza, 7. Verace nel mantenere le promesse, 8. Che conserva la sua benevolenza fino alla millesima generazione, 9. Che perdona i peccati commessi intenzionalmente, 10. le ribellioni e 11. i peccati commessi per errore, 12. Ma quanto ad assolvere (assolve il penitente) e 13. non assolve (chi non si ravvede), che punisce il peccato dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione (se perseverano nelle vie dei padri)” (ibid., 6-7).

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