Ringrazio Rav Levi Shaikevitz e mio genero Rav Jacov Di Segni per il reperimento di alcune fonti (Rav A.M. Somekh).
Da tempi antichissimi la letteratura rabbinica paragona il dono della Torah sul Monte Sinai a un matrimonio. Questa metafora è chiaramente espressa dalla Mishnah nelle ultime parole del trattato Ta’anit commentando un versetto del Shir ha-Shirim:
צְאֶינָה וּרְאֶינָה בְּנוֹת צִיּוֹן בַּמֶּלֶךְ שְׁלֹמֹה בָּעֲטָרָה שֶׁעִטְּרָה לּוֹ אִמּוֹ בְּיוֹם חֲתֻנָּתוֹ וּבְיוֹם שִׂמְחַת לִבּוֹ (שיר השירים ג, י”א). בְּיוֹם חֲתֻנָּתוֹ, זֶה מַתַּן תּוֹרָה. וּבְיוֹם שִׂמְחַת לִבּוֹ, זֶה בִּנְיַן בֵּית הַמִּקְדָּשׁ, שֶׁיִּבָּנֶה בִמְהֵרָה בְיָמֵינוּ
“’Uscite e vedete, o figlie di Tziyon, il re Shelomoh con la corona di cui lo ha insignito sua madre nel giorno del suo matrimonio e nel giorno della gioia del suo cuore’ (Shir ha-Shirim 3, 11): ‘nel giorno del suo matrimonio’ è il dono della Torah ‘e nel giorno della gioia del suo cuore’ è la costruzione del Bet ha-Miqdash” (Ta’anit 4, 8).
Di questa personificazione vi è più di una declinazione. Secondo alcune fonti il popolo ebraico impersona lo sposo, mentre la sposa è la Torah. Nella Torah è scritto:
וַיִּתֵּן אֶל מֹשֶׁה כְּכַלֹּתוֹ לְדַבֵּר אִתּוֹ בְּהַר סִינַי שְׁנֵי לֻחֹת הָעֵדֻת
“E (D.) diede a Moshe allorché terminò di parlare con lui sul Monte Sinai le due Tavole della Testimonianza…” (Shemot 31, 18).
I Maestri del Midrash notano che la parola ke-khallotò (“allorché terminò”) è scritta senza la waw interna (scriptio defectiva), tale da poter essere messa in relazione con la parola kallah (“sposa”). Così Rashì commenta il versetto:
ככלתו. ככלתו, כתיב חסר, שנמסרה לו תורה במתנה ככלה לחתן
“La Torah gli è stata consegnata in dono come la sposa allo sposo”.
Il Midrash Tanchumà, che di questo commento costituisce la fonte, allarga il discorso a nome di R. Shim’on ben Laqish:
כַּכַּלָּה הַזּוֹ שֶׁהִיא עֲרֵבָה עַל בַּעְלָהּ וּמִתְאַוֶּה לִהְיוֹת שׁוֹמֵעַ אֶת דְּבָרֶיהָ
“…come la sposa che piace a suo marito il quale desidera ardentemente udirne le parole” (P. Ki Tissà, 16).
Ma l’immagine nuziale più frequente è quella che impegna D. in qualità di sposo e la Comunità d’Israel (Kenesset Israel) nel ruolo della Sua sposa. La Torah ci dice che presso il Monte Sinai:
וַיּוֹצֵא מֹשֶׁה אֶת הָעָם לִקְרַאת הָאֱלֹהִים מִן הַמַּחֲנֶה וַיִּתְיַצְּבוּ בְּתַחְתִּית הָהָר
“Moshe condusse il popolo fuori dall’accampamento incontro a D. e si fermarono ai piedi del monte” (Shemot 19, 17). A Sua volta “H. era giunto dal Sinai” (Devarim 33, 2). Rashì spiega che
מסיני בא. יצא לקראתם כשבאו להתיצב בתחתית ההר, כחתן היוצא להקביל פני כלה
“quando si erano mossi per fermarsi ai piedi del monte, D. era uscito incontro a loro come uno sposo esce per accogliere la sposa” (comm. ad v.).
Il Profeta Yirmeyahu ricorda come l’idillio, per così dire, sia cominciato con la liberazione dall’Egitto, allorché il nostro popolo accettò di seguire D. nel deserto:
זָכַרְתִּי לָךְ חֶסֶד נְעוּרַיִךְ אַהֲבַת כְּלוּלֹתָיִךְ לֶכְתֵּךְ אַחֲרַי בַּמִּדְבָּר בְּאֶרֶץ לֹא זְרוּעָה
“Ricordo a tuo favore la bontà della tua gioventù, l’amore delle tue nozze, allorché mi venisti dietro nel deserto, in una terra non seminata” (2, 2). Commenta Radaq:
כי כנסת ישראל נדמת לכלה ביום מתן תורה והקב”ה נדמה לחתן
“perché la Comunità di Israel è paragonata a una sposa il giorno del Dono della Torah e il S.B. è paragonato a uno sposo”.
Come è noto il motivo è alla base dell’esegesi tradizionale dello Shir ha-Shirim:
שנו רבותינו כל שלמה (דק”ל למה לא מייחסו אחר אביו כמו במשלי וקהלת) האמורים בשיר השירים קדש מלך שהשלום שלו, שיר שהוא על כל השירים אשר נאמר להקב”ה מאת עדתו ועמו כנסת ישראל … ושיר השירים קדש קדשים שכולו יראת שמים וקבול עול מלכותו
“Insegnano i nostri Maestri che tutte le volte che nel Cantico è nominato Shelomoh, dal momento che non ha il patronimico allude al Re della Pace: questo Cantico supera tutti i Cantici in quanto è rivolto al S.B. da parte della Sua comunità e il Suo popolo, la Comunità di Israel… Lo Shir ha-Shirim è Santo dei Santi perché è tutto Timor del Cielo e Accettazione del Giogo del Suo Regno” (Rashì a Shir 1, 1).
