La Halakhah dice che se per causa di forza maggiore non siamo in grado di osservare una determinata Mitzwah possiamo sostituire la sua osservanza pratica mediante uno studio dettagliato delle sue regole e del suo significato. Forza maggiore può significare per il singolo individuo giustificazioni mediche, per la collettività contingenze storiche. E’ questo il caso di una Mitzwah che avremmo dovuto osservare nel Chol ha-Mo’ed di Sukkot appena trascorso se tutto il nostro popolo vivesse in Eretz Israel. In una delle ultime Parashot lette, la P. Wayelekh, sono contenute le ultime due Mitzwòt della Torah: la 613^ è l’obbligo che ciascuno di noi ha di scrivere (o fare scrivere) un Sefer Torah per se stesso. La 612^ è quella di cui oggi ci occuperemo: è chiamata dalla prima parola di un versetto Mitzwat Haqhèl (“obbligo del raduno”).
Scrive il Sefer ha-Chinnukh: “Abbiamo ricevuto la Mitzwah di radunare tutto quanto il popolo d’Israel, uomini, donne e bambini, appena concluso l’Anno Sabbatico durante la festa di Sukkot il primo giorno di mezza festa e di leggere parti del libro di Devarim alle loro orecchie… Tutto quanto il fondamento del popolo d’Israel, infatti, non è altro che la Torah. E’ questo il valore che ci contraddistingue e ci separa da ogni altra nazione e lingua, una gioia spirituale eterna che non ha pari fra le creature. Pertanto di tanto in tanto è giusto che ci raduniamo tutti quanti assieme. A quale scopo –si domanderanno le persone convocate-? Per ascoltare le parole della Torah”. La lettura era fatta dal re in persona su una tribuna appositamente allestita nel “Cortile delle Donne” del Bet ha-Miqdash (Mishnah Sotah, 7,8).
Per quale motivo la Mitzwah era eseguita solo una volta ogni sette anni e precisamente alla conclusione dell’Anno Sabbatico durante Sukkot? C’è chi lo spiega in funzione dell’Anno Sabbatico appena trascorso: l’astensione dai lavori agricoli, il senso di precarietà materiale e il livellamento sociale conseguente all’osservanza del settimo anno non possono che preludere ad un momento corale di studio (‘Aqedat Itzchaq). Altri preferiscono piuttosto metterlo in relazione non con il passato, bensì con il futuro: prima di ritornare alle normali attività produttive, allorché torna a sentirsi più forte in noi l’esigenza del guadagno, carichiamo le batterie mediante lo studio della Torah (Meshekh Chokhmah). Si studia meglio se reduci dal riposo che non dalla fatica! E’ questo anche il senso del legame con la festa di Sukkot. Le feste, affermano i Maestri, ci sono state date affinché ci dedichiamo allo studio della Torah (Yerushalmì Shabbat 15,3) e non è un caso che esse ricorrono non nell’ultimo mese dell’anno, bensì nel primo! In molte Comunità è invalso l’uso che i capi-famiglia si radunino ogni giorno di buon mattino al BHK non solo per la Tefillah, ma anche per una sessione di studio prima di recarsi ciascuno al proprio lavoro. La Torah prescrive espressamente che al “raduno Haqhèl” partecipino tutti: “uomini, donne, bambini, nonché il Gher che risiede alle tue porte, affinché ascoltino e affinché imparino e temano H. D. vostro e osservino per mettere in pratica tutte le parole di questa Torah” (Devarim 31,12). Molto inchiostro è stato versato a proposito delle quattro categorie di persone citate.
Mi limiterò ad un’osservazione. Si tratta a ben vedere di quattro approcci differenti alle Mitzwòt. Gli uomini sono tenuti all’osservanza di tutte le 613 Mitzwòt, senza eccezione e quindi la loro partecipazione al Haqhèl non suscita interrogativi. Le donne, come sappiamo, sono esenti dagli obblighi affermativi legati a un certo lasso di tempo e nel caso del Haqhel esse dovrebbero essere esonerate. La Ghemarà (Qiddushin 34a) stabilisce che ogni regola generale ha le sue eccezioni (eyn lemedin min ha-kelalòt) e il Haqhel è una di queste, come l’obbligo di mangiare Matzah la sera del Seder cui anche le donne sono tenute. I bambini al di sotto dell’età della responsabilità non sono tenuti alle Mitzwòt se non per disposizione rabbinica (in realtà rivolta ai genitori), affinché si abituino ad osservarle. Rashì al versetto, riportando un’altra Ghemarà (Chaghigah 3a), spiega che l’obbligo di far venire anche i bambini al Haqhèl è latèt sakhar li-mvieyhém, “poter rimeritare coloro che li portano”. Infine si menziona “il Gher che risiede alle tue porte”. Nel diritto talmudico si hanno due specie di Gherim. Potrebbe qui trattarsi del Gher Tzedeq (“proselita della giustizia”) che ha scelto di essere membro effettivo della nazione d’Israele e si impegna a osservare integralmente la Torah, cui è obbligato dal momento del Ghiyur (Maimonide, Hil. Chaghigah 3,6). Ma potrebbe piuttosto riferirsi al Gher toshàv o Gher ha-Sha’ar (“proselita della porta” – Ibn ‘Ezrà ad v.). Sulla definizione di questa figura intermedia oggi non più esistente discutono i Maestri, ma la Halakhah viene stabilita secondo l’opinione per cui si trattava di colui che ha accettato di osservare soltanto le sette Mitzwòt dei figli di Noach (Maimonide, Hil. Issurè Biah 14,7; cfr. anche Rashì a Devarim 14,21 che invece definisce Gher Toshàv chi ha ripudiato l’idolatria, ma non ha accolto le regole alimentari). Dante Lattes (Aspetti e problemi dell’Ebraismo, Borla, 1970, p. 44) lo definisce “un onesto cittadino del mondo, un membro della buona umanità laica vivente in terra d’Israele”. Anche costui avrebbe la prescrizione di partecipare al Haqhèl.
