Ancora su donne e ortodossia ebraica. Lo scorso Purim al Tempio Italiano di Rechov Hillel si è ripetuta la lettura femminile della Meghilàt Ester. Interessante scambio tra due protagoniste.
Daniela Fubini e Miriam Camerini
M : “Vahi biimei Achashverosh, uhu Achashverosh»… che insolita sensazione se queste parole e la melodia che da secoli le accompagna risuonano nel tempio con voce di donna! La prima reazione è di sorpresa, straniamento, qualcosa di «fuori dalla norma»: ma è davvero così strano? Avviciniamoci per capire cosa succede, di chi sono quelle voci.
D : A Purim, in Italia, la maggior parte degli ebrei che ci tengono vanno al tempio la sera per ascoltare la Meghillat Ester, e il giorno dopo magari prima di andare al lavoro la vanno a risentire un pò di corsa, e – salvo le famiglie con bambini piccoli che sono assediate da feste in maschera e non – la cosa finisce lì. Forse si è fatta della beneficienza in ottemperanza alla mizvà di fare doni ai poveri, forse si fa anche il banchetto tradizionale durante il quale bisogna bere a tal punto da dimenticarsi quale sia il buono e quale il cattivo, tra Aman e Mordechai. Le donne poi, di norma preparano i mishlochei manot, fatti in casa o assemblati con dolcetti e caramelle comperate, e tradizionalmente ascoltano la meghillà una sola volta, la sera. Quella del mattino non viene presa in considerazione, pur essendo mizvà tanto quanto l’altra.
Pochi, pochissimi, comunque, leggono di persona la meghillà dalla pergamena, al tempio o a casa. Perchè? Perchè leggere direttamente dalla pergamena, senza punti e punteggiatura, è difficile, e la grandissima maggioranza, anche di quelli che ci tengono, non hanno studiato abbastanza, per i più vari motivi, e delegano quindi necessariamente la lettura della meghillà (come quella della parashà settimanale, e molte altre mizvot) a rabbini e chazanim. Per fortuna esiste il principio dell’uscita d’obbligo con la semplice presenza fisica nel luogo in cui qualcun altro sta facendo una mizvà: un “amen” e via.
Ma domandiamoci che cosa succederebbe se un numero maggiore di ebrei studiasse di più, e potesse pensare di prepararsi un capitolo o due della Meghillà, prima di Purim. O se perfino alcune donne si ritrovassero la mattina di Purim per leggere tra loro la meghillà, essendosi distribuite i 10 capitoli della megillà e avendoli studiati in modo da poterli leggere direttamente dalla pergamena.
M : Che differenza c’è tra rispondere “amen” quando il chazan recita la benedizione: “che ci hai comandato di leggere la Meghillà” prima di accingersi alla effettiva lettura, e leggere quella stessa Meghillà con i propri occhi e la propria voce? Che differenza c’è tra essere parte del pubblico e sentire su di sè la responsabilità di star leggendo anche per gli altri? Dovevo arrivare da Milano a Gerusalemme per scoprirlo.
Vuoi leggere un capitolo di “Meghillat Ester?” mi chiede Aviva dopo un mese che sono a Gerusalemme. “Come? Dove? Quando? Ma… posso?” Chiedo io tutta confusa. La risposta che ottengo mi convince; un gruppo di donne, frequentatrici più o meno abituali del Tempio italiano di Rechov Hillel, sta organizzando una lettura della Meghillà per la mattina di Purim, a beneficio di tutte quelle donne che solitamente non riescono ad arrivare in tempo per la lettura “regolare” che si tiene più presto.
