Un po’ di tutto
Le leggi della guerra
Maimonide fu uno dei pochi, se non l’unico codificatore della legge ebraica, dopo i tempi talmudici, ad includere le leggi dello Stato e dei rapporti internazionali nel suo codice. L’analisi delle norme sulla guerra porta a queste conclusioni: secondo Maimonide
è rigorosamente proibito muovere guerra di sorpresa a un popolo, a meno che non sia noto come nemico dichiarato, o vi sia il pericolo imminente di un suo attacco. Prima di iniziare una guerra, dovrebbero essere esauriti tutti i possibili processi di pace per impedirla, e le relazioni internazionali dovrebbero tener conto dell’immagine creata nella comunità internazionale dal comportamento dello Stato. Non è sufficiente per i leaders dello Stato essere giusti ed amanti della pace; il loro comportamento dovrebbe dimostrare chiaramente che stanno cercando la pace, e che il ricorso alla guerra è per loro solo l’ultima scelta.
Rabbi S. Cohen
Il ruolo di Maimonide nella determinazione della halakhà in terra d’Israele
Nella storia giuridica del popolo ebraico si è verificato un fenomeno interessante. Le varie comunità nel corso delle generazioni hanno sviluppato la tendenza ad adottare le decisioni di una singola autorità rabbinica, sia nei rigori che nelle facilitazioni. Questa autorità viene definita come “Mara d’atrin”, maestro del nostro luogo. Maimonide fu scelto come autorità di riferimento da molte comunità, tra cui quelle dello Yemen, e la terra d’Israele fino al XVII secolo. Con la raccolta delle diaspore sono affluite in terra d’Israele differenti comunità, ciascuna legata ad un’autorità locale: ad esempio i Sefarditi a Yosef Caro, gli Ashkenaziti a Moshè Isserles. Questo approccio pluralistico crea problemi pratici per l’integrazione delle istituzioni israeliane, ponendo dei conflitti legali. Questi potrebbero essere risolti adottando un’unica autorità per Erez Israel; la scelta naturale cade su Maimonide, che lo è stato effettivamente per secoli; ma le opinioni dei maestri contemporanei in proposito sono divise. La scelta di Maimonide trova comunque un numero di importanti sostenitori, anche perché è stato l’unico a considerare nel suo sistema giuridico i problemi della rinascita dello Stato ebraico.
Rabbi Ratzon Arussi
Le “risposte” di Maimonide
Come ogni autorità rabbinica, Maimonide formulò risposte scritte a numerosi quesiti rituali che gli vennero sottoposti. Le risposte di Maimonide furono raccolte in vario modo e pubblicate frammentariamente; grazie alle scoperte della Ghenizà del Cairo, secondo gli ultimi calcoli aggiornati, il loro numero complessivo risale a 464. Si tratta in genere di risposte brevi; spesso chi interrogava si serviva di fogli larghi in cui sotto alla domanda lasciava uno spazio libero che Maimonide riempiva. Molte domande provenivano dall’Oriente e dalla Palestina, in arabo; Maimonide rispondeva nella stessa lingua; solo successivamente furono tradotte in ebraico. Le risposte di Maimonide non ebbero il successo di altre fonti di letteratura responsoria per diversi motivi: il valore preponderante dell’opera ritualistica ordinata, rispetto a fonti così frammentarie; la loro forma sintetica, che spesso le rendeva poco comprensibili; la possibilità di contraddizioni con l’opera principale, che pose il problema di errori o falsificazioni. Secondo l’italiano Shemuèl Portaleone il minore valore di queste risposte rispetto all’opera principale sta anche nel fatto che furono compilate di fretta, senza il necessario approfondito studio.
Prof. Meir Benayahu
Maimonide codificatore
Universalmente Maimonide rappresenta il primo tentativo di codificazione della normativa ebraica, secondo le intenzioni dichiarate nella prefazione del Mishnè Toràh: “In modo che non vi sia bisogno, al di fuori della Toràh stessa, di nessun altro libro normativo”.
L’odierno mondo del diritto dichiara la crisi del Codice, volgendo gli sforzi dei giuristi verso la decodificazione; un codice potrà darci le direttive della norma e mai la regola specifica, esattamente come farà Rambam nella sua ricostruzione delle direttive di Halakhàh. Dobbiamo cercare all’interno delle sue opere qualcosa di più della semplice codificazione; dobbiamo rintracciare gli elementi morali ed educativi, apparentemente metagiuridici, che ci possano condurre alla meta divina.
Citando numerosi esempi, è possibile sostenere che spesso il criterio strettamente giuridico sembra venir sacrificato a favore di un criterio di comportamento umanitario ed universale che non rimane mai astrazione, ma viene esso stesso codificato, per tradursi nel linguaggio della pratica quotidiana.
Alfredo Mordehai Rabello
Dal secondo seminario internazionale sulle fonti della legge contemporanea — Maimonide come codificatore della legge ebraica. Gerusalemme 12–18 agosto 1985.