Un principio fondamentale nella Torah è che, quando compaiono una serie di nomi, chi viene ricordato per primo ha maggiore importanza di chi compare successivamente. Se è così, quando due personaggi hanno la medesima importanza, come viene espresso questo fatto? I chakhamim hanno stabilito un altro principio. E’ sufficiente che l’ordine dei nomi venga invertito, anche una sola volta, perché il peso dei due personaggi possa essere considerato paragonabile.
Per esempio il midrash stabilisce che, sebbene la Torah ricordi sempre il padre prima della madre, e in un’unica occasione, quando si parla del timore dei genitori, ricordi la madre prima del padre, questo è sufficiente per dirci che padre e madre sono paragonabili. Paragonabili, attenzione, e non uguali! Non uguali, ma dal medesimo peso, perché ciascuno di essi ha dei caratteri distintivi che lo caratterizza.
Il midrash applica questi principi alle figure di Mosheh e Aharon. Mosheh precede sempre Aharon, tranne che in un passo in cui Aharon viene menzionato per primo. Da questo possiamo apprendere che Mosheh e Aharon sono paragonabili. Il Midrash in particolare si riferisce ai vv. 26-27 del capitolo 6 di Shemot: “Sono questi Aron e Mosè che ebbero incarico dal Signore di fare uscire i figli d’Israele dall’Egitto, inquadrati nelle loro schiere. Essi sono quelli che parlarono al Faraone re d’Egitto, perché lasciasse partire i figli d’Israele dall’Egitto. Essi, Mosè e Aron.
Questi due versi pongono però delle difficoltà. Se avessimo dovuto fare il gioco della torre rispondendo a queste domande: a) fra i due fratelli, qual è quello che ha fatto uscire il popolo ebraico dall’Egitto? b) fra i due fratelli, chi è il parlatore?, le risposte sarebbero abbastanza scontate. Leggere l’ordine proposto della Torah ci stupisce non poco, poiché in precedenza (Shemot 4,16) la Torah ha destinato Aharon ad essere la bocca di Mosheh. Mosheh invece è caratterizzato dalle sue capacità profetiche.
La parashah di Shemot descrive l’incontro fra Aron e Mosheh, dopo che quest’ultimo, di ritorno in Egitto, aveva rischiato la vita ed era stato salvato dalla moglie Tzipporah (Shemot 4,27): “Il Signore disse ad Aron: va’ incontro a Mosè nel deserto. Egli andò e trovatolo presso il monte del Signore, lo baciò”.
Due mondi, profondamente differenti fra di loro, ma che si completano vicendevolmente, si incontrano e si baciano. Il midrash, per connotare questo incontro, si avvale di un verso dei Tehillim (85,11): “Bontà e verità si incontrano; giustizia e pace si abbracciano”.
Il verso ha una disposizione chiastica: gli estremi, chesed e shalom, si riferiscono ad Aharon, mentre gli elementi centrali, tzedeq e emet, a Mosheh.
Il rapporto fra pace e giustizia, misericordia e verità è stato molto esplorato negli ultimi decenni.
E’ evidente che la “modalità Aharon” favorisca i rapporti reciproci fra gli esseri umani. La “modalità Mosheh” invece è quella che permette il dialogo profetico con H.
Mosheh rappresenta il mondo della giustizia, mai disposta a scendere a compromessi, Yqqov ha-din et ha-har. Aharon è l’ohev shalom werodef shalom, il persecutore della pace per antonomasia.
Mosheh e Aharon sono uniti nell’esercizio del potere, e intraprendono il cammino assieme. Quando restano soli, iniziano i problemi. Come abbiamo visto, quando Mosheh torna in Egitto da solo, rischia la vita, per non aver fatto la milah al figlio Eli’ezer. Potremmo chiederci, che c’è di male nel non aver fatto la milah al proprio figlio? Leggendo i versetti nella parashah di Bo, che vietano agli incirconcisi di mangiare del qorban Pesach, o della pena del karet, prevista per chi non è circonciso, possiamo capirlo. Non è possibile entrare nella dimensione di un patto nazionale con H., se prima non si è passato lo stadio del patto di Avraham, che lega ogni singolo individuo di Israele ad H.
Parallelamente, quando Mosheh sale sul Sinai per ricevere la Torah e Aharon rimane solo, tutti sappiamo come è andata a finire.
Il rapporto che si instaura fra Mosheh e Aharon è ben illustrato da David ha-melekh nei Tehillim (133,1-2): “Canto dei gradini. Di David. Ecco com’è bello e com’è soave che i fratelli se ne stiano uniti insieme. L’accordo tra di loro è come l’olio profumato cosparso sul capo, che scende sulla barba, sulla barba di Aron, che scende sui suoi abiti”. I fratelli, Mosheh e Aharon, vengono paragonati all’unione fra la testa e il cuore, fra l’intelletto e il sentimento. L’olio scende dalla testa alla barba, e di lì al cuore. Mosheh è il cervello, colui che guida Israele per mezzo della Torah. Aharon è invece colui che sente pulsare il cuore di Israele per mezzo delle pietre del pettorale, che sono sul suo cuore e rappresentano tutte le tribù.
Introducendo le mitzwot relative al qorban Pesach la Torah ci dirà che il discorso uscirà congiuntamente da Mosheh e Aharon. Nel midrash R. Shim’on Bar Yochai dirà che questo modo di esprimersi, essendo fisicamente impossibile che due individui parlino perfettamente all’unisono, deriva dal rispetto reciproco fra i fratelli. Perché due opposti possano convivere e completarsi è indispensabile che questi si stimino. La stima reciproca fra Mosheh e Aharon è il sentimento che ispira nel popolo ebraico il rispetto delle proprie guide, e in questo modo tutti onorano H.