1) I Chakhamim hanno insegnato in massekhet Chullin (107a) che “non si lavano le mani se non da un recipiente”. Questo elemento si apprende dall’aspersione di mè chattat per la vacca rossa e dal qiddush yadaim weraglaim del Kohen nel bet ha-miqdash, per i quali era indispensabile utilizzare un recipiente.
Nello stesso brano nella ghemarà si stabilisce che qualsiasi recipiente, anche quelli di pietra e di terra (fango seccato al sole, e non messo al forno, perché altrimenti si parlerebbe di un recipiente di cheres, ricordato nella Torah – M.B 159,4), che non sono considerati tali per la trasmissione dell’impurità, sono utilizzabili. Al giorno d’oggi ci si può avvalere di bicchieri monouso (K.Y.Y. 159,12) in condizioni di emergenza si possono utilizzare bottiglie di plastica (K.Y.Y. 159,3), ma non sacchetti di nylon (K.Y.Y. 159,12). Tuttavia è bene per hiddur mtzwah utilizzare un recipiente non monouso (P.H. Berakhot 2,5). L’aspetto da considerare è che il recipiente sia stato fatto per contenere un liquido. Restano esclusi pertanto i cappelli (a.e. di pelle) che sono in grado di contenere un liquido, perché non sono recipienti. In casi eccezionali, in assenza di altro, possono essere utilizzati senza però recitare la benedizione sul lavaggio. In questo caso è opportuno coprire le mani con un fazzoletto dopo il lavaggio.
2) I coperchi non sono stati utilizzabili per il lavaggio perché non sono stati concepiti come recipienti.
3) Il recipiente deve poter contenere almeno un revi’it (corrispondente a un uovo e mezzo – M.B. 159,6; a seconda delle opinioni 86 o 150 cc). Se non è in grado di contenerli non è utilizzabile riempiendolo più volte per raggiungere la misura.
4) Il recipiente non deve essere bucato. Nella halakhah si distinguono due tipi di buchi: a) motzì mashqeh (che fa uscire il liquido); b) cones mashqeh (che fa entrare il liquido). Il secondo tipo di buco è più grande, e se si mette il recipiente in acqua fa entrare del liquido. In questo caso il recipiente, anche se contiene un revi’it al di sotto del buco non è utilizzabile per il lavaggio, non essendo considerato un recipiente. Se invece il buco è più piccolo, tanto da perdere delle gocce ma non accogliere liquido se messo in acqua, se al di sotto del buco contiene un revi’it (secondo alcuni anche se non lo contiene K.Y.Y.. 159, 5) è utilizzabile per il lavaggio. Non si utilizzi comunque un recipiente del genere a priori nel caso in cui se ne abbia a disposizione un altro. Secondo alcuni la distinzione riguarda solamente il caso in cui il recipiente è bucato, ma se è scheggiato anche se non riceve liquido se messo in acqua non è utilizzabile. Altri dissentono e utilizzano le stesse categorie anche se il recipiente è scheggiato, ma è opportuno preoccuparsi dell’opinione più rigorosa. Se le stillicidio è continuo il recipiente deve essere considerato con certezza cones mashqeh; se non è continuo si verifichi mettendo il recipiente in acqua.
4) Il bordo superiore del recipiente deve essere liscio. Se è presente un beccuccio, secondo l’opinione prevalente si deve evitare di versare l’acqua da quel lato. Si deve fare attenzione che il bordo superiore non sia danneggiato; in questo caso si deve versare l’acqua dalla parte danneggiata, che è la più bassa.
5) Si eviti di versare l’acqua della netilah con le proprie mani su quelle di un altro, anche se l’acqua nei propri palmi è arrivata secondo la misura adeguata in un’unica soluzione. In questo ultimo caso c’è chi permette. Allo stesso modo è bene essere rigorosi e non versare l’acqua dal recipiente su una mano, e da questa sull’altra.
