Un testimone d’eccezione ci racconta il boom ebraico dell’editoria inglese
Rav Andrea Zanardo*
Il 2012 e’ stato l’anno di Francesca Segal. Il suo romanzo d’esordio, “The Innocents”, ha venduto un gran numero di copie e le ha fruttato anche diversi premi. Con questo romanzo, [tr.it. “La cugina americana”, Bollati Boringheri 2012] la Segal si e’ ispirata a un’opera di una celebre scrittrice antisemita, “L’Eta’ dell’Innocenza” di Edith Warton, e ne ha tratto un romanzo ebraico. “The Innocents” e’ ambientato tra gli ebrei che vivono a Londra attorno a Temple Fortune, tra sinagoghe Reform, rabbine liberali, vacanze di fine dicembre ad Eilat, pettegolezzi in fila dal fornaio kasher, e il rito della lettura delle pagine “Social and Personal” del Jewish Chronicle, ogni sabato pomeriggio.
Quest’anno e’ il turno di Eve Harris. Il suo “The Marrying of Chani Kauffman” si e’ gia’ qualificato per il Man Booker Prize. Il romanzo e’ ambientato tra gli ebrei frum, ultra-ortodossi, che vivono nei quartieri londinesi di Hendon e Golders Green. Ruota attorno al matrimonio di Chani, figlia di un rabbino, giovane donna intelligente e tanto determinata. La seguiamo che sfida le convenzioni di classe e la prassi, fatta di incontri organizzati dallo shadchen (che in questo caso e’ una donna), per sposare il suo amato Baruch, il quale viene di famiglia molto piu’ doviziosa della sua.
Romanzi ebraici in lizza per premi prestigiosi quali il Man Booker Prize, non sono una rarita’, basti pensare al vitriolico “The Finkler Question”, di Howard Jakobson [tr.it. “L’Enigma di Finkler”, Cargo] che nel 2010 ha vinto il Man Booker Prize. Quest’anno, poi e’ in lizza anche “Almost English” di Charlotte Mendelson, storia di una infanzia spesa in una scuola inglese molto elitaria.
Ma i romanzi della Segal e della Harris dicono anche qualcosa di piu’, e di molto interessante. Tutte e due le autrici sono donne, e sono giovani, nate dopo la Guerra dei Sei Giorni. Ciascuna delle due autrici descrive il proprio mondo. Ne’ la Segal, ne’ la Harris sono tormentate dal problema di venire accettate dalla societa’ inglese. Le due provengono da mondi molto diversi, ma per nessuna l’ebraismo e’ una faccenda complessa ed esoterica che va spiegata ai gentili. E’ invece, –puramente e semplicemente- la loro cultura, l’ambiente in cui si svolgono le loro vicende biografiche. Un ebraismo vissuto senza complessi e privo di insicurezze identitarie. Con una propria identita’: contrariamente alla societa’ maggioritaria, il matrimonio e’un evento importantissimo, intorno al quale si sollevano e poi si appianano tensioni. Il ritmo dell’anno e’ segnato dalle High Holydays e da Pesach (non piu’ Passover).
Howard Jacobson ha messo al centro dei suoi romanzi la volonta’ di venire accettati, dall’establishment culturale britannico, con le loro idiosincrasie terzomondiste ed antisemite: Guardian in testa. Ma Jacobson appartiene a una generazione diversa. Invece, per la Segal e la Harris, la comunita’ con la quale gli individui si misurano non e’ piu’ la societa’ inglese nel suo complesso, ma la specifica comunita’ ebraica in cui sono nati e cresciuti i protagonisti e le autrici.
Al principio degli anni Novanta, Rav Jonathan Sacks lanciava un grido di allarme. E invitava le comunita’ a investire sempre di piu’ nell’educazione, pena la scomparsa degli ebrei inglesi, per via di assimilazione. A distanza di quasi una generazione queste scrittrici mandano a dire che, nel versante piu’ liberale come in quello piu’ ortodosso, l’ebraismo inglese e’ vivo e vegeto e le nuove generazioni hanno ancora molto da dire. Per tutti.
Se e quando gli editori italiani vogliano prestarvi attenzione, mi permetto di consigliare i libri di aforismi di Rav Lionel Blue, maestro di generazioni di rabbini, voce radiofonica e rispettata, molto soft-spoken, che per venticinque anni ha contribuito alla trasmissione mattutina “Thought for the Day” della BBC. Eccone uno:
“Ho scoperto che quando faccio qualcosa le-shem shamayyim, for the sake of heaven, allora heaven, il paradiso, accade davvero”.
La traduzione e’ impervia, ma il successo puo’ essere reale.
*Rabbino della Brighton and Hove Reform Synagogue, la piu’ grande sinagoga del Sussex, soleggiata regione dell’Inghilterra meridionale