Il tema dell’accettazione della Torah è evidente fin dai primi versetti:
יִשָּׁקֵנִי מִנְּשִׁיקוֹת פִּיהוּ כִּי טוֹבִים דֹּדֶיךָ מִיָּיִן
“Volesse baciarmi con i baci della sua bocca! I tuoi amori sono migliori del vino” (1, 2) è parafrasato nell’antica versione aramaica (Targum): “Sia benedetto il Nome del S. che ci ha dato la Legge per mano di Moshe, il grande Maestro… Ci ha dato pure i sei ordini della Mishnah per tradizione orale. Ha parlato con noi faccia a faccia, come un uomo che bacia il proprio amico; tutto ciò per l’abbondanza dell’affetto con cui ci ha circondato più delle settanta nazioni”.
Il termine yayin (“vino”) ha il valore numerico di settanta. In altre fonti esso diviene metafora dei settanta modi di interpretazione della Torah Scritta, mentre gli “amici” di D. sono i Maestri della Torah Orale:
כְנֶסֶת יִשְׂרָאֵל אָמְרָה לִפְנֵי הַקָּדוֹשׁ בָּרוּךְ הוּא, עֲרֵבִים עָלַי דִבְרֵי דֹּדֶיךָ, כְּלוֹמַר תַּקָּנוֹת שֶׁתִּקְּנוּ וְגָזְרוּ הַחֲכָמִים, יוֹתֵר מִיֵּינָהּ שֶׁל תּוֹרָה, מֵעִקַּר תּוֹרָה שֶׁבִּכְתָב
“La Comunità di Israel dice al S.B.: ‘sono dolci per me le parole dei “Tuoi amici”, cioè le disposizioni stabilite dai Maestri, ancor più del “vino” della Torah Scritta” (‘Avodah Zarah 35a).
E ancora:
כְּתַפּוּחַ בַּעֲצֵי הַיַּעַר כֵּן דּוֹדִי בֵּין הַבָּנִים
“Come il melo fra gli alberi del bosco così è il mio amato fra i giovani” (Shir 2, 3).
Il Midrash si interroga: “Perché Israel è paragonato al melo? Per dirti che, come il frutto del melo precede le sue foglie, così pure Israel fece precedere ‘faremo’ ad ‘ascolteremo’ (Yalqut Shim’onì 986).
Nel matrimonio il marito garantisce alla sua consorte mantenimento e protezione, esigendo in cambio fedeltà. In realtà fin da subito la sposa-Israel tralignò, manifestandosi al di sotto delle aspettative. A seguito della trasgressione del Vitello d’Oro Moshe, che aveva assunto ruolo di mediatore
שנשאו לבו לשבור הלוחות לעיניהם, שנאמר ואשברם לעיניכם (דברים ט, י”ז), והסכימה דעת הקב”ה לדעתו, שנאמר אשר שברת (שמות לד, א.), יישר כחך ששברת (שבת פז.)
“ebbe il coraggio di rompere le prime Tavole del Patto ai loro occhi, riscuotendo l’approvazione Divina” (ultimo Rashì della Torah; cfr. Shabbat 87a). Spiega un tardo commentatore:
וכאשר זנתה כלה בתוך חופתה המה נחשבים לנבלי חרש ואין בהם קדושה מצד עצמם
“Allorché la sposa commise tradimento già sotto il baldacchino nuziale, le Tavole non poterono essere considerate più che semplici cocci, privi di qualsiasi Qedushah intrinseca” (Meshekh Chokhmah, P. Ki Tissà, 22).
Fu l’intercessione di Moshe a consentire la ripresa della relazione e la riscrittura delle Tavole. Si era trattato del primo di una lunga serie di incidenti di percorso, che tuttavia non pregiudicarono mai la tenacia del rapporto. Scrive ancora Rashì nel prologo al suo commento al Shir ha-Shirim:
ואומר אני, שראה שלמה ברוח הקודש שעתידין ישראל לגלות גולה אחר גולה, חורבן אחר חורבן, ולהתאונן בגלות זה על כבודם הראשון, ולזכור חיבה ראשונה אשר היו סגולה לו מכל העמים לאמר: אלכה ואשובה אל אישי הראשון כי טוב לי אז מעתה (הושע ב ז), ויזכרו את חסדיו ואת מעלם אשר מעלו, ואת הטובות אשר אמר לתת להם באחרית הימים. ויסד הספר הזה ברוח הקודש, בלשון אשה צרורה אלמנות חיות, משתוקקת על בעלה, מתרפקת על דודה, מזכרת אהבת נעוריה אליו, ומודה על פשעה. אף דודה צר לו בצרתה, ומזכיר חסדי נעוריה ונוי יופיה וכשרון פעליה, אשר בהם נקשר עמה באהבה עזה, להודיעה כי לא מלבו ענה, ולא שילוחיה שילוחין, כי עוד היא אשתו והוא אישה, והוא עתיד לשוב אליה
“Sono dell’opinione che Shelomoh vide con spirito profetico che Israel avrebbe patito un esilio dopo l’altro, distruzione dopo distruzione e che durante questo esilio avrebbero rimpianto la loro gloria di un tempo e ricordato l’affetto di una volta, quando erano il Suo tesoro particolare fra tutti i popoli, così da dire: ‘Torno dal mio primo Marito, perché era meglio per me allora di adesso’ (Hoshea’ 2, 9). Avrebbero ricordato i Suoi favori e le proprie infedeltà commesse e i beni che Egli aveva promesso di dare loro alla fine dei giorni. Shelomoh ha composto questo libro con spirito profetico, attraverso l’immagine di una donna ‘vedova di un marito vivente’ (cfr. 2Shemuel 20, 3), che desidera suo Marito, si aggrappa all’Amato, rammenta il suo amore giovanile per Lui e riconosce la propria colpa. Anche l’Amato si strugge per le angustie di lei e ricorda la bontà della sua giovinezza, la sua bellezza e l’integrità delle sue azioni, tramite le quali si è legato a lei con un amore forte. Le fa sapere che non l’ha afflitta per propria volontà e che il suo ripudio non è un vero ripudio: essa è ancora Sua moglie ed Egli è suo Marito e in futuro ritornerà a Lei”.
