Maimonide e la filosofia
Maimonide insegna — che questa volta in linea con la filosofia aristotelica, contemperata da elementi neoplatonici e arabi — che l’immortalità si acquisisce attraverso l’attualizzazione dell’intelletto umano, in virtù della conoscenza. L’idea base è che l’anima umana — più propriamente, l’anima intellettiva o l’intelletto — è di per sé una pura disposizione e non un qualcosa di autonomo e di definito, cioè una sorta di scintilla del divino presente nel corpo. Essa, attraverso gradi diversi e successivi di perfezionamento, percorre — per così dire — un itinerario che la conduce alla sua attualizzazione. Se non passa dallo stadio di potenzialità, cioè da pura disposizione qual è fin dal momento della nascita del corpo, a quello di attualizzazione, è come se non esistesse; è, cioè, materia destinata a scomparire insieme al corpo.
Nel grado inferiore è intelletto passivo (intelletto, cioè, capace semplicemente di astrarre il generale dal particolare e di enucleare i concetti di dati sensibili; facoltà, questa, legata ai sensi e all’immaginazione).
Via via salendo nella scala conoscitiva, l’intelletto prende maggior possesso della verità, acquisendo cognizione delle forme e essenze universali, pur rimanendo occasionale e non assoluto.
Nel grado più alto, infine, l’intelletto diviene intelletto acquisito, cioè possesso permanente del sapere, continua presenza delle verità eterne, identità dell’intelletto e dell’intelligibile.
In sostanza, ciò che attualizza o rende acquisito l’intelletto sono, da un lato la riflessione e le conoscenze che ne derivano e, dall’altro, l’influsso dell’Intelletto Agente universale.
Una volta divenuto acquisito o attualizzato, l’intelletto diventa imperituro, unendosi o fondendosi, dopo la morte del corpo, con l’Intelletto Agente, che è l'”Intelligenza separata” della decima e ultima sfera, emanata da Dio e preposta al mondo sub-lunare.
Non tutte le anime, però, pervengono al grado di intelletto acquisito; l’immortalità, quindi, non spetta a tutte indistintamente, ma solo a quelle che saranno state capaci di elevarsi in alto nel processo conoscitivo, meritandosi così la vita eterna.
Insomma, l’immortalità appare essere, anziché una proprietà naturale dell’anima umana in quanto tale, il risultato di una conquista. Solo coloro che avranno tenuto fisso il pensiero sulle verità metafisiche saranno ritenuti degni di non scomparire e di non annullarsi. Gli altri potranno anche scomparire, insieme alla loro esistenza corporea.
Anche se tale supremo grado di conoscenza, in realtà, è presentato talora da Maimonide come la comprensione e la traduzione in atto, da parte dell’uomo, dell’azione morale di Dio, che viene così ad assurgere a modello dell’attività umana, è fuori di dubbio che la speculazione contemplativa intorno all’idea di Dio costituisce lo strumento ideale per conseguire la perfezione e, per sopravvivere alla morte.
Una tale impostazione, è evidente, pone dei problemi a livello religioso. Quale sarà il destino spirituale dei credenti che, privi di cultura filosofica o, non in grado di librarsi verso le supreme vette della speculazione teologica, vivono in maniera fervida il loro rapporto personale con Dio?
Maimonide — allontanandosi su questo punto dalla concezione averroistica, che postulava due distinti piani di “verità”: uno per le masse incolte e uno per gli uomini forniti di attitudini speculative —, pur ammettendo l’inopportunità di rendere partecipi di talune verità religiose le masse, afferma come sia, non solo lecito, ma obbligatorio diffondere fra la generalità degli individui alcune verità religiose fondamentali, soprattutto quelle miranti a stabilire l’unità e l’incorporeità di Dio.
L’interpretazione degli antropomorfismi, in quest’ottica, deve essere diffusa e insegnata a tutti. Ed è proprio in virtù dell’acquisizione di tale conoscenza religiosa minima, da parte di ciascun individuo, che la partecipazione all’eternità del mondo avvenire è garantita anche al più semplice e al più umile tra gli uomini.
Tale conoscenza religiosa minima, necessaria per guadagnarsi l’immortalità nel mondo avvenire, viene sinteticamente formulata da Maimonide in tredici principî fondamentali, noti come “I tredici articoli di fede”.
Tratto dal volume di imminente pubblicazione “Il pensiero filosofico di Mosè Maimonide” (Autore: Rabb. Prof. Giuseppe Laras — Editore Beniamino Carucci).