“E l’Eterno disse a Mosè: di così ai figli d’Israele, voi stessi avete visto che Io vi ho parlato dai cieli” (Esodo 20:22). Questa settimana la Torà racconta l’evento della rivelazione divina ai figli d’Israele sul monte Sinai e dell’ascesa di Mosè sulla cima della montagna – dopo la rivelazione – per ricevere la Torà.
Il Talmud (Shabbat 88b) racconta del confronto che Mosè ebbe con gli angeli i quali si opponevano alla decisione del Signore di dare la Torà, che era stata nei cieli per millenni, ad esseri mortali.
Mosè, autorizzato dal Signore a rispondere all’argomentazione degli angeli, disse che gli esseri superiori non hanno bisogno delle leggi della Torà. Il comando dello Shabbat è rilevante solo per coloro che lavorano durante la settimana e gli angeli non lavorano; il divieto di furto è pertinente solo per coloro che provano gelosia e vogliono competere e gli angeli non hanno sentimenti e istinti.
La risposta di Mosè, che sembra risolutiva ai fini della disputa, pone la questione di quale fosse la ragione su cui si basava l’opposizione degli angeli.
Rav Chydà (Chayym Yosef David Azulay, 1724-1806), spiega che la contrarietà dagli angeli si basava su una norma detta “Dinà devar mitzra” (Talmud Bavli, Bava Metzia 108b). Questa norma stabilisce che se una persona desidera vendere un bene immobile, deve concedere il diritto di prelazione al proprietario dell’immobile confinante. Ad un proprietario confinante, siccome potrebbe beneficiare e valorizzare quell’immobile più di altri non confinanti, è doveroso concedergli una prelazione per l’acquisto. Gli angeli sostenevano che se Dio voleva “vendere” la Torà, avrebbe dovuto offrirla prima a loro, poiché risiedono nei cieli e sono loro, pertanto, i “vicini” della Torà.
Rav Chydà, nella sua spiegazione, sottolinea il fatto che gli angeli avrebbero portato una halakhà, a sostegno della loro opposizione, per poter soverchiare la risposta di Mosè che, invece, non presentava una base giuridica ma argomentava solo sul piano della giusta funzionalità della Torà, necessaria per gli uomini e superflua per gli angeli.
Rav Meir Shapiro di Lublino (Polonia, 1887-1933), pone allora la sua attenzione su un evento precedente il dono della Torà sul Sinai. Dopo tre giorni dal passaggio del Mar Rosso, i figli d’Israele si accamparono a Marà e li gli furono insegnati in anticipo alcuni precetti della Torà (Esodo 15:25). Nello specifico, commenta Rash”y (Rabbì Shelomò Ytzchaqì, 1040-1105), sono state insegnate quattro norme: lo Shabbat, la vacca rossa, onorare i genitori e l’obbligo di istituire un giusto sistema giuridico. Le norma della vacca rossa, segue il principio secondo il quale il Signore “concede la cura prima della malattia”, infatti, la vacca rossa è il precetto dato per purificare la colpa del vitello d’oro che, da li a poco, gli ebrei avrebbero commesso. Gli altri tre precetti, secondo Rav Shapiro, hanno un tema comune, quello della nostra partnership con il Creatore. I maestri insegnano che chiunque osservi correttamente lo Shabbat è considerato come se avesse collaborato con il Signore nella creazione del mondo; un giudice che opera giustizia in modo veritiero è considerato partner del Giudice Supremo; una persona che onora i propri genitori, rende onore ai soci che hanno preso parte alla sua creazione: sua madre, suo padre e il Signore che mette l’anima. Ricevendo e abbracciando questi insegnamenti, prima del dono della Torà, i figli d’Israele sono diventavi “soci” del Creatore e questo nuovo status giuridico, rappresenta una eccezione diritto alla precedenza della norma del “Bar Mitzra”.
Se un socio del venditore desidera acquistare l’immobile, riceve lui i diritti di prelazione, nonostante un proprietario confinante avesse anche lui interesse all’acquisto.
Ecco che i figli d’Israele avevano pieno diritto a ricevere la Torà nonostante l’opposizione degli angeli.
Noi non siamo servitori del Creatore, siamo suoi “partner”, in quanto lo rappresentiamo nel mondo e conduciamo le nostre vite secondo la Sua volontà che possiamo conoscere grazie alla Torà.
In virtù della prova di Marà, abbiamo acquisito quel diritto di prelazione sulla Torà. Anche se siamo semplici mortali che vivono qui sulla terra, ci è stato comunque concesso il prezioso dono della Torà.
Ricordiamoci di questo impegno affinché, dall’alto, possano confluire nel nostro mondo le benedizioni e le benignità che provengono, soprattutto, da quello che noi facciamo confluire – dal basso – con l’osservanza dei precetti di quel sacro dono che è stato messo a nostra disposizione, Shabbat Shalom!