La metafora nuziale viene ripresa con forza dai Cabalisti. E’ sulla preparazione del matrimonio fra la Sefirah Tif’eret (principio maschile, la Torah Orale) e la Sefirah Shekhinah o Malkhut (principio femminile, la Torah Scritta) che essi basano la prassi di trascorrere la notte di Shavu’ot a studiare Torah:
רִבִּי שִׁמְעוֹן הֲוָה יָתִיב וְלָעֵי בְּאוֹרַיְיתָא בְּלֵילְיָא (אמור צ”ח א) דְּכַלָּה אִתְחַבְּרַת בְּבַעֲלָהּ. דְּתָנִינָן כָּל אִנּוּן חַבְרַיָא דִּבְנֵי הֵיכָלָא דְּכַלָּה אִצְטְרִיכוּ בְּהַהִיא לֵילְיָא דְּכַלָּה אִזְדַּמְנַת לְמֶהֱוֵי לְיוֹמָא אַחֲרָא גּוֹ חוּפָּה בְּבַעֲלָהּ לְמֶהוֵי עִמָּהּ כָּל הַהוּא לֵילְיָא
“R. Shim’on sedeva a studiare Torah nella notte in cui la Sposa si unisce a suo Marito. Abbiamo imparato che tutti i membri del Tempio della Sposa sono obbligati a gioire con lei questa notte in cui la Sposa si prepara a stare l’indomani sotto il baldacchino con suo Marito” (Zohar I, 8a).
חֲסִידֵי קַדְמָאֵי לָא הֲווֹ נָיְימֵי בְּהַאי לֵילְיָא, וַהֲווּ לָעָאן בְּאוֹרַיְיתָא, וְאַמְרֵי, נֵיתֵי לְאַחֲסָנָא יְרוּתָא קַדִּישָׁא, לָן, וְלִבְנָן, בִּתְרֵין עָלְמִין. וְהַהוּא לֵילְיָא כְּנֶסֶת יִשְׂרָאֵל אִתְעַטְּרָא עָלַיְיהוּ, וְאַתְיָיא לְאִזְדַּוְּוגָא בֵּיהּ בְּמַלְכָּא
“Gli antichi pii non dormivano questa notte, bensì studiavano Torah dicendo: acquisiamo l’Eredità sacra per noi e i nostri figli nei due mondi. Questa notte la Comunità di Israel viene incoronata su di essi e perviene a congiungersi con il Re…” (Zohar, III, 98a).
E’ uso in molte Comunità alle mattine di Shavu’ot leggere, al momento della levata dei Sifrè Torah, una “Ketubbah” del matrimonio fra il S.B. e la Comunità di Israel, a ribadirne il legame imperituro. Il testo è redatto secondo lo schema del contratto matrimoniale della nostra tradizione. La parola Ketubbah ha un doppio significato. Essa allude al documento che contiene le obbligazioni del marito verso la moglie, fra le quali l’impegno a mantenerla e a versarle una determinata cifra: questa è chiamata anch’essa Ketubbah in senso stretto. Nel nostro caso D. si impegna a fornire protezione alla Comunità d’Israel e in qualità di Ketubbah le dà la Torah. Narra un Midrash:
“R. Abba bar Kahana (spiegava) in nome di R. Yochanan. E’ simile a un re che sposò una donna e le scrisse un contratto matrimoniale molto dettagliato… Poi la lasciò e se ne andò in un paese d’oltremare, dove rimase per molti anni. Le sue compagne la importunavano dicendo: Fino a quando resterai desolata? Prenditi un marito finché sei giovane… Lei però entrava in casa, prendeva il contratto matrimoniale, lo leggeva e si consolava. Così, in questo mondo, i popoli importunano Israel e gli dicono: Fino a quando restate fedeli al vostro D., date le vostre vite per lui e siete uccisi per lui? Quanto dolore, quanta vergogna, quante sofferenze Egli fa venire su di voi! Venite fra di noi e vi faremo comandanti, governatori e strateghi. Ma Israele entra nelle case di preghiera e nelle case di studio, prende il libro della Torah e vi legge: ‘Camminerò in mezzo a voi, vi renderò fecondi e vi moltiplicherò, e compirò il Mio patto con voi’ (Wayqrà 26, 9) e così si consola. Quando verrà la fine, il S.B. dirà a Israel: Io Mi meraviglio di come tu abbia potuto aspettarmi per tutto questo tempo. E Israel risponderà al S.B.: S. del mondo, se non fosse stato per il libro della Torah che Tu mi hai scritto, i popoli del mondo sarebbero riusciti a distrarmi da Te. Come sta scritto: ‘Questo replico al cuor mio, per questo spero’ (Ekhah 3, 21). E così pure David dice: “Se la Tua Torah non fosse la mia gioia, sarei perduto nella mia povertà” (Tehillim 119, 92; Pessiqtà de-R. Kahanà, comm. a Yesha’yahu 51, 12; traduzione italiana di Alberto Mello).
