“Quando mieterete il prodotto della vostra terra non esaurire l’angolo del tuo campo” (Wayqrà 23,22). Perché questo precetto che era già stato enunciato la settimana scorsa in 19,9 (Qedoshim) è ripetuto ora? E perché proprio ora, nel bel mezzo della trattazione delle feste, per la precisione fra il ‘Omer e Shavu’ot da una parte e Rosh ha-Shanah, lo Yom ha-Din (“giorno del giudizio”), dall’altra? E perché dei precetti relativi all’agricoltura si ripete solo la peah (angolo) del campo e non p.es. il peret della vigna, per cui vale la medesima regola?
A ben vedere due sono le peot rilevanti per la Halakhah: la peah del campo e la peah del capo e della barba. In entrambi i casi il taglio è proibito (Wayqrà 19,27). In più va aggiunto che nel lutto è proibita qualsiasi rasatura (21,5, dove è nuovamente usata la parola peah). Esiste una relazione fra la testa dotata di capelli e il campo da cui cresce il prodotto agricolo. Ulteriormente intrigante sarà anche il fatto che la radice safar indica sia “tagliare i capelli” che “contare”, mentre la parola ‘omer, adoperata nella ns. Parashah a proposito del prodotto del campo, si ritrova nella Parashah della manna nell’espressione ‘omer la-gulgòlet, lett. “un ‘omer a cranio”.
La parola peah (“angolo”) ha a sua volta il valore numerico di 86, pari a quello di Eloqim, il Nome di D. associato all’attributo di Din, “giustizia”. Nel testo aramaico di Daniel 7 troviamo la visione di D. (‘attiq yomin, “il vecchio di giorni”) seduto a giudicare e descritto con l’espressione we-se’ar resheh ka-‘amar neqe’ (“e i suoi capelli sono come lana candida”), dove la parola ‘amar (“lana”) in aramaico si scrive esattamente con le medesime consonanti di ‘omer in ebraico! La chiave della questione risiede nel fatto che la terra da cui spunta il prodotto e la testa da cui spuntano i capelli divengono nella tradizione ebraica l’immagine simbolica dell’esistenza di un D. che è insieme immanente e trascendente: che è legato a questo mondo, ma nello stesso tempo lo governa dall’Alto e lo giudica. Astenersi dal tagliare l’angolo del campo e della testa e così pure barba e capelli durante il lutto individuale e in alcuni periodi annuali di lutto collettivo, come il ‘omer appunto, è una forma di Tzidduq ha-Din: ha il significato di accettazione dell’esistenza di un Din e di un Dayyan nel mondo e sul mondo, che ha l’autorità di decretare inesorabilmente il corso degli eventi del singolo e della collettività.
Comprendiamo a questo punto il senso della Sefirat ha-‘Omer sia nel significato di conteggio che di (astensione dal) taglio di barba e capelli come preparazione a Shavu’ot. Per essere degni di ricevere la Torah dobbiamo prima accettare il ‘ol malkhut shamayim, l’idea dell’esistenza di un’autorità divina sopra di noi. ‘Omer ha il valore numerico di 310, come la parola shay (“dono”). Il doppio ‘Omer, corrispondente alla doppia peah, porta il valore numerico a 620, come la parola keter (“corona” della Torah, che ci viene consegnata a Shavu’ot) e pari al numero complessivo delle 613 Mitzwòt della Torah più le 7 di istituzione rabbinica. Come per tutte le pratiche di lutto, tuttavia, vale anche qui il principio della parte per il tutto: miqtzat ha-yom ke-khullò, per cui non è necessario tenere la prescrizione fino al termine del periodo, ma è sufficiente farlo solo in parte. I Sefarditi si radono il 34° giorno dell’Omer, quando mancano esattamente 15 giorni a Shavu’ot. Secondo un’opinione dei Maestri della Mishnah 15 giorni prima di una festa si iniziano a studiare le Halakhot di quella festa. Nel ns. caso si interrompe il lutto nel momento in cui si entra nell’atmosfera di Shavu’ot, 15 giorni prima. E’ il periodo che la Mishnah (Bekhorot 8) contrassegna con l’espressione peròs ha-‘Atzeret, dove peròs (dal verbo paras, “dividere in due”) indica appunto i 15 giorni che costituiscono la metà di un mese. Ma a ben vedere paras è anche un anagramma di safar di cui abbiamo già parlato.
I capelli che crescono dal capo sul capo costituiscono dunque una simbologia dell’esistenza di un D. trascendente che giudica il mondo. E’ ciò che Qorach si sforzerà di negare. I Maestri del Talmud spiegano l’origine del suo nome da una radice che significa “calvizie”: Qorach hevì qorchah la-‘olam (“Qorach ha portato la calvizie nel mondo” – Sanhedrin 109). Ma su questo argomento torneremo fra qualche settimana…