Rav Ariel Di Porto – Sinagoga di Alessandria
Il tema del rapporto con gli ebrei assume un ruolo centrale all’interno della dottrina di Lutero; come scrive Kaufmann in- Gli ebrei di Lutero, di recente pubblicazione, “Anche se nell’ambiente in cui visse e operò di ebrei ce ne fossero veramente pochi, nel mondo testuale di Lutero essi erano onnipresenti[1]”.
Negli Ebrei e le loro menzogne del 1543, dove troviamo una serie di cambiamenti radicali nel suo atteggiamento, Lutero raccomanda, con il suo tipico linguaggio pieno di livore, che avrebbe avuto nelle opere luterane altri obiettivi polemici, fra cui il Papa, anche se le sensazioni nel lettore sono diverse, alla luce della storia successiva, una serie di misure nei confronti degli ebrei che sconvolgono il lettore di oggi: a) incendiare le sinagoghe e le scuole; b) abbattere le case degli ebrei e metterli sotto una tettoia o in una stalla, come gli zingari; c) privarli dei loro libri religiosi; d) vietare, pena la morte, ai rabbini di insegnare; e) privare gli ebrei di salvacondotti, visto che non sono signori, funzionari, mercanti o simili, e non hanno nulla da fare in campagna, e di ogni tutela giuridica; f) vietare loro di predicare l’usura; g) sequestrare le loro ricchezze; h) obbligarli a lavorare manualmente; i) vietare di pronunciare il Nome divino in presenza di cristiani. Molte di queste misure erano già realtà in vari paesi d’Europa, quelli dai quali gli ebrei non erano stati ancora cacciati. Il libello, pubblicato tre anni prima della morte di Lutero, contiene una violenza notevole nei confronti degli ebrei: “esseri tanto disperati, cattivi, velenosi e diabolici fino al midollo sono questi ebrei, i quali in questi millequattrocento anni sono stati la nostra piaga, pestilenza, e ogni sventura, e continuano ad esserlo[2]”. L’antisemitismo di Lutero fonde temi teologici e religiosi tradizionali della polemica antigiudaica di matrice cristiana ad elementi più moderni, su base razziale, alimentati da miti, quali quello sull’usura, sugli omicidi rituali, ecc. Le parole di Lutero sono significative anche perché in netto contrasto con quanto affermava nei decenni precedenti.
In un suo scritto del 1523 infatti Lutero affermava che gli ebrei avevano avuto ragione nel respingere le pretese del papismo, e che egli stesso avrebbe fatto altrettanto se fosse stato uno di loro. Molti studiosi, fra cui Adriano Prosperi[3] e Leon Poliakov[4] ritengono che le posizioni iniziali di Lutero derivassero dalla dottrina agostiniana, secondo la quale gli ebrei dovevano rimanere protetti nelle loro vite e nel loro culto, in quanto popolo testimone della crocifissione, per testimoniare così la verità del cristianesimo e l’errore dell’ebraismo. Il cambiamento di posizione di Lutero derivò con ogni probabilità dalle opinioni degli ebrei circa la corretta interpretazione delle scritture, che sfidavano le nuove fondamenta dell’autorità religiosa[5], oltre che dalla constatazione che gli ebrei non avrebbero accettato la conversione al cristianesimo e che un atteggiamento accomodante non avrebbe condotto ai risultati sperati, tant’è che ne Gli ebrei e le loro menzogne Lutero ritiene ormai inutile discutere con un ebreo. Al più se necessario si può usare questo unico argomento: “Ascolta ebreo, non lo sai che Gerusalemme e il vostro regno, il Tempio e il vostro clero sono stati distrutti da più di 1460 anni? … Dà agli ebrei quest’osso da rodere e lasciali mordere e litigare finché vogliono”. In un altro pamphlet contemporaneo a Gli ebrei e le loro menzogne, dal titolo Shem ha-meforash, Lutero, sin dalla prefazione, puntualizza di avere abbandonato l’idea di convertire gli ebrei; ora intende edificare i tedeschi, perché “convertire un ebreo è facile quanto convertire il diavolo. Perché un ebreo, un cuore ebreo, è duro come un bastone, come la pietra, come il ferro, come il diavolo stesso. In poche parole, sono figli del diavolo, condannati alle fiamme dell’inferno”. L’odio nei confronti degli ebrei non abbandonò Lutero neanche in punto di morte, tanto che nel suo ultimo sermone, pronunciato appena tre giorni prima di morire, Un ammonimento contro gli Ebrei, affermava: “chi impedisce agli ebrei di tornare in Giudea? Nessuno. Forniremo loro tutte le provviste per il viaggio, pur di liberarci di questi parassiti disgustosi. Essi sono un terribile peso per noi, una vera calamità; sono la peste in mezzo a noi”.
