Digiuni
Oltre al digiuno di Kippùr, l’unico che non abbia attinenza con eventi storici, molti altri ne sono stati istituiti per ricordare i tristi avvenimenti toccati in antico agli ebrei. Se seguiamo il calendario, troviamo: 3 di Tishrì; digiuno di Ghedalià. Ghedalià, discendente della Casa di Davide, era stato nominato governatore del Regno di Giuda quando il primo Tempio di Gerusalemme fu distrutto dai Babilonesi. Egli divenne il simbolo della speranza per gli ebrei, che vedevano in lui la continuazione del loro stato e della loro indipendenza. Con l’uccisione di Ghedalià tutte le speranze si spensero e, da allora, si proclamò un giorno di digiuno per ricordare la tragedia.
10 di Tevèth; in questo giorno ricordiamo l’inizio dell’assedio babilonese a Gerusalemme e, oggi, vengono commemorati i sei milioni di vittime delle terribili persecuzioni subite dagli ebrei durante la II Guerra Mondiale, per opera di Hitler e dei nazi-fascisti.
13 di Adàr; vigilia di Purìm, ci ricorda la coraggiosa regina Ester. Ella aveva digiunato per tre giorni, invocando l’aiuto di Dio, prima di recarsi dal re Assuero ed ottenere la grazia in favore del popolo ebraico, minacciato di sterminio dal perfido Aman.
14 di Nissàn; digiunano i primogeniti. È in realtà un ringraziamento al Signore per avere salvato i primogeniti ebrei, mentre la decima piaga colpiva duramente i figli del popolo egiziano, alla vigilia della liberazione di Israele dalla schiavitù in Egitto.
17 di Tammùz, è stato istituito per ricordare vari tristi avvenimenti. In questo giorno, infatti, i Babilonesi, fatta una breccia nelle mura della città, si impadronirono di Gerusalemme. Circa 500 anni più tardi, furono i Romani ad occupare la città e da quel momento ogni sacrificio fatto nel Tempio, dovette essere sospeso. La tradizione vuole che proprio il 17 Tammùz Mosè abbia infranto le Tavole della Legge quando, sceso dal Monte Sinai, trovò il suo popolo in adorazione del vitello d’oro.
9 di Av, per la sua severità ed austerità, è il giorno che più si assomiglia a Kippùr: è come se ognuno di noi rivedesse coi propri occhi il Tempio in fiamme e Gerusalemme in rovina. In questo giorno, infatti, per ben due volte a distanza di cinque secoli, venne distrutto il Tempio di Gerusalemme: la prima, da parte dei Babilonesi, nel 586 a.E.V. e la seconda da parte dei Romani nel 70 E.V. Per ben due volte ebbe inizio così, per gli ebrei, il duro esilio, il secondo dei quali li vide disperdersi in tutto il mondo, raminghi e senza patria. Altri tragici eventi vengono ricordati in questo giorno: la caduta di Bethàr nel 135 E.V. e l’espulsione degli ebrei dalla Spagna, nel 1492.
Preghiere
Con una melodia che esprime immenso dolore e scoramento, il chazàn recita il Libro delle Lamentazioni di Geremia e le Kinòth (elegie di lutto). Queste preghiere ricordano la passata gloria di Israele e il martirio a cui si sono sottoposti i nostri fratelli che, in varie occasioni della storia, offersero la vita pur di non tradire la Fede.
I digiuni sono sempre stati osservati dagli ebrei, durante tutti questi secoli, quasi a mantenere maggiormente vivi, mentre erano dispersi nella golà, il ricordo del tempo in cui il popolo di Israele aveva una sua terra e la speranza di un avvenire migliore.
Racconta poi la tradizione che, proprio il giorno in cui il Tempio veniva distrutto dalle fiamme, nacque il Messia, quel Messia che riporterà la pace nel mondo e il Regno di Dio sulla terra.