Quattro approcci differenti alle Mitzwòt nella vita di tutti i giorni: ma una volta ogni sette anni tutte quattro le categorie si ritrovavano insieme a Yerushalaim. Che cosa le univa? L’unica cosa che può unire il popolo ebraico: la Mitzwah di ascoltare le parole della Torah e di rafforzarsi nella Dat Emèt (“legge di verità”, Maimonide, Hil. Chaghigah, 3,1). Se ora consideriamo che il “raduno” aveva luogo durante Sukkòt, sarà interessante misurare queste quattro categorie in rapporto alla Mitzwah della Sukkah. Sappiamo che essa richiede la recitazione di due Berakhot: la Berakhah Leshev ba-Sukkah ogni volta che ci mangiamo, in cui ringraziamo H. di averci dato questa Mitzwah, accompagnata la prima sera da She-hecheyyanu, in cui Gli esprimiamo gratitudine per “averci fatto giungere fino a questo momento” dell’anno. Così si comportano gli uomini. Le donne stanno anch’esse in Sukkah, ma dal momento che non hanno l’obbligo di farlo (Sukkah 28b) è controverso se possono recitare persino la Berakhah Leshev Ba-Sukkah. Il Gher Tzedeq è tenuto a risiedere nella Sukkah a partire dal momento del suo Ghiyur, recitando la Berakhah Le-Shev ba-Sukkah (Yalqut Yossef a O. Ch. 640, n. 21). Se il Ghiyur ha luogo nel Chol ha-Mo’ed di Sukkot, reciterà She-hecheyyanu solo in quel momento e non all’inizio della festa sebbene in Sukkah sia già stato nel frattempo, perché in precedenza non aveva alcuna Mitzwah (Chidà di Livorno, Birkè Yossef a O.Ch. 637; Yalqut Yossef a O.Ch. 637, n. 2).
Cosa dire, infine, dei bambini? Mettiamo che uno di loro divenga Bar Mitzwah nel Chol ha-Mo’ed di Sukkot: quando dice She-hecheyyanu? All’inizio della festa era ancora minore e pertanto a sua volta esente dalla Mitzwah e dalla Berakhah! Ma se la recitasse quando diviene Bar Mitzwah sebbene sia già stato in Sukkah nei giorni precedenti, significherebbe sostenere che questo fatto non ha alcun rilievo. Rav ‘Ovadyah Yossef ritiene che il suo caso sia diverso dal Gher di cui abbiamo parlato. Questo ragazzo il primo anno non reciterà She-hecheyyanu affatto, neanche nel Chol ha-Mo’ed. “Se infatti molti Maestri dicono che un atto compiuto da un minore non ha alcun valore halakhico e che l’obbligo della sua istruzione religiosa incombe soltanto sul padre, c’è però chi dissente”. Non possiamo cioè rimanere indifferenti se il bambino siede in Sukkah, come se non contasse nulla. Al contrario! La Mishnah stabilisce esplicitamente che i bambini sono tenuti alla Sukkah per disposizione rabbinica a partire dal momento in cui non piangono più se la mamma non risponde immediatamente al loro richiamo (verso i 5-6 anni) e racconta della nuora di Shammay che dopo aver partorito costruì una Sukkah sopra la culla del suo neonato affinché si abituasse immediatamente alla Mitzwah (Sukkah 2,8).
Anche per quanto riguarda il Lulav la Mishnah afferma che “non appena il bambino è in grado di eseguire i movimenti prescritti, è tenuto alla Mitzwah del Lulav” (3,15) per la sua istruzione e il padre, se ne ha i mezzi, è tenuto a comperargli un Lulav personale (Shulchan ‘Arukh, Orach Chayim 657,1). Non trascuriamo l’istruzione dei nostri bambini alla Torah e alle Mitzwòt! Commentando la Mitzwat Haqhèl R. Natan Adler si domanda come tutti quei bimbi piccoli nel cortile del Bet ha-Miqdash non disturbassero la lettura della Torah fatta dal re d’Israele. In realtà proprio questa atmosfera doveva lasciare nei bambini un’impressione profonda. Abituarli fin da piccoli al servizio di H. costituisce in prospettiva un guadagno molto più significativo della perdita dovuta a qualche schiamazzo di troppo!