La critica non ha recepito in maniera uniforme l’evoluzione del pensiero di Lutero: secondo alcuni vi è una continuità di fondo, che si sviluppa già dalle opere giovanili, come il Commento ai Salmi; per altri vi è invece un radicale mutamento che si consuma fra il 1523 e il 1543; altri sostengono che vi sia un graduale regresso verso le forme tipiche dell’antisemitismo medievale[6].
Paolo Ricca scrive che “il grande riformatore… sulla questione del rapporto con l’ebraismo, non ha riformato nulla, non è stato “grande riformatore”, e neppure piccolo[7]”. Per giustificare questo atteggiamento non è sufficiente dire che Lutero è un figlio del suo tempo, perché su svariati versanti ha avuto il coraggio e la forza di attaccare la Chiesa e la tradizione cristiana, criticandola in profondità, e avrebbe potuto fare altrettanto circa questo aspetto. Ha recuperato anzi affermazioni tradizionali della polemica antigiudaica, senza mai verificarle, fornendo un’immagine deformata del giudaismo, caricandola peraltro della sua autorità. Basterebbe pensare che, alcuni secoli dopo, durante il processo di Norimberga, il nazista Julius Streicher avrebbe affermato che il dottor Martin Lutero, “oggi, sarebbe sicuramente al mio posto sul banco degli accusati[8]”. Varie chiese evangeliche tedesche durante la guerra avevano fatto proprie le posizioni di Lutero, pubblicando una serie di dichiarazioni antisemite e razziste, secondo le quali la guerra in corso non era altro che un’operazione difensiva che il Reich aveva intrapreso contro gli ebrei, ritenuti nemici del mondo e del Reich. Hitler in persona definiva Lutero l’Hercules Germanicus e Propheta Germaniae. Leggere le parole di Lutero dopo la Shoah non fa altro che accrescere la disapprovazione nel lettore.
L’approccio di Lutero nei confronti degli ebrei, dopo una prima fase nella quale si era mostrato più morbido, non tardò ad emergere: già nel 1526, Lutero criticava gli ebrei per la loro testardaggine. Nel 1537 perorò la decisione di espellere gli ebrei dalla Sassonia e nel 1545 scrisse a Gioacchino II del Brandeburgo, disapprovando la sua decisione di riammettere gli ebrei. Altri riformatori, come Calvino, mostrarono un atteggiamento molto più conciliante nei confronti del popolo ebraico, incontrandone degli esponenti, cercando di mitigare l’antagonismo fra cristiani ed ebrei e modificando fra l’altro, nell’opuscolo De Usuris, il tradizionale atteggiamento cristiano sull’usura.
Scrive Paolo Ricca: “Certo, per noi oggi, 500 anni dopo, in una situazione storica, culturale e religiosa, non solo completamente diversa, ma diametralmente opposta a quella in cui visse Lutero, è facile, oltre che doveroso, criticarlo e dissociarci radicalmente dalle sue posizioni su questo punto, anche se può darsi benissimo che, al posto sue e nelle sue condizioni, non avremmo forse saputo far meglio di quanto abbia fatto lui. Il nostro compito oggi è di cercare di costruire con gli ebrei, nella misura del possibile, una storia nuova e completamente diversa da quella scritta del cristianesimo storico fino a pochi decenni or sono”[9]. Le chiese evangeliche negli ultimi anni, con l’avvicinarsi dell’anniversario della riforma, hanno a più riprese preso posizione sul tema, prendendo le distanze dalle parole di Lutero, anche ufficialmente, ad esempio per mezzo della Dichiarazione nella seconda sessione del dodicesimo Sinodo della Chiesa Evangelica in Germania (EKD, novembre 2015). Nel 1994 il Church Council of the Evalengelical Lutehran Church negli Stati Uniti bandì formalmente la lettura degli opuscoli antisemiti di Lutero. Come scrive il pastore H. Bludau, decano della chiesa evangelica-luterana in Italia, “si è capito che quello della tolleranza non fu un concetto-guida, per i riformatori”.
[1] T. Kaufmann, Gli ebrei di Lutero, p. 21.
[2] M. Lutero, Degli ebrei e delle loro menzogne, Torino 2000, p. 200.
[3] Introduzione a M. Lutero, Degli ebrei e delle loro menzogne, cit. p. XXXVII.
[4] L. Poliakov, Introduzione a Storia dell’antisemitismo 1945-1993, Firenze 1996, p. 7.
[5] J. I. Israel, Gli ebrei d’Europa nell’età moderna (1550-1750), Bologna 1991, p. 21.
[6] Vedi P. Stefani, recensione a Gli ebrei di Lutero, disponibile nel sito www.tologiamilano.it.
[7] Citazione tratta dal sito www.chiesavaldesetrapani.com.
[8] L. Kaennel, Lutero era antisemita?, Torino 1999, p. 69.
[9] Citazione tratta dal sito www.chiesavaldesetrapani.com.