La nascita di Yitzchàk, figlio di Avraham e Sara, fu un evento straordinario. Avraham aveva cent’anni e Sara, novanta. Anche tenendo conto del fatto che la vita dei patriarchi era molto più lunga della nostra, per una donna avere un figlio all’età di novant’anni è una cosa al di fuori del normale. Infatti Sara stessa, che pure visse cento ventisette anni (e per la quale novant’anni corrispondevano a circa sessanta anni nostri), aveva detto che aveva passato l’età normale perché una donna potesse concepire.
Nella nostra parashà è scritto: “E Sara concepì e partorì ad Avraham un figlio per la sua vecchiaia, proprio nel periodo che Dio aveva detto” (Bereshìt, 21:2).
R. Shimshon Rafael Hirsch (Amburgo, 1808-1888, Francoforte) nel suo commento alla Torà fa osservare che l’espressione “ben lizkunav”, un figlio per la sua vecchiaia, non va presa necessariamente nel senso letterale. Infatti una frase simile appare più avanti nella Torà riguardo a Yosef, figlio di Ya’akòv, dove è scritto: “E Israel amava Yosef più degli altri figli perche era il figlio della sua vecchiaia” (ibid, 37:3). Yosef, l’undicesimo figlio di Ya’akòv, era solo sette anni più giovane del primogenito Reuven. Pertanto anche nella nostra parashà l’espressione “figlio per la sua vecchaia” non va necessariamente presa in modo letterale se si tiene conto delle spiegazioni che danno i Maestri nel Midràsh.
Riguardo a Yosef, il Midràsh offre due spiegazioni alternative: nella prima, usando un gioco di parole tra “zekunin” (vecchiaia) e “ziv ikonin” (somiglianza) viene spiegato che Yosef assomigliava al padre, un concetto citato anche in relazione a Yitzchàk e al padre Avraham; nella seconda, l’espressione “figlio per la sua vecchiaia” viene intesa per dire che tutta la sapienza che Ya’akòv aveva accumulato l’aveva passata al figlio Yosef.
R. Hirsch aggiunge che “zekunin” sono gli anni nei quali una persona si rende conto che dovrà lasciare questo mondo. Durante questi anni i suoi pensieri sono rivolti al giovane “alberello” al quale potrà lasciare il suo “pacchetto” spirituale, al giovane che prenderà il suo posto e nel quale il suo spirito continuerà a vivere dopo la sua morte. Il “figlio per sua vecchiaia” è il figlio che mostra di promettere di diventare l’erede spirituale del padre e che il padre ha istruito proprio a tale scopo. Yitzchàk era destinato ad essere questo figlio.
R. Joseph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993, Boston) offre qualche osservazione sulla reazione di Sara, che diventò madre a novant’anni. “E Sara disse: Dio mi ha dato una grande gioia, chi lo verrà a sapere gioirà con me” (ibid., 21:6). La personalità di Sara si manifesta nella nascita di Yitzchàk. Nessuno si aspettava questo evento straordinario e Sara reagì in due modi: prima fu presa dal riso. Sara era sopraffatta dalla gioia e continuava a ripetere: Chi avrebbe mai detto che sarei stata capace di avere figli. D’altra parte Sara capì che il Creatore non le aveva dato un figlio per motivi sociali. Sapeva che qualcosa di più grande e di più importante sarebbe accaduto per via di questa nascita. Si rendeva conto della grande responsabilità dell’evento, di diventare la madre di un popolo.
Infine è interessante citare il trattato Shabbàt (95a) dove vengono menzionati due maestri di nome Mar. Per distinguerli, uno veniva chiamato Mar Kashisha, Mar il vecchio, e l’altro Mar Yanuka, Mar il giovane. Nelle Tosafòt viene spiegato che il più giovane dei due era quello chiamato Mar Kashisha, Mar il vecchio, perché era nato quando il padre era anziano. Tutto questo per insegnare che un figlio nato da un padre anziano ha il vantaggio di poter assorbire la sapienza e l’esperienza di vita acquisiti dal padre durante la sua lunga vita, mentre un figlio nato da un padre giovane non può godere degli stessi benefici. Yitzchàk ebbe il vantaggio di essere figlio di genitori entrambi anziani.