Della Ketubbah di Shavu’ot sono attestate diverse versioni. La più nota è forse la redazione poetica che ci ha lasciato R. Israel Najara (sec. XVI). Autore di numerose composizioni (è suo il Y-h Ribbon ‘Alam che si canta di Shabbat a tavola), fu Rabbino di Gaza: di lui il Rabbino veneziano Leon da Modena ebbe a dire: “non si è levato in Israel come Israel”! In Italia rimangono alcuni manoscritti di una composizione simile con varianti. Il testo che qui traduciamo e commentiamo è tratto dal Machazor (סדר תפילות כל השנה) secondo il rito italiano pubblicato dalla Bragadina a Venezia nel 1772, parte I, f. 134ab e riferisce un uso della Scola Italiana di Ancona.
כתובה שנוהגים לומר קהל קדוש איטאלייני בעיר אנקונה יע”א בעת הוצאת ספר תורה
בחדוותא רבתא איתעביד הלולא בחתנא עילאה מלך מלכיא עם כלתא דארעא כנישתא דישראל ודין כתובתא וכן כתיב גבה
ביומא דשבתא שתיתאה לחודשא דסיון תרין אלפין וארבע מאות וארבעין ותמנייא לבריאת עולם למנין דהוו רגילין למנות פה במדברא דסין מלכא עילאה ביקריה ותוקפיה עם שכינתיה וכל פאמילייא דיליה בתר דחזר על כל אומה ולישן אם שום מנהון יבעון לקבלא ית אורייתא קדישא חולקא דאלוקא דביה איתבריאו שמיא וארעא ומשתעשע ביה כל יומא שנאמר ה’ מסיני בא וכל חד וחד בטעמא קלישא איתאחור לאחורא ולא בעו לקבל יתה אמר לה לאומה קדישא גזע ישישים בתו של אברהם אבינו מהימנא רישא דעמה אסיא דנפש אם בעית לקבלא אורייתא הדא כדת משה וישראל וכן כתיב בגווה תרי”ג מצוות. ואנא אוקיר ואזון יתיכי בקושטא רבתא ואתן עיני ביך ותהוי לי לעמא קדישא ואנא לאלקא ולכל עממיא אחלק לון להנהגא מלאכי מרומא לבר ממך דאנא אהיה פטרונך מן יומא דנן ולעלם שנאמר כי חלק ה’ עמו יעקב חבל נחלתו ויהיבנא ליכי מהריכי אורייתא דבכתב דחזיא ליכי מכל אומה ולישן וצביאת אומתא יקירא כלתא דא ואמרת נעשה ונשמע רזא דלחישא דמלאכי השרת משתמשין ביה ודא נדונייא דהנעלת ליה ריעותא וליבא דיל(י)ה לקבלא עלווה ועל בתראה אורייתא הנ”ל דנשבעה על כך שבועה חמורא דאורייתא שבשום עידן לא תשבוק מלנטור אורייתא הדא כללותיה ופרטותיה. וצבי מלכא עילאה והוסיף על המהר הנ”ל אורייתא שבע”פ משנה גמרא ספרא ספרי מכילתא דקדוקי תורה דקדוקי סופרים וכל מה שעתידין לחדש. נמצא סכום הנדונייא הנ”ל חפצה ורצונה כנ”ל ואורייתא שבע”פ לבר מדאורייתא שבכתב כנ”ל דאיהי עיקרה דכתובה. וכך אמר לה מלכא עילאה לאומה יקירא וחביבא ויחידא הנ”ל. קבילת עלי(כי) אורייתא דיהיבת ליכי , בשום זמן ועידן לא יהיבנא יתה לשום עמה אחרינא ויהיבנא ליך בשכרה חולקא לעלמא דין ולעלמא דאתי. ואע”ג דתעביד חטאין ואגלי יתיך בין האומות עם כל זה לא אשכח אהבת כלולותיך ולא אחליף ליך באומה אחרינא ואם תשתבאי אפרקינן ואותיבנך למדינתיך לארעא קדישא לסוף יומייא דחי אנכי לעולם וחסדי מאתך לא ימוש. וחומר כתובה דא קבילת עלי כחומר כל שטרי כתובות דיהווין נהוגין בישראל הנעשין ככל תקוני ודיני חז”ל דלא כאסמכתא ודלא כטופסי דשטרי
וקנינא אנן סהדי די חתימין לתתא מיד מלכא דשמיא ודארע במעמד כל פמילייא דיליה לזכות אומה רבה ויקירא ויחידא הנ”ל גזע ישישים בתו של אברהם אבינו ע”ה על כל מאי דכתיב ומפרש לעילא במנא דכשר למקניא ביה והכל שריר ובריר וקיים
שמים סהיד
ארץ סהיד
Con grande gioia è stato compiuto il matrimonio dello Sposo Eccelso, il Re dei Re, con la sposa terrena, la Comunità di Israel. Questa è la Ketubbah e così è scritto in essa:
Nel giorno di sabato[1], 6 del mese di Siwan[2] del 2448 dalla Creazione del Mondo, secondo il computo che si era usi a contare qui nel deserto di Sin[3], il Re Eccelso nella Sua Gloria e Potenza[4], con la Sua Shekhinah[5] e la sua corte[6], dopo aver domandato a ogni nazione e lingua[7] se alcuna di esse avrebbe desiderato ricevere la Santa Torah, la porzione Divina mediante la quale sono stati creati il cielo e la terra[8] e con cui (D.) si diletta ogni giorno[9], come è detto: “H. giunge dal Sinai” (Devarim 33, 2); ma ciascuna con una motivazione debole[10] arretrò e non volle accettarla[11]. (H.) disse allora alla Santa Nazione, stirpe di sapienti[12], figlia di Avraham nostro Padre fedele[13], capostipite del suo popolo, medico dell’anima[14], “se volessi accettare questa Torah secondo la Legge di Moshe e di Israel[15]; in essa sono scritte le 613 Mitzwot[16]. In cambio Io ti onorerò e ti alimenterò[17] con grande sincerità, terrò i Miei occhi su di te, diventerai per Me un popolo santo[18] e Io (sarò il tuo) D.