Shavu’òth
“Conterete cinquanta giorni fino all’indomani della settima settimana ed allora presenterete al Signore un’offerta farinacea nuova (di frumento nuovo)”. “È la festa della raccolta, alla fine dell’anno, quando avrai raccolto dai campi i frutti del tuo lavoro” (Esodo XXIII, 16).
Il 6 di Sivàn (questa data non è scritta nella Torà) cade la festa di Shavu’òth (festa delle settimane), secondo dei shalòsh regalìm. Commemora la rivelazione del Signore sul Monte Sinài, per cui si chiama anche zemàn mattàn toraténu (tempo in cui ci fu data la Torà). In questo giorno Israele ha trovato, nella Legge, la sua vera libertà.
La festa dura due giorni di festa solenne (uno in Israele) e ci si arriva con un cammino di 7 volte 7 giorni, da Pésach; molti usano passare la prima notte leggendo testi biblici e le hazaròth (esposizione dei 613 precetti, 248 positivi e 365 negativi, della Torà; 248 come le membra del nostro corpo e 365 come i giorni dell’anno).
A Shavu’òth si mangiano latticini, perché la tradizione dice che lo studio della Torà ha il sapore del latte e del miele. Si dice anche che, come il bebè ha bisogno del latte per nutrirsi, così il popolo di Israele, che è “appena nato”. Nella Torà, inoltre, subito dopo la prescrizione della festa di Shavu’òth, viene quest’altra: “Non cucinerai l’agnello nel latte di sua madre” (concetto ripetuto nelle parashòth di Mishpatìm, Ki Tissà e Sheminì) Così gli ebrei si cibavano di latte, per non trasgredire alla legge.
Tefillà e Torà
La tefillà segue quella di yom tov. Il I giorno si legge il brano di Shemòth comprendente la promulgazione dei Dieci Comandamenti.
Si legge anche la meghillà di Ruth, che ricorda un episodio successo al tempo della mietitura sul campo di Boàz (Da Ruth nacque ’Odèd, nonno del re David. Questi nacque e morì proprio di Shavu’òth)
Questi sono i Dieci Comandamenti che il Signore diede a Mosé, sul Monte Sinài. Essi sono leggi fondamentali che stanno alla base di ogni civile convivenza.
I Dieci Comandamenti
“Il terzo giorno, come fu mattina, cominciarono dei tuoni e dei lampi, apparve una fitta nuvola sul monte e s’udì un fortissimo suono di tromba… Ora il monte Sinai era tutto fumante, perché l’Eterno v’era disceso in mezzo al fuoco; e il fumo ne saliva come il fumo di una fornace e tutto il monte tremava forte”. (Esodo)
Allora Dio pronunciò queste parole, dicendo:
I) Io sono l’Eterno tuo Dio, che ti trasse dalla terra d’Egitto, dal luogo ove eri schiavo.
II) Non avrai altro Dio che Me; non ti farai o adorerai alcuna immagine o figura.
III) Non pronunciare il nome di Dio invano.
IV) Ricorda e osserva il giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tua opera e nel settimo, shabbàth (cessazione), per il Signore Dio tuo non fare alcun lavoro perché in sei giorni fece il Signore il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò nel settimo giorno e affinché si riposino i tuoi animali e tu non dimentichi che tu stesso fosti schiavo in Egitto e il Signore ti liberò dalla schiavitù.
V) Onora tuo padre e tua madre affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra.
VI) Non uccidere.
VII) Non commettere adulterio.
VIII) Non rubare.
IX) Non fare testimonianza falsa.
X) Non desiderare niente di ciò che appartiene ad altri.
Nei primi quattro comandamenti (verticali) sono indicati i nostri rapporti con Dio, a Cui ognuno deve rivolgere il suo pensiero e il suo spirito.
Nel V sono indicati i rapporti fra l’uomo e la famiglia. Dal VI al X invece, sono indicati i rapporti fra l’uomo e la società che lo circonda. (orizzontali)
Col I comandamento Dio si presenta ad Israele come donatore di libertà, per affermare che solo l’uomo libero può praticare la legge del Sinài e che solo osservando tale legge, l’uomo trova il modo di conservare la sua libertà.
L’idea monotestica, che rappresenta il nucleo vitale della dottrina e della civiltà ebraica, è espressa nel II comandamento.
Dobbiamo capire la grande importanza di questa, se pensiamo che il popolo ebraico era allora circondato da popoli politeisti ed è proprio dell’ebraismo l’avere insegnato ai popoli che esiste un solo Dio, creatore dell’Universo. Il IV Comandamento ci parla del sabato. Questo giorno ricorda la creazione del mondo e va celebrato, se così si può dire, ad imitazione di quello che fece il Signore Dio dopo aver compiuto l’opera della creazione; ha lo scopo che sia concesso un giorno di riposo a tutti, è un segno del patto tra Dio e Israele. L’osservanza del sabato costituisce uno dei primi punti di quel programma di kedushà, santità, per mezzo del quale l’uomo può avvicinarsi a Dio creatore. Il profanatore del sabato è degno di gravi punizioni.
