Il 33° giorno dell’Omer è “l’Hilula” di Rabbì Shimon Bar Yochai, il giorno della sua dipartita da questo mondo. Già Rabbì Yztchaq Luria (ARI, 1534-1572) osservava l’usanza di visitare in questo giorno la tomba di Rabbì Shimon sul monte Meron, nel nord di Israele.
Il concetto che sta alla base dell’osservanza di un “Hilula” è la Qedushà, la santità, la distinzione, o per meglio dire, l’elevato livello spirituale di un grande personaggio dal quale possiamo tutti attingere. Un “Hilula” ci offre la preziosa opportunità di ricevere una parte della grandezza spirituale del gigante al quale cerchiamo di connetterci e di legarci, attraverso il ricordo che facciamo il giorno della sua morte.
A Lag BaOmer, proviamo a connetterci con Rabbì Shimon Bar Yochai per assimilare alcuni elementi delle sue qualità uniche ed eccezionali.
È nostro dovere, quindi, imparare qualcosa di ciò che Rabbì Shimon rappresenta, le particolari Middot (caratteristiche) che ha incarnato, in modo da poter trarre ispirazione e sviluppare queste qualità dentro di noi.
Un passo talmudico (Berakhot 35b), porta l’opinione di Rabbì Shimon secondo cui una persona dovrebbe dedicarsi interamente all’apprendimento della Torah e fare affidamento su Dio per soddisfare i propri bisogni materiali. Il parere di Rabbì Shimon è in contrasto con quanto insegnava Rabbì Yishmael secondo il quale “Hanheg bahem middat derech eretz” nel senso che bisogna vivere normalmente e lavorare per mantenersi riservando, ovviamente, quantità significative di tempo allo studio della Torah. Il Talmud conclude la discussione osservando che molti hanno accolto l’opinione di Rabbì Shimon Bar Yochai, ma non sono riusciti a metterla in pratica.
La conclusione del Talmud pone l’accento sul fatto che per la stragrande maggioranza delle persone, l’approccio di Rabbì Shimon non è adatto; dedicarsi esclusivamente alla Torah, senza occuparsi per avere un sostentamento, richiede un livello talmente elevato di fiducia nel Signore, che la maggior parte delle persone non potrà mai raggiungere. Pertanto, il punto di vista di Rabbì Shimon non è respinto, ma piuttosto viene ritenuto applicabile solo da una ristretta élite di persone, con una fiducia forte e sincera nella capacità divina di provvedere loro.
Il Talmud (Shabbat 33b) narra che Rabbì Shimon fuggì con suo figlio dalle autorità romane che lo avevano condannato a morte perché non aveva mai mostrato apprezzamento al governo di Roma. Per Rabbì Shimon i romani erano malvagi, e tali rimanevano nonostante costruissero strade, ponti e terme. Quando altri diplomaticamente dimostravano stima agli oppressori, Rabbì Shimon, che diplomatico non lo era affatto, si dovette nascondere con suo figlio in una grotta, dove furono miracolosamente nutriti da un carrubo e da un ruscello d’acqua per tredici anni.
Questa era la qualità eccezionale di Rabbi Shimon: una fiducia assoluta nella capacità del Signore di provvedere a lui, la profonda consapevolezza che il nostro sostentamento dipende esclusivamente da Dio e non dal nostro duro lavoro e dai nostri sforzi. È stata proprio questa la qualità che ha permesso a Rabbì Shimon di accedere alla “pnimiyut”, alle verità più profonde della Torah.
Approfittiamo di Lag BaOmer, il giorno della fiducia, per attingere alla grande forza spirituale di Rabbì Shimon, celebriamo la sua eredità, traiamo forza dalla sua ricerca della verità. Specialmente in questi momenti, rifiutiamo di rivestirci della falsità della diplomazia e, forse, per questo potremmo aver bisogno di scappare in una grotta. Ma non sarà un male, perché ci rifugeremo con Rabbì Shimon in un mondo dove saremo nutriti dalle verità più profonde che sosterranno eternamente la nostra esistenza.
Bar Yochay ashrè haomedim al sodekha/Bar Yochay beati coloro che riescono a penetrare i tuoi misteri.