Accetto e ricevo un capitolo tutto per me: il terzo. Questo avviene nel febbraio 2007. Inizio a studiare: prima bisogna imparare a leggere scorrevolmente dalla pergamena, cioè senza vocali e punteggiatura, poi anche a cantare secondo la cantilena tradizionale della comunità di Roma, che fra le tante è stata scelta dalle organizzatrici come quella ufficiale. Mi aggiro per Gerusalemme con la mia parte di Meghillà registrata e scaricata sull’ipod: per strada, sull’autobus, in coda al supermercato… canticchio, riavvolgo, mi correggo, ricomincio. Ascoltare e ridire tante volte e con tanta attenzione il testo mi permette di scoprire in esso particolari che probabimente non avrei mai notato altrimenti: effetto imprevisto e oltremodo gradevole.
La mattina di Purim finalmente ci troviamo al tempio, tutte un pò emozionate, per molte è in fondo la prima volta sulla bimà, a tu per tu con un rotolo di pergamena, magari anche con la possibilità di cantare in pubblico, la prima volta in cui bisogna concentrarsi sul significato di adempiere a una mizvà non solo per noi stesse, ma anche tenendo a mente le altre donne presenti, che si affidano a noi per uscire d’obbligo con l’ascolto della nostra lettura della meghillà. Forse è proprio questo l’aspetto più profondo, nuovo ed emozionante: la responsabilità, il fatto di poter essere un “tramite” per qualcun altro. La prima esperienza è dunque molto positiva, la lettura si svolge sere na, profonda, festosa.
L’anno dopo sorge un problema: qualcuno fra coloro che siedono nella commissione del tempio si dichiara contrario a che l’iniziativa venga ripetuta. I motivi sono un generico “non si è mai fatto” (tranne appunto l’anno precedente) e un preoccupato “dove andremo a finire”. Sorpresa prima e frustrazione poi: questo prova la grande maggioranza di noi potenziali lettrici. Pare che passato e futuro concorrano a soffocare un presente fatto di donne che vogliono studiare, partecipare, sentirsi degne eredi della storia del loro popolo. Si preferisce allontanare una questione scomoda, liquidandola con un rifiuto, piuttosto che affrontare una situazione che necessita di una seria riflessione e di una decisione informata. A nulla valgono le numerose fonti alachiche che vengono portate a sostegno di una lettura di donne per donne.
D : Perchè la questione non è alachica in senso stretto: piuttosto si teme forse che la comunità italiana di Gerusalemme possa essere tacciata di “poca ortodossia”, o di modificare un costume centenario aprendo così a altre modifiche, che potrebbero allontanare dagli usi delle comunità italiane. Le letture della Meghillà di donne per donne esistono però da anni, e in molta parte del mondo ebraico ortodosso. In ogni caso, nel 2008 la commissione decide che la lettura non può svolgersi nei locali della sinagoga e propone come sede alternativa il museo, il locale contiguo. Questa offerta suscita polemiche e discussioni, e il gruppo delle donne che avevano preparato la lettura decide infine di non accettare di leggere in un luogo pubblico che non sia il tempio. La lettura si tiene in una casa privata, in una bella atmosfera di partecipazione e simchà.
Quest’anno, poco prima di Purim, la questione naturalmente si ripropone, ma la si affronta in modo comple ta men te diverso: la Comunità invita Rav Benny Lau, Rabbino israeliano ortodosso noto e rispettato, nipote dell’ex Rab bino capo d’Israele Rav Israel Meir Lau, a tenere una lezione sull’argomento nella sede del tempio italiano. La serata attira molto pubblico, l’argomento è evidentemente interessante. Anche nella sinagoga di Rav Benny Lau da anni si legge la Meghillat Ester fra donne alla mattina di Purim, e sua moglie è tra le lettrici. Conclusa la sua lezio ne il Rav lascia la sala sottolineando che, indipendentemente da quanto detto in favore o contro la lettura delle donne, la commissione del Tempio dovrà prendere una decisione anche rispettando il desiderio della propria comunità. Si apre quindi il dibattito, che per la prima volta permette a tutti di spiegare le proprie ragioni. Alla fine del dibattito, e dopo una breve riunione della commissione, la decisione è presa. La lettura si terrà, nel tempio, come due anni prima.