Col IV comandamento il Signore completa la descrizione dei doveri dell’uomo verso il Creatore (comandamenti verticali). Col V iniziano i comandamenti orizzontali (verso gli altri uomini). “Onora tuo padre e tua madre” è quasi a metà strada fra i comandamenti, perché onorare i genitori è quasi onorare Dio. Dobbiamo rispettare la loro volontà, mantenerli se necessario, non contraddirli.
Di non minore importanza e valore, naturalmente, è ciascuno degli altri comandamenti. Dio ce li ha dati perché ognuno di noi, osservandoli, possa mantenersi su una via di giustizia e di rettitudine: si possono chiamare di “ordine negativo”
Il VI° comandamento ordina: “Non uccidere”, questo non significa solo togliere la vita, ma anche non ferire con cattive parole e non mettere in imbarazzo qualcuno, in pubblico.
“Non rubare”, significa non solo non rubare danaro o altro, ma essere onesti negli affari; non esprimere, come fosse tua, l’idea degli altri; non farsi ringraziare per una azione buona, non compiuta ecc.
“Non fare falsa testimonianza”: non si può neppure affermare un cosa se non si è vista, ma viene solo detta da altri.
“Non desiderare quello che non hai”. Se amiamo veramente il Signore e abbiamo fiducia in Lui, dobbiamo capire che se non abbiamo qualcosa, è perché il Signore non ce l’ha concessa e non dobbiamo desiderarla. Spesso, infatti, ci accorgiamo che siamo proprio noi ad avere cose più importanti e preziose degli altri che abbiamo invidiato.
Midrashìm
I comandamenti sono rivolti dal Signore ad Israele al singolare, infatti la Torà dice che Israele si era accampato come un solo uomo e con un solo cuore per ascoltare le Sue parole.
“Prima della creazione del mondo esisteva già l’alfabeto ebraico. L’Alef, la prima lettera, era molto orgogliosa, mentre la Beth, la seconda lettera, si sentiva molto disgraziata. Allora il Signore, per consolare la Beth, creò il mondo, cominciando con la parola “Bereshìth” (In principio). La Alef si sentì molto offesa e si lamentò molto col Signore, ma poi si pentì del suo orgoglio. Allora che cosa fece il Signore? Pensò di appoggiare su Alef la Sua Legge; la Legge del pentimento e del perdono. E dal Monte Sinai, in mezzo ai tuoni e le fiamme, gridò la prima parola del primo Comandamento: “Anokhì” che comincia appunto con Alef.”
“Quando il Signore chiese ad Israele dei garanti, prima di affidar loro la Sua Legge, i nostri padri dissero che lo sarebbero stati i loro figli. Allora il Signore accettò, perché erano anime pure ed innocenti.”
“Tutti i monti rivendicavano l’onore di essere prescelti per la donazione della Torà e iniziarono a litigare fra loro: l’Araràth con il Chermòn e col Carmelo. Solo il Sinài, con molta modestia diceva: “Chi sarò io per meritarmi un simile onore?” Ma il Signore scelse proprio lui, per la sua modestia“.
“Secondo una leggenda talmudica, questa Legge era stata offerta a molti popoli, prima che ad Israele, ma nessuno l’aveva accettata, perché imponeva troppe restrizioni. All’offerta, Israele rispose, invece: “Faremo ed ascolteremo”. Da allora diciamo: “Beati noi, quanto è dolce la nostra eredità; beati noi che sera e mattina proclamiamo l’unità di Dio”.
“Èretz Israèl senza Torà è come un corpo senza anima”.
“Gli ebrei sapevano che avrebbero ricevuto la legge sul Monte Sinài, perché nell’episodio del “Roveto ardente” il Signore aveva detto a Mosè: “E servirete il Signore su questo monte.”
Narra il Midràsh che gli angeli si ribellarono, quando seppero che il Signore voleva dare la Torà al popolo di Israele. Essi infatti pensavano che questo splendido dono, rimasto nascosto per tanti anni prima che il mondo fosse creato, non dovesse essere consegnato all’uomo mortale. Il Signore allora mandò degli angeli da Mosè, perché li convincesse. E Mosè ragionò così con loro: “Voi angeli non avete bisogno della Torà, infatti non avete genitori da onorare, non avete possibilità di venir meno alla regole della kasherùth, non avete nessuna schiavitù in Egitto da ricordare, non avete il pericolo di adorare gli idoli”. Gli angeli ammisero che Mosé aveva ragione e che la Torà doveva essere data agli uomini, perché i suoi precetti erano proprio fatti per loro. Così Mosè portò ad Israele la Torà”.
Il Talmùd dice che il Signore creò l’universo alla condizione che esso durasse solo se Israele avesse accettato la Torà, altrimenti l’universo sarebbe sparito e ritornato nel nulla.
“Gli ebrei vollero conoscere il loro Re e per questo il Signore parlò direttamente a ciascuno di loro. Infatti ripeté i primi due comandamenti parola per parola, perché tutti sentissero la Sua voce. Gli altri otto invece furono trasmessi loro da Mosè”.