Il numero 20 di Torat Chayim, con alcune repliche nel numero successivo, ospita una lettera, risalente al 1961, su un tema ancora attuale nelle comunità italiane, quello della compresenza di uomini e donne sotto il tallit durante la birkat kohanim. L’autore della lettera considera questo comportamento “profanazione del Nome divino” e “qualcosa analogo all’immoralità”, e per questo invita Rav Artom a spigare l’importanza della separazione di uomini e donne durante la tefillah.
Non nascondo che arrivato a Torino questo comportamento non mi è passato inosservato, pur avendolo già incontrato, in proporzioni molto minori, in alcune sinagoghe a Roma. Rav Artom inviò la lettera, per fornire le proprie osservazioni personali ad uno dei parnasim del Tempio Italiano di Gerusalemme, che rispose di aver ritenuto giusto non intervenire, pro bono pacis, per modificare quest’uso che “è continuato, generalmente in modo assai limitato”. Rav Artom dal canto suo spiega alcuni aspetti importanti sull’evoluzione dell’uso e sulla sua liceità: a) riconosce sì l’esistenza dell’uso, ma scrive altresì che “nessuno dei Maestri lo faceva”; b) l’uso di mettere la mano in testa ai figli arriva dai sefarditi, che si sono sempre ben guardati da mettere uomini e donne sotto il tallit assieme; c) Rav Artom personalmente ricorda, in qualità di Parnas del Tempio, di aver ripreso qualcuno per via di questo comportamento; alcune volte, perché sfuggitogli o in quanto impossibilitato poiché troppo lontano, non è intervenuto; d) descrivendo questo fenomeno non è corretto parlare di “status quo”, come il parnas fa, e anche se così fosse sarebbe opportuno staccarsene, dal momento che si tratta di un comportamento che lede i sentimenti di certe persone e di certi gruppi.
La lettera suscitò varie repliche e nel n. 21 venne pubblicata la lettera della S.ra Germana Sinigallia di Ramat Gan. Riporto solo alcune delle sue argomentazioni: secondo lei l’autore della lettera si sarebbe dovuto informare circa questa usanza che trovava strana, in quanto sapeva di essere in una sinagoga di ‘olim dall’Italia, che hanno le loro usanze, “che per secoli i nostri Rabbini hanno permesso”. Per giustificare il comportamento adduce l’uso di ammantare gli sposi sotto il tallit durante il matrimonio. Rav Artom scrisse in risposta alcune note. Questi i punti principali: a) l’uso è quello di separare i sessi durante la tefillah, e anche la birkat kohanim che è parte di essa. Questo uso deve essere rispettato da tutti, senza distinzione di sesso, in quanto si tratta di una separazione fra i sessi durante la preghiera, e non un dispositivo volto ad allontanare la donna all’interno della società; b) l’uso di mescolare uomini e donne durante la birkat kohanim “non è antico né sacro, ma è solo una delle deviazioni degli ebrei italiani dalla regola”. Vari rabbini italiani si sono dichiarati contrari a questo comportamento. Una sinagoga di una certa ‘edah, come il Tempio Italiano di Gerusalemme, deve mantenere le usanze caratteristiche del gruppo fino a quando sono veramente tradizionali e permesse dalla halakhah, ma quando sono in contrasto con la halakhah, deve provvedere a eliminarli; c) il riferimento agli sposi è fuori luogo perché il metterli sotto il tallith non persegue lo scopo di dare loro la benedizione (uso che non ha base halakhica, e non è altro che imitazione di altre culture), ma di sostituire o accompagnare il baldacchino nuziale, che simboleggia la futura coabitazione, che è in questo caso parte essenziale del rito.