Uno dei racconti più problematici che troviamo nel Talmud, citato per spiegare perché Gerusalemme fu distrutta, è narrato nel trattato di Ghittin 55b. Disse rabbì Yochanàn: Qual è il significato di quanto è scritto: Fortunato è colui che teme sempre le conseguenze delle sue azioni e colui che indurisce il suo cuore sarà colpito duramente (Pro. 28:14)? …
A causa di ciò che accadde a Qamtzà e Bar Qamtzà fu distrutta Gerusalemme.
Un tale, che aveva un amico di nome Qamtzà e un nemico di nome Bar Qamtzà, diede un banchetto. Disse al suo servo: Vai e invita Qamtzà al banchetto.
Il servo andò e per errore invitò Bar Qamtzà.
Quando il padrone arrivò al banchetto e trovò Bar Qamtzà lì seduto, gli disse: Siccome tu sei mio nemico, che cosa ci fai qui? Alzati e vattene!
Bar Qamtzà gli disse: Oramai che sono qui, lasciami rimanere, e ti pagherò il valore di ciò che mangio e bevo.
Ma il padrone del banchetto gli rispose: No.
Bar Qamtzà gli disse: Ti darò il valore della metà del tuo banchetto!
Di nuovo gli rispose: No.
Bar Qamtzà gli disse: Ti darò l’intero valore del tuo banchetto!
Di nuovo gli rispose: No!
Allora quell’uomo afferrò Bar Qamtzà con le sue mani, lo alzò di peso e lo sbattè fuori dal banchetto.
Disse Bar Qamtzà a sé stesso: Siccome i Rabbini erano seduti al banchetto e non l’hanno rimproverato, è evidente che a loro sta bene ciò che ha fatto il padrone. Ora, io andrò e calunnierò i rabbini davanti all’imperatore.
Bar Qamtzà Andò e disse all’imperatore: Gli ebrei si sono ribellati contro di te!
Gli disse l’imperatore: Chi te lo dice?
Gli rispose Bar Qamtzà: Manda loro un animale in sacrificio e vedi se lo offrono al Tempio!
L’imperatore andò e mandò un vitello sano e buono con Bar Qamtzà. Mentre stava andando a Gerusalemme, Bar Qamtzà provocò un’imperfezione al labbro superiore dell’animale, e c’è chi dice che la provocò nel suo occhio. Comunque sia, Bar Qamtzà provocò un’imperfezione laddove viene considerata imperfezione per noi (ebrei) per il Tempio, ma non viene considerato come imperfezione per loro (i romani), per ciò che era loro consentito offrire fuori dal Tempio.
I Rabbini considerarono la possibilità di offrirlo comunque per mantenere buone relazioni col governo romano.
Disse loro rabbì Zekharyà ben Avqulàs: Ma le persone direbbero che è possibile offrire animali difettosi sull’Altare!
I Rabbini pensarono di uccidere Bar Qamtzà, così che non potesse andare dall’imperatore e dirgli che la sua offerta era stata rifiutata.
Disse loro rabbì Zekharyà: Se lo condanniamo a morte, le persone comuni direbbero erroneamente che colui che provoca difetti ad un animale consacrato è punibile con la morte!
Disse rabbì Yochanàn: L’umiltà eccessiva di rabbì Zekharyà ben Avqulàs che rifiutò di condannare a morte Bar Qamtzà, distrusse il nostro Tempio, bruciò il nostro Santuario e ci esiliò dalla nostra terra.
Ciò che caratterizza questo racconto è il fatto che i personaggi (tranne Rabbi Yochanàn e rabbi Zekharyà) sono rappresentati in forma anonima:
1. Chi è la persona che organizza il banchetto
2. Chi è Qamtzà, chi Bar Qamtzà
3. Soprattutto chi sono i Maestri che rifiutano di prendere posizione quando vedono che la persona che li ha invitati sbatte fuori Bar Qamtzà in malo modo.
4. Chi sono i presenti, che avendo assistito al dialogo e all’accaduto, non sono intervenuti per difendere Bar Qamtzà.
5. Non si capisce quale sia il motivo dell’odio del padrone del banchetto per Bar Qamzà e poi perché Bar Qamtzà insiste nel voler partecipare al banchetto visto che era chiaramente odiato. Come spiegare la sua decisione di rivolgersi all’Imperatore romano sapendo che questi avrebbe potuto approfittare per attaccare la Giudea.
6. Qual è il significato dell’imperfezione che Bar Qamtzà produce all’animale? Che differenza c’è se si tratta del labbro o dell’occhio?
I nomi dei due protagonisti (sono chiaramente simbolici Qamtsà non compare mai, ma è ben rappresentato dal padrone del banchetto): Qamtsà deriva dalla radice Qamatz, cioè chiudere la mano. Questa era l’azione che faceva il sacerdote quando celebrava una minhà, cioè un sacrificio a base di farina. Prendeva una manciata di farina e labruciava (Levitico 2, 1-2). “Uno dei sacerdoti prenderà di là una manciata (Kumtsò), quanto il suo pugno, pieno del suo fior di farina…ciò che rimane della minkhà è per Aronne e i suoi figli…”: nel compiere questa azione quindi una parte rimaneva all’esterno. In ebraico il Qamtzàn è l’avaro, colui che pensa solo a sé stesso e non tiene in alcun conto gli altri e le loro idee. Il padrone di casa apparteneva al gruppo di coloro che chiudono la propria mano, pensa solo a se stesso e non è pronto ad entrare in relazione con gli altri, non è pronto a nessuna forma di dialogo. Bar significa figlio, e in contrapposizione a questo gruppo nasce Bar Qamtzà; ognuno è convinto di possedere tutta la verità e non è pronto a fare nessuna concessione all’altro, al massimo è interessato a parlare con lui per fargli cambiare idea.