[19] Quanto agli altri popoli, attribuirò per la loro guida angeli dell’Eccelso, mentre Io sarò il Tuo Mentore da questo giorno per sempre, come è detto: “Poiché il Suo popolo è parte di H. Ya’aqov, il territorio della Sua eredità” (Devarim 32, 9)[20]. Ti do il tuo mohar, la Torah Scritta che meriti rispetto a ogni altra nazione o lingua”[21]. Questa cara nazione, la sposa, ha accettato dicendo: “Faremo e ascolteremo” (Shemot 24, 7), la lingua segreta di cui si servono gli angeli del (Divino) Ministero[22]. E questa è la dote (nedunyà) che essa Gli reca: la sua amicizia e il suo cuore nell’accettare su di sé e i propri discendenti la suddetta Torah[23] su cui si è assunta con giuramento grave della Torah[24] (l’impegno) di non tralasciare mai di osservare questa Torah[25] nelle sue linee generali e nei suoi particolari[26]. Il Re Eccelso ha accettato a Sua volta di aggiungere al mohar suddetto la Torah Orale[27]: Mishnah, Ghemarà, Sifrà, Sifrè, Mekhiltà, precisazioni della Torah, precisazioni dei Maestri[28] e tutte le interpretazioni nuove che si daranno in futuro[29]. Risulta come somma della dote suddetta: la volontà e il desiderio di lei come sopra, la Torah Orale aggiunta alla Torah Scritta di cui sopra che costituisce la parte principale della Ketubbah[30]. Così dice il Re Eccelso a codesta Nazione onorevole, cara e unica[31]: “Hai accettato su di te la Torah che ti è stata consegnata: mai la darò ad alcun altro popolo[32]. Darò a te come ricompensa per essa una parte in questo mondo e nel Mondo a Venire. Benché commetterai dei peccati e ti esilierò fra le nazioni, con tutto ciò non dimenticherò “l’amore delle tue nozze” (Yirmeyahu 2, 2)[33] e non ti cambierò con alcun’altra nazione[34]. Se sarai presa prigioniera ti libererò[35] e ti riporterò nel tuo paese, alla terra sacra alla fine dei giorni, “perché Io vivo in eterno” (Devarim 32, 40) “e la Mia bontà da te non si dipartirà” (Yesha’yahu 54, 10)[36]. Accetto su di Me il rigore di questa Ketubbah[37] come il rigore degli altri documenti che saranno[38] in vigore in Israel, prodotti secondo tutte gli accorgimenti e le regole dei Maestri di b.m. e non come semplici dichiarazioni di intenti[39] o moduli (privi di valore).
E noi testimoni sottoscritti acquisiamo l’impegno da parte del Re del Cielo e della Terra alla presenza di tutta la Sua corte in favore della Nazione grande, cara e unica, stirpe di sapienti, figlia di Avraham nostro Padre di b.m.[40] per tutto quanto è scritto e spiegato sopra, mediante un panno atto a compiere l’acquisizione[41]. Tutto è in vigore, chiaro e valido[42].
Cielo, testimone…
Terra, testimone…[43]
[1] La regola prevede che la data venga apposta all’inizio del testo nel caso di atti privati e in calce in documenti che sono emessi dal tribunale: la Ketubbah ha, sotto questo aspetto, lo status di una scrittura privata.
[2] Il nostro testo riflette l’opinione dei Chakhamim nel Talmud (Shabbat 88a) secondo cui la Torah fu data effettivamente Shabbat 6 Siwan. Secondo R. Yossè (Shabbat 86b-87a), tuttavia, la Torah fu consegnata solo il 7 Siwan, perché Moshe, con il consenso del S.B., aveva aggiunto un giorno in più (cfr. Shemot 19, 10-15). L’iniziativa di Moshe si spiega con il fatto che il conteggio dei 49 giorni che precedettero Shavu’ot era iniziato quell’anno la mattina del 16 Nissan con il presupposto che si seguisse ancora la disposizione dei Benè Noach dopo il diluvio per cui la notte segue al giorno (Bereshit 8, 22). Una volta ammessi a ricevere la Torah i nostri Padri ripristinarono il più antico calendario della Creazione per cui la notte precede il giorno (Bereshit 1, 5) e Moshe dovette rinviare il ricevimento della Torah di un giorno affinché le giornate che lo precedettero fossero complete (temimot) anche secondo questo computo. A partire dall’anno successivo i 49 giorni furono calcolati già a partire dalla sera del 16 Nissan e Shavu’ot fu dunque fissata per il 6 Siwan (per tutta la spiegazione cfr. R. Eliahu Ki Tov, Sefer ha-Toda’à, Morashà, Milano, 2013, II, p. 40-42). Peraltro tutti concordano che la Torah è stata consegnata di Shabbat (Shabbat 86b): i Chakhamim e R. Yossè calcolano il calendario in modo differente.