Ma quali erano le questioni alachiche emerse anche durante la serata?
M : Prima ancora di iniziare a studiare il mio capitolo della Meghillà, ho chiesto alle organizzatrici quali sono i prin cipi alachici a favore di una lettura di donne.
Non mancano le risposte:
Nella Tosefta, in Meghillà 2:7; Mishnà, Meghillà 2:4; Meghillà 19b; Arachin 2b-3a – “Tutti sono obbligati a leg gere la Meghillà” “Tutti sono atti (kesherin) a leggere la Meghillà” “Tutti include chi? Incluse le donne. E questo secondo l’opinione di R. Joshua ben Levi, perché egli ha detto: le donne sono obbligate a leggere la Me ghillà”.
Rashi commenta così tale passaggio: “Le donne sono obbligate alla lettura della Meghillà e quindi possono anche far uscire d’obbligo un uomo con la loro lettura”. Così si esprime anche il Ritva (Meghillà 4A).
Nel Talmud babilonese Meghillà 4a: R.Yeoshua Ben Levi disse: – Le donne sono obbligate alla lettura della Meghillà perché anche loro furono partecipi del miracolo –
Il Behag sostiene che la fonte di Arachin 2b-3a – tutti sono kesherin per leggere la Meghillà – non deve essere interpretata che le donne possono leggere per l’uomo, ma piuttosto che le donne possono leggere per le donne. Ovvero, secondo il Behag quello che è scritto in Arachin viene a insegnarci che non bisogna pensare che le donne debbano per forza ascoltare la meghillà da un uomo, il quale ha un obbligo piú grande del loro, ma che possono leggerla per loro e far uscire d’obbligo un’altra donna. Questa è la posizione del Magghid Mishna Meghillà 1: Tutti sono atti a leggere la Meghillà e se c’è una donna può adempiere alla mizvà per altri. Anche lo Shulchan Aruch, pur riportando anche l’esistenza di un’opinione contraria, sostiene che le donne sono obbligate, possono leggere e far uscire d’obbligo altre persone.
Anche secondo la più recente Mishna Brura 690:63 è possibile leggere tra donne.
Infine nei nostri giorni, R. Ovadiah Yosef permette che le donne leggano per gli uomini, ma solo quando non c’è nessun uomo che sia disponibile (che sappia leggere). In contrasto, l’opinione del Rema, seguita dagli Ashkenaziti, sostiene che la donna ha un obbligo inferiore dell’uomo e quindi non può leggere la Meghillà per lui. Nel caso in cui non ci sia un uomo che possa leggere per un altro uomo, i poskim stabiliscono che una donna potrebbe leggere per loro (ma senza berachot) cosicché egli compia l’obbligo almeno secondo la prima delle due scuole; ma nel caso più tardi nella giornata arrivi un uomo che sa leggere, la Meghillà deve essere di nuovo ascoltata. Certo, altri pareri possono essere portati a favore o contro, e le decisioni che ne discendono possono essere per il sì o per il no: in ogni caso, qualsiasi decisione dovrebbe basarsi sullo studio e sulla comprensione delle fonti alachiche.
M&D : Dunque la lettura delle donne della meghillà c’è stata, quest’anno, nel magnifico antico Tempio di Conegliano Veneto ricostruito a Gerusalemme, e come due anni fa è stata una lettura seria e allegra, alla presenza di molti bambini. Si può sperare che la pratica sia d’ora innanzi accettata e stabilita per gli anni a venire; questo però, in sie me all’auspicabile estensione di tale pratica a qualche comunità d’Italia, dipenderà soltanto dalla volontà e capacità di studiare, informarsi senza pregiudizi, e reclamare tutti quanti – uomini e donne – la nostra parte nella vita del popolo ebraico e della Torà.
Miriam Camerini e Daniela Fubini
Ringraziamo Hakeillah per la gentile concessione
http://www.hakeillah.com/2_09_07.htm