I tredici articoli di fede
Lo studio sull’inizio del secondo capitolo del trattato Talmudico sul Sinedrio, dove la Mishnà esclude dalla possibilità di godere della vita futura certe categorie di infedeli, fu per Maimonide l’occasione per formulare i tredici articoli di fede. Essi affermano in sostanza l’esistenza di D-o, la Sua invisibile unità, la Sua spiritualità e immutabilità, la Sua eternità e anteriorità alla creazione del mondo, il Suo diritto esclusivo all’adorazione, l’ispirazione dei profeti, la suprema e incomparabile ispirazione del profeta Mosè, l’origine divina e l’immutabilità della Torà, la ricompensa per i probi e la punizione per i reprobi da parte della Provvidenza Divina, la futura venuta del Messia, la resurrezione dei morti. La novità di questo riassunto della credenza ebraica consisteva nel trasformare l’accettazione tacita dei suoi dogmi principali in una professione di fede aperta, da cui faceva dipendere la sorte dell’uomo ebreo. Egli così faceva concepire la vita ebraica non soltanto come la presentavano tutta una serie di atti, ma come affermazione di purezza di fede.
Questo “credo” era anche un modo di combattere le teorie atee e materialistiche che in quel tempo preconizzavano l’abolizione della Torà.
Infatti questo fu lo scopo che si prefissero, scrivendo le loro opere, i filosofi, i politeisti, i trinitari e gli antinomisti. Indubbiamente il “credo” ebbe come obbiettivo anche la lotta contro la dottrina di Maometto che prediceva un fatalismo che, negando la libera volontà, rendeva la responsabilità impossibile.
La grande maggioranza degli ebrei accettò i tredici articoli di fede senza discussione, perché riconoscevano che il Maimonide aveva riempito una grave lacuna, generalmente avvertita nella teoria ebraica. Difatti non passò neanche un secolo che il credo con i suoi tredici articoli di fede era diventato un tema comune per i poeti della liturgia ebraica. Si può dire che non esiste paese della diaspora ebraica che non possa vantare un poema o una preghiera basata su questi articoli.
Ho detto che la grande maggioranza degli ebrei accettò il credo ma ci fu una minoranza di saggi, autorevole quanto combattiva, (basti pensare, per citare un solo nome a Hasdai Crescas vissuto circa due secoli dopo) che non lo volle accogliere, perché sosteneva che il Maimonide aveva confuso dogmi o credenze fondamentali, con credenze o dottrine che sono — è vero — parte el Giudaismo, ma che si possono anche negare senza per questo negare tout-court il Giudaismo o porsi fuori da esso. Ad esempio essi sostenevano che l’immutabilità della legge non era un dogma, perché la perfezione della Torà non poteva essere che in relazione all’intelligenza degli uomini a cui era destinata. Ma quando questi uomini si fossero innalzati ad un livello intellettuale più elevato, anche la Torà sarebbe risultata modificata nel senso che sarebbe stata reinterpretata in modo conforme al progresso intellettuale.
Elio Toaff