[3] E’ propriamente il deserto che si stende di fronte a quello del Monte Sinai (cfr. Shemot 16, 1; 17, 1) dal quale lo separarono quattro tappe durante il viaggio dei Figli d’Israel (Bemidbar 33, 11-15). Il Talmud attribuisce al Sinai sei nomi, uno dei quali Tzin (Shabbat 89a; cfr. Bemidbar 13, 21). Un Midrash afferma che originariamente tutta l’area era chiamata Sin e la yud (val. num. 10) che trasformò la parola in Sinai fu aggiunta successivamente in memoria del dono dei Dieci Comandamenti. A sua volta il valore numerico di Sin è 120, pari al numero dei giorni che Moshe trascorse sul monte da Shavu’ot a Yom Kippur (Ba’al ha-Turim ad loc.)
[4] Cfr. Daniel 2, 37. L’espressione, che nell’ebraico post-biblico si rende bi-khvodò u-v-’atzmò, si ritrova nel testo aramaico della Hashkavah sefardita per una donna, tuttora in uso nella Comunità di Milano.
[5] Cfr. Targum Shir ha-Shirim 1, 4. Secondo la Qabbalah la Shekhinah costituisce il principio femminile della Divinità accanto a quello maschile (Eyn Sof). Conseguenza del peccato del primo uomo fu la separazione di D. dal mondo, un tempo congiunti in armonia completa. La Shekhinah si divise dall’Eyn Sof, seguì il mondo in esilio e si unì particolarmente a Israel, che con l’accettazione della Torah ebbe il compito di reintegrare l’unità perduta e rinnovare così il flusso dell’Amore Divino. Le Mitzwot furono date a Israel per compiere tale restaurazione (tiqqun) o riunificazione (yichud).
[6] Frequente latinismo da familia. Il Midrash afferma che D. era accompagnato da 22.000 angeli (Shemot Rabbà 29, 2 sulla base di Tehillim 68, 18). Un’altra fonte richiede almeno lo stesso numero di membri del popolo ebraico affinché la Shekhinah si posi su di esso (cfr. Bemidbar 10, 36 e Rashì ad loc.). I servi presenti alla Rivelazione videro più Gloria Divina dei Profeti Yesha’yahu e Yechezqel.
[7] Cfr. Daniel 3, 29; Ester 1, 22; Nechemyah 13, 24. Sifrè a Devarim 33,2: “Quando H. si rivelò per dare la Torah a Israel lo ha fatto in quattro lingue diverse: in ebraico, in latino, in arabo e in aramaico”. Endiadi frequente nella Tefillah: “Ci prescegliesti fra tutti i popoli, ci innalzasti rispetto a tutte le lingue”. Il popolo ebraico ha caratteristiche che non possono essere definite in alcuna lingua (R. Bunim da Prszischa). Il valore numerico di safah echat (Bereshit 11, 1) è leshon ha-qodesh (“lingua santa”); quando arriverà il Mashiach tutte le nazioni della terra torneranno a parlare ebraico, come dice il Profeta (Tzefanyah 3, 9): ki az ehpokh el ‘ammim safah berurah, ghematriyà di bi-lshon ha-qodesh.
[8] Cfr. Bereshit Rabbà 1, 1 sulla base del confronto con Mishlè 8, 22, dove la parola reshit (“principio”) è adoperata a proposito della Torah.
[9] Per l’espressione cfr. Shabbat 89a: רבונו של עולם חמודה גנוזה יש לך שאתה משתעשע בה בכל יום.
[10] Si noti l’allitterazione e il gioco di contrapposizione fra qelishà (“debole”) e qaddishà (“santo”).
[11] Mekhiltà Ba-Chodesh, 5; Sifrè, Devarim 343 e Rashì a Devarim 33, 2. Il comportamento dissoluto delle antiche nazioni pagane anche rispetto ai sette precetti noachidi (non uccidere, non rubare, ecc.) mostrò la loro inadeguatezza ad accogliere la Torah.
[12] Per l’espressione cfr. Mo’ed Qatan 25b; cfr. anche Iyov 12, 12.
[13] Cfr. Bereshit 15, 6.
[14] Cfr. R. Bachyè a Shemot 18, 1 (Introd. P. Yitrò) sulla base di Mishlè 15, 4 e Abrabanel a Bereshit 12, 5; Bavà Batrà 16b: מרגלית אחת היתה תלויה בצוארו של אברהם אבינו שכל חולה שרואה אותה מיד מתרפא. Anche Ben Yehoyadà’ e Chiddushè ha-Chatam Sofèr ad loc. lo intendono in riferimento ai mali dell’animo.
[15] Nella Ketubbah di un matrimonio: “Lo sposo… figlio di… dichiara a costei… figlia di… sii mia moglie secondo la legge di Moshe e di Israel” (cfr. Tosseftà Ketubbot 7, 6; 72b). L’accettazione della Torah è soggetta a sua volta alle norme della Torah stessa: il riferimento a Moshe allude alle norme vere e proprie della Torah, quello a Israel alle norme rabbiniche, ovvero alle usanze consolidate che hanno assunto valore di legge.
[16] Si specifica l’impegno richiesto, affinché lei possa accettare in piena consapevolezza.
[17] Non è scritto “coabiterò con te”, perché non si conviene al S.B., né “ti vestirò”. Quest’ultima omissione è singolare, dal momento che squalificherebbe una normale Ketubbah in quanto riguarda una delle tre obbligazioni che la Torah impone al marito a favore della moglie (cfr. Shemot 21, 10; cfr. Ketubbot 47b; Maimonide, Hilkhot Ishut 12, 2; Nachalat Shiv’ah 12, 19, 4). Nella Ketubbah poetica di R. Israel Najara è invece adoperato il termine akhasseh, sulla base di Yechezqel 16, 8.
[18] Cfr. Shemot 19, 6 e Targum.
[19] Cfr. Shemot 6, 7 e Targum.
