“Poi Mosè parlò a tutta la raunanza de’ figliuoli d’Israele, e disse: Questo è quello che l’Eterno ha ordinato: Prelevate da quello che avete, un’offerta all’Eterno; chiunque è di cuor volenteroso recherà un’offerta all’Eterno: oro, argento, rame” (Esodo 35:4-5). “Moshè fece…come l’Eterno aveva ordinato a Mosè” (Esodo 39:43).
L’invito ad offrire da parte di Moshè al popolo, per la costruzione del Tabernacolo, è diretto, senza intermediari (gli anziani, i capi tribù). Nel momento in cui si deve costruire il simbolo dell’unicità di D-o e del popolo ebraico, Mosè fa appello al cuore di tutti. Non è un caso che nella parashà di Vayaqel, la parola “lev/cuore” compaia sette volte. Tutti devono offrire, non importa tanto o poco, è importante che tutti offrano per sentirsi parte attiva di un progetto comune. Per questo è necessario che l’invito all’offerta sia fatto attraverso l’esempio diretto della guida. Un andante famoso ci ricorda che quando le parole escono da cuore entrano nel cuore; forse è proprio questo l’ingrediente fondamentale per aspirare a una vera e stabile unità, magari insieme a una adeguata capacità di comunicare e dialogare. Ecco come Mosè riesce ad adempiere al suo dovere di costruire il tabernacolo.
Ma perché la Torà, quando conferma che Mosè aveva fatto tutto secondo quanto gli era stato comandato dal Signore, non usa un pronome (“come l’Eterno aveva ordinato a lui”) ma ripete il suo nome per due volte? Sembrerebbe quasi che la Torà parli di una seconda persona che si chiama Mosè del quale D-o si è servito.
La risposta di Rav Elchanan Wasserman (1875-1941) è illuminante.
E’ ovvio che si tratta di un solo Mosè, ma la Torà vuole sottolineare che il nostro Maestro si sia come sdoppiato per compiere la volontà del Signore. E questo lascia un grande insegnamento.
Per ogni azione che facciamo, in ogni situazione che viviamo, c’è un prima e un dopo. Nel caso in questione, c’è un Mosè che esegue il suo dovere di costruire il Tabernacolo, grazie al contributo di tutti nessuno escluso, in modo preciso e attinente alle disposizioni ricevute, e un Mosè che a cose fatte non pretende nulla dal proprio dovere.
In effetti, è persona rara colui che non solo fa qualcosa di buono, di giusto, insomma il proprio dovere, ma che poi si mette da parte, come se l’adempimento di quel dovere non lo riguardasse più e dal quale non vuole alcun merito per se stesso. Basta essere una persona di cuore… Shabbat Shalom!