Nel corso dell’anno nel Tempio Maggiore di Roma ci sono due momenti inconfondibili. Lo caratterizzano in modo segnato, ciascuno a modo proprio. Hosha’annà rabbà e Tish’è Beav sono impressi nella mente di ogni frequentatore del Tempio. A livello emozionale questi due momenti si trovano agli antipodi: se la gioia incontenibile di Hosh’annà rabbà ricorda, per quanto possibile, quella proverbiale del Santuario di Gerusalemme, l’intensità del lutto della sera di Tish’à beAv non è da meno. Gli stranieri in visita al Tempio spesso riconoscono di non avere mai visto un Tish’à beAv così triste. Sarete portati a dire che gli ebrei romani furono testimoni di quanto avvenne quasi duemila anni fa, e si tratta quindi di un atto dovuto. È possibile che sia così; questa idea deve però essere delineata in un modo più preciso. Non si tratta, infatti, solo di una commemorazione storica, c’è un elemento esperienziale, che è fondamentale per l’esistenza ebraica.
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