[20] Cfr. Pirqè de-R. Eli’ezer 24; Abrabanel a Devarim 4, 19.
[21] Il mohar (cfr. Bereshit 34, 12; Shemot 22, 15-16; Devarim 22, 29) è chiamato dai Maestri e anche più avanti nel nostro testo ‘iqqar ha-ketubbah, “parte principale della Ketubbah”, ovvero la Ketubbah propriamente detta. Si tratta normalmente di una somma in denaro calcolata dai Maestri (cfr. Ketubbot 1, 2-4) dovuta dal marito alla moglie che consenta a quest’ultima, in caso di scioglimento del matrimonio, di vivere dignitosamente almeno per un certo periodo una volta venuto meno il supporto diretto del marito. E’ una condizione imposta dal tribunale e come tale obbligatoria per tutti i mariti. Per garantirne l’esazione a tempo debito, all’atto delle nozze si stipula un’ipoteca dell’intera proprietà del marito affinché la somma dovuta possa essere riscossa anche dai beni da lui alienati nel frattempo in mancanza d’altro. Nel caso della Divinità non può evidentemente trattarsi di una cessione di denaro, perché tutto Gli appartiene (cfr. 1DhY 29, 14). Al popolo d’Israel Sua sposa D. dà come vitalizio la Rivelazione.
[22] Cfr. Shabbat 88a: אמר רבי אלעזר בשעה שהקדימו ישראל נעשה לנשמע יצתה בת קול ואמרה להן מי גילה לבני רז זה שמלאכי השרת משתמשין בו דכתיב {תהילים קג-כ} ברכו ה’ מלאכיו גבורי כח עושי דברו לשמוע בקול דברו ברישא עושי והדר לשמוע
[23] La nedunyà è la seconda somma di denaro che si menziona nella Ketubbah. E’ la cifra che la sposa porta in dote e viene depositata presso il marito, il quale ne può disporre pienamente durante la vita coniugale, a patto di restituirla integralmente così come l’ha ricevuta (e per questo è chiamata anche nikhsè tzon barzel, lett. “beni del gregge di ferro”). Nel nostro caso, come si è già annotato, non ha senso parlare di transazioni economiche con la Divinità cui tutto appartiene per definizione. La Sposa-Israel reca in dote il proprio sentimento ed entusiasmo. Una volta consegnata l’adesione della Sposa alla Torah, peraltro, lo Sposo Celeste può chiederle conto del suo comportamento in ogni momento della “vita coniugale” e richiamarla alla sua volontà originaria in contrasto con le manifestazioni dell’istinto. Cfr. Rashì a Wayqrà 1, 3: כופין אותו עד שיאמר רוצה אני. Maimonide, Hilkhot Gherushin 2, 20: מאחר שהוא רוצה להיות מישראל רוצה הוא לעשות כל המצות ולהתרחק מן העבירות ויצרו הוא שתקפו
[24] Cfr. Devarim 29, 9-14; Nedarim 25a. C’è chi osserva che l’impegno per le generazioni successive è propriamente un patto (berit) piuttosto che una shevu’ah (giuramento): altrimenti per ogni trasgressione sarebbe stata comminata una punizione aggiuntiva per aver infranto il giuramento (Chazon Ish a Yoreh De’ah 2, 27).
[25] Richiama il testo aramaico dell’antichissima preghiera per i leader del popolo ebraico, composta probabilmente in Babilonia poco dopo la chiusura del Talmud e recitata tuttora nel Siddur ashkenazita il Sabato mattina dopo la Haftarah: זַרְעָא דִּי לֹא יִפְסוֹק וְדִי לֹא יִבְטוֹל מִפִּתְגָּמֵי אוֹרַיְתָא
[26] Per l’espressione cfr. Sifrà e Rashì a Wayqrà 25, 1; Maimonide, Introduzione alla Mishnah, 1. Per esempio: il tema dell’anno sabbatico è presentato in forma generale in Shemot 23, 11 e approfondito in Wayqrà 25. Secondo un’altra spiegazione solo i principi generali furono effettivamente rivelati sul Monte Sinai (i Dieci Comandamenti), mentre i dettagli furono resi noti dalla Divinità a Moshe di volta in volta nella Tenda della Radunanza nell’arco dei quarant’anni di permanenza nel deserto: durante la Rivelazione il popolo li ricevette tutti in potenza (Torah Or a Shemot 20, 8; cfr. anche Sh.R. Hirsch a Bemidbar 1, 1).
[27] La terza somma di cui si scrive è la tossefet ketubbah (“aggiunta alla Ketubbah”), che lo sposo versa dal suo patrimonio a beneficio della sposa in aggiunta allo ‘iqqar stabilito per legge. Originariamente doveva trattarsi di un dono spontaneo d’affetto alla moglie, non obbligatorio (Ketubbot 5, 1). In seguito l’uso divenne universalmente accettato, rimanendo dipendente dalle tradizioni locali la determinazione dell’ammontare. Nel nostro caso la tossefet è identificata nella Torah Orale (cfr. Berakhot 5a; Shemot Rabbà 47, 1; Bemidbar Rabbà 13, 15). Il Talmud racconta che dopo che i Figli d’Israel ebbero aderito alla Torah dicendo: “Faremo e ascolteremo”, D. sradicò il Monte Sinai e lo capovolse su di essi come una tinozza, dicendo: ‘Se accettate la Torah bene, altrimenti lì sarà la vostra sepoltura’” (Shabbat 88a). Perché fu necessaria a quel punto un’imposizione? (Tosssafot ad loc. s.v. kafah). Una delle risposte è che il ricorso alla forza riguardava l’accettazione della Torah Orale, che comporta sottigliezze e precisione (Midrash Tanchumà, P. Noach, 3). Accettare un insieme di principi generali è relativamente agevole, finché non si tratta di pretendere un’attenzione ai particolari. Se l’etica universale si traduce in regole dettagliate cominciano le difficoltà.
