Olio e formaggio sono i simboli di festa, ma sono diverse le preparazioni da provare per celebrare Hanukkah, ricorrenza ebraica che dura ben otto giorni. Dai bomboloni fritti alle monete di cioccolato, il gusto è garantito
Si chiamano menorah i candelabri a otto braccia che si accenderanno la sera del 7 dicembre, e che fino al 15 continueranno a brillare in occasione di Hanukkah. È infatti detta anche Festa delle luci, la celebrazione ebraica che commemora la riconsacrazione dell’altare del Tempio di Gerusalemme avvenuta nel 165 a.C., in seguito alla conquistata libertà dagli Elleni.
Hanukkah, la festa delle luci
Una festa che dura ben otto giorni! Il motivo? Si narra che al momento della purificazione e riconsacrazione del Tempio fosse disponibile una quantità di olio sufficiente per tenere acceso il candelabro per un giorno al massimo. Ma il popolo ebraico, deciso a procedere lo stesso, lo utilizzò comunque e la fiamma rimase miracolosamente viva per tutto il tempo. Non c’è da stupirsi, quindi, che sia proprio l’olio uno dei grandi protagonisti dei piatti tipici dei giorni di festa. Ecco quali sono.
Hanukkah: formaggi e monete di cioccolata
Immancabili sulle tavole di Hanukkah, latticini e formaggi, ingredienti fondamentali per ricette come la cassola di ricotta con uvetta, e i blintz, delle crêpes ripiene di formaggio fresco. Secondo la leggenda, quando il villaggio di Betulia stava per arrendersi definitivamente a Oloferne, generale che da tempo assediava il territorio, la giovane Giuditta salvò il popolo offrendo all’uomo un cesto di formaggi saporiti. Il generale ne mangiò a sazietà accompagnandoli con grandi quantità di vino, fino a cadere ubriaco: allora, Giuditta gli tagliò la testa e la sua gente poté finalmente scacciare gli invasori, liberandosi dal dominio. Non c’è poi Hanukkah senza cioccolata: monete di cioccolata, per la precisione, da regalare ai bambini nei giorni di festa. Le hanukkah gelt hanno origini antiche: quando i Maccabei, un movimento ebraico che si ribellò ad Antioco IV Epìfane, ebbero la meglio, la vittoria venne celebrata con una nuova moneta. Nacque così nel tempo la tradizione di scambiare monete dolci come augurio di buon auspicio, inizialmente donate dai più piccoli agli insegnanti in segno di riconoscenza.
I sufganiyot e la cassola di ricotta
Altro dolce onnipresente sulle tavole festive, i sufganiyot, nome che letteralmente significa “spugna”. La pasta di questi bomboloni ripieni – versioni diverse dei krapfen e altri prodotti simili condivisi da più culture – deve infatti risultare soffice e spugnosa, per accogliere il ripieno di confettura. Passaggio fondamentale in questo caso è la frittura, un tipo di cottura che caratterizza molto la tradizione ebraica, particolarmente importante per la festa delle luci, perché vuole commemorare il miracolo dell’olio nel tempio. C’è poi la cassola, che nonostante l’assonanza non ha nulla a che vedere con il piatto lombardo: si tratta di una torta di ricotta compatta e cremosa, golosissima, del tutto priva di farina, aromatizzata con cannella, scorza di limone, uvetta o pezzi di cioccolato. Secondo lo storico Ariel Toaff, autore di “Mangiare alla Giudia”, il nome deriverebbe infatti da “cascio” (cacio), proprio per sottolineare la presenza del formaggio.
I latkes, il challah e la zuppa di matzoh ball
Per gli amanti del salato, ci sono i latkes, delle frittelle di patate simili ai rösti svizzeri, fatte con patate grattugiate, farina, uova, e fritte in olio bollente. Una preparazione che in origine prevedeva l’uso del formaggio, che solo dopo la scoperta dell’America venne sostituito dalla patata: un ingrediente perfetto per soddisfare grandi bisogni, per via del basso costo e della facile reperibilità. Sul fronte lievitati, c’è la challah, treccia di pan brioche a base di farina, lievito, zucchero, uova, miele e olio, mentre come carne si usa molto il brisket, il petto di manzo da cuocere alla brace. Un altro piatto tipico delle ricorrenze ebraiche è infine la zuppa di matzoh ball, una specie di grandi gnocchi fatti con il matzah (il pane non lievitato) sbriciolato, uova e olio, immersi nel brodo di pollo.
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