Durante l’assedio di Gerusalemme si confrontavano due gruppi e di fatto i Maestri non furono capaci di prendere una chiara posizione e rimangono in silenzio e non prendono posizione, ma di fronte alle provocazioni di Rav Zekharyà sembra siano costretti a prendere posizione e propongono di applicare il concetto di Shlom Malkhut, buone relazioni con il governo romano. Rav Zekharià si presenta come un Maestro ossessionato solo all’applicazione della Torà, costi quel che costi, anche la distruzione di Gerusalemme. Non è compito suo salvaguardare gli altri, ma solo la Torà: cosa diranno e faranno le generazioni successive quando sapranno che è stato profanato il Santuario con un sacrificio proibito. La visione dei Maestri era basata sulla possibilità di applicare la norma, del Shlom Malkhut prevista per i casi più gravi. In altre fonti, Rabbi Yochannan dice che il motivo per cui era stata distrutta Gerusalemme era che avevano applicato la legge senza tenere conto di usare il principio Lifnim mishurat hadin, cioè al di là del diritto puro e semplice, la capacità di interpretare la Torà secondo tutti i suoi principi, quindi andando oltre a quello che era lalegge in una situazione normale, ma non in un momento drammatico, in cui shalom shel malkhut, l’obiettivo della pace, la concordia nel paese avrebbe dovuto prevalere.
Nessuno era interessato a dialogare, una chiusura legata al fatto di credere di possedere tutta la verità. Forse Bar Qamtzà insiste a rimanere per poter dire la sua e magari influenzare gli altri, ma la sua insistenza diventa sospetta.
Tutti i presenti fanno parte del gruppo Qamtzà e per questo non intervengono. I Maestri cercano di mantenersi neutrali, ma poi messi alle strette da rav Zekharyà, cedono e non consentono la presentazione del sacrificio.
Se si segue la norma così come è scritta, non c’è bisogno dei Maestri, che hanno il compito e il dovere di applicare la Torà, tenendo conto della situazione specifica cui sono chiamati a dare una risposta. Nel caso specifico era chiaro che i Romani avrebbero conquistato la città e sarebbe stato più opportuno trovare una soluzione di compromesso. I Maestri si sono lasciati trascinare dal “rigore” di rav Zekharyà ben avkulas incapace di leggere la situazione, e secondo altre fonti incapace di decidere. La situazione era drammatica ed era necessario avere il coraggio di dire sì al sacrifico per salvare Gerusalemme e il Tempio.
In effetti alla fine è questa la soluzione che prenderà Rabban Yochanan, fingendosi per morto, e trasportato davanti a Vespasiano con un sotterfugio, farà la scelta che gli altri Maestri, troppo legati al potere e alla parte benestante della città, non avevano voluto fare.
Se all’inizio sembra che la responsabilità sia di Qamtsa e Bar Qamtsà, alla fine Raban Yochanan conclude che è stato l’eccessivo rigore di Rav Zeakharyà cui gli altri Maestri si allineano che ha provocato la distruzione di Gerusalemme, del Tempio e causato l’esilio degli ebrei.
Può essere interessante cercare di capire cosa intende dire il Midrash parlando di un difetto sull’occhio o sul labbro. I criteri di purità delle due culture, quella ebraica e quella romana erano diversi. Il sacrificio che rappresenta la persona per la quale viene offerto doveva essere privo di difetti: le labbra rappresentano la parola e sappiamo quanto sia importante la proibizione di lashon harà, maldicenza, l’uso inappropriato della parola; ma sappiamo anche da una delle mitzvoth che facciamo giornalmente quanto sia importante la mizvà del Tzizit, vedere la realtà e sapere distinguere i vari colori, l’azzuro dal bianco ecc: un uso corretto della vista, assieme alla parola, è essenziale per la società. Su questo non si può fare compromessi, dice Rabbi Zekharà, ma di altra opinion era rabbi Yochannan interessato a salvare tutta la Torà, gli ebrei e l’ebraismo, anche senza il Santuario.
Questa storia, come tutto ciò che ci hanno tramandato i Maestri, è vicina alla realtà quotidiana: solo quando ognuno potrà capire fino in fondo la verità che c’è nell’opinione di chi si oppone a lui, allora il popolo d’Israele e la Comunità ebraica internazionale potrà guardare avanti con fiducia e speranza.
Il conflitto non è soltanto sulla questione della riforma della giustizia, ma su tanti aspetti: la responsabilità degli intellettuali, dei capi politici e dei rabbini è molto alta: l’insoddisfazione di come viene gestita la Halakhà in vari campi è purtroppo cosa di tutti i giorni.
È chiaro quindi cosa intende dire Rabban Yochanan con le sue parole. Ci chiediamo quando sorgerà un Rabbàn Yochanan che avrà la forza e il coraggio che servono per sbloccare questa e altre situazioni che rischiano di danneggiare il futuro ebraico.
Scialom Bahbout