[28] Per l’elenco cfr. Sukkah 28a, Bavà Batrà 134a, Avot de-R. Natan 14, 1 a proposito della cultura di R. Yochanan ben Zakkay.
[29] Cfr. Yerushalmì Peah 2, 4; Chaghigah 1,8; Meghillah 4, 1: רִבִּי יְהוֹשֻׁעַ בֶּן לֵוִי אָמַר עֲלֵיהֶם וַעֲלֵיהֶם כָּל כְּכָל דְּבָרים הַדְּבָרִים מִקְרָא מִשְׁנָה תַּלְמוּד וַאֲגָדָה….אֲפִילוּ מַה שֶׁתַּלְמִיד ווָתִיק עָתִיד לְהוֹרוֹת לִפְנֵי רַבּוֹ כְּבָר נֶאֱמַר לְמֹשֶׁה בְּסִינַי. Tosfot Yom Tov, Introd. alla Mishnah.
[30] Formula riassuntiva delle obbligazioni dello sposo che ricorre in tutte le Ketubbot prima della conclusione.
[31] Cfr. 2Shemuel 7, 23.
[32] Cfr. Midrash Leqach Tov a Devarim 33, 1-4: אמר הקב״ה אין אומה יכולה לקבל את התורה חוץ מישראל … תורה צוה לנו משה הציווי הזה אינו אלא לנו בעבורנו כדי שנקבל התורה ונשמרה. מורשה קהלת יעקב. לנו מורשה ולא לאחרים; R. Bachyè a Bemidbar 1, 2: וכן אמרו במדרש שאו את ראש אמר הקב”ה לא חבבתי אומה יותר מכם לפיכך נתתי לכם תלוי ראש, כשם שיש לי תלוי ראש על כל באי עולם שנאמר (דברי הימים א כ״ט:י״א) לך ה’ הממלכה והמתנשא לכל לראש, לקיים מה שנאמר (תהילים קמ״ח:י״ד) וירם קרן לעמו . Cfr. anche R. Bachyè a Devarim 33, 4; Ibn ‘Ezrà a Tehillim 147, 20.
[33] Cfr. anche Yesha’yahu 49, 15.
[34] Cfr. Wayqrà 26, 43-44; Yesha’yahu 59, 21; Mal’akhì 3, 6 e comm.
[35] E’ questa una delle sette obbligazioni di origine rabbinica che il marito ha verso la moglie, oltre alle tre bibliche già ricordate. Normalmente non vengono menzionate nella Ketubbah, ma nel caso della storia di Israel la promessa dell’intervento salvifico del S.B. ha particolare rilevanza.
[36] Commentando l’ultimo versetto citato, Radaq aggiunge “e il Mio Patto”. Malbim spiega che non essendo il Patto fra D. e Israel in alcun modo dipendente dalle azioni di quest’ultimo, ma solo dalla Bontà del S.B., esso resterà in vigore finché esisterà D. stesso, cioè per sempre.
[37] Formula conclusiva, presente in tutte le Ketubbot.
[38] Nelle normali Ketubbot questo verbo al futuro non è riportato, perché le prassi cui qui si allude sono nel frattempo già entrate in vigore contestualmente con l’accettazione della Torah.
[39] Cfr. Bavà Batrà 168a, per cui una semplice dichiarazione di intenti non è valida ai fini di una transazione: אסמכתא לא קניא.
[40] Al termine del documento si ripetono le generalità dei contraenti per esteso.
[41] Per sottolineare che si tratta di una vera e propria garanzia giuridica, nel matrimonio si procede a un atto formale di acquisizione, detto qinyan suddar (“acquisizione attraverso un panno”) o qinyan chalippin (“baratto”), che simboleggia il passaggio della proprietà di tutti i beni dello sposo nelle mani della sposa attraverso i due testimoni. Questi ultimi porgono allo sposo, a loro volta, un panno di loro proprietà; egli lo solleverà in una sorta di baratto simbolico. Non sono validi invece altri tipi di oggetti, come monete in corso o cibarie. Cfr. Rut 4, 7; Mishnah Qiddushin 1, 6; Nedarim 48b; Bavà Metzi’à 45b.
[42] Clausola per impedire ulteriori aggiunte al documento. Cfr. Bavà Batrà 160b; Yerushalmì Ghittin 9, 50c.
[43] Il diritto ebraico richiede che ogni atto legale sia convalidato da almeno due testimoni (Devarim 17, 10; 19, 15). Sulla chiamata del Cielo e della Terra in qualità di testimoni dell’accettazione del Patto di Israel con D. v. Devarim 32, 1, Sifrè e Rashì ad loc.: “Per quale motivo Moshe chiamò come testimoni il Cielo e la Terra? Egli si disse: ‘io sono carne e sangue: domani sarò morto. Se dunque essi diranno: non abbiamo mai accettato su di noi il Patto, chi potrà contraddirli? Perciò egli chiamò come testimoni il Cielo e la Terra, i quali sono testimoni che sussistono per sempre. Un’altra ragione è la seguente. Se i Figli d’Israel saranno meritevoli, verranno i testimoni e daranno loro la ricompensa: la vite produrrà il suo frutto, la terra darà i suoi prodotti e i cieli la loro rugiada. Ma se saranno colpevoli, “la mano dei testimoni sarà la prima contro di loro”: H. “chiuderà i cieli e non vi sarà più pioggia e il suolo non darà più i suoi prodotti”… Cfr. anche Midrash Tanchumà, P. Haazinu, 1.