“Uscì Ya’akòv da Beer Shèva e andò a Charàn…” (Bereshìt 28, 10). Rashì nota che, l’uso del verbo uscire sembra essere superfluo. Infatti dicendo che, Ya’akòv andò a Charàn, è sottinteso che uscì da Beer Shèva. Secondo Rashì la Torà sottolinea che Ya’akòv uscì per evidenziare che l’uscita di uno tzaddìk lascia il segno e fa impressione.
Il Chatam Sofèr si domanda allora come mai non venga usato anche a proposito di Avraham il verbo “uscì” dal momento che l’ebraismo insegna, che “l’uscita di un giusto (tzaddìk) fa notevole impressione”. La risposta è che, quando Ya’akòv partì, l’ambiente che lasciava era quello familiare di suo padre Itzchak e di sua madre Rivkà, sui quali la sua partenza fece una grande impressione. Quando invece Avraham partì, l’ambiente idolatrico dal quale si separava rimase del tutto indifferente e non provò per questo fatto alcuna emozione o senso di perdita.