6) E’ necessario versare l’acqua da un recipiente, e non immergere le mani nell’acqua, in modo particolare se il recipiente attaccato al terreno, perché si tratterebbe di una specie di tevilah, che non è praticabile con acqua attinta (mayim sheuvin). Alcuni permettono se il recipiente non è attaccato al terreno, perché non si tratta di una tevilah ma di una netilah in un recipiente. Se non si dispone di altri recipienti si può seguire l’opinione più facilitante, ma si reciti la berakhah senza menzionare il Nome divino, ma lo pensi in cuor proprio, e prima di mangiare copra le mani con un fazzoletto.
7) Chi non dispone di un recipiente può immergere le mani in un fiume (non di quelli artificiali per irrigare i campi, indipendentemente dalla loro capacità), in un miqveh adatto per la tevilah delle donne, o in una fonte anche se non ha i 40 se’ah indispensabili per il miqveh affinché possa essere così definito. In questo caso le mani devono essere coperte dall’acqua tutte assieme. Si reciti la berakhah. In questi casi basta un unico lavaggio e non serve asciugare le mani, ma si effettuino comunque tre lavaggi come di consueto perché questo aspetto è importante secondo la dottrina mistica (in generale il discorso vale anche per il lavaggio, qualora si versi un revi’it sulla mano tutto assieme, K.Y.Y. 159, 11). Inoltre si asciughi comunque per motivi igienici.
8) Se si è effettuata la netilat yadaim per una mano e l’altra è stata immersa in un miqweh, il lavaggio è valido e si recita la berakhah. Se non è possibile lavare una mano, ad esempio perché un braccio è ingessato, si lavi l’altra mano recitando la berakhah ‘al netilat yadaim (e non ‘al netilat yad al singolare).
9) L’acqua deve arrivare sulle mani come effetto della forza umana, e se vengono spontaneamente, il lavaggio non è considerato una netilah. Se si usa un contenitore con un rubinetto è necessario quindi azionarlo più volte (e non una sola) affinché il flusso che arriva sulle mani sia effetto della forza esercitata, ricoprendo tutta la mano.
10) Non ci si faccia versare l’acqua sulle mani da un minore di età inferiore a sei anni, perché è necessario mettere intenzione nel lavaggio. Rav Ovadiah permette a priori (K.Y.Y. 159,7). In termini assoluti infatti se non si è messa intenzione il lavaggio è valido (K.Y.Y. 159,15). Allo stesso modo non ci si faccia versare l’acqua da un non ebreo. Se però il non ebreo ha portato l’acqua ed ha effettuato il lavaggio in prima persona è permesso. Al giorno d’oggi si usa essere facilitanti su questo punto facendo versare l’acqua a inservienti non ebrei (K.Y.Y. 159,7).
11) Sette liquidi ricevono impurità e se si mangia un cibo (anche meno del volume di un oliva) immerso in uno di questi liquidi si deve effettuare, secondo la maggior parte dei poseqim, la netilat yadaim senza benedizione, anche se al giorno d’oggi non badiamo alle regole di purità (P.H. Berakhot 2,5). Questi liquidi sono: a) il vino (e l’aceto, escludendo invece gli alcolici derivanti dalla fermentazione dei cerali); b) il miele d’ape; c) l’olio d’oliva; d) il latte (compreso il siero, ma non il burro, a meno che non sia liquido); e) la rugiada; f) il sangue (di animali permessi, escludendo i pesci; chiaramente non è permesso cibarsi di sangue, se non per motivi medici o in caso di estremo pericolo); g) l’acqua. Molti al giorno d’oggi non effettuano questo lavaggio, e alcuni poseqim sostengono che hanno su che appoggiarsi, visto che il motivo per cui facciamo la netilat yadaim prima di mangiare il pane ha altri motivi oltre a quello dell’impurità (santità, pulizia), mentre questo lavaggio è solo un residuo di quando si applicavano le norme di purità (P.H. Berakhot 2,5).