“Ho supplicato l’Eterno in quel medesimo momento dicendo” (Deuteronomio 3:23). Con queste parole inizia l’appassionata supplica di Mosè al Signore affinché gli fosse concesso di entrare nella Terra di Israele. In questo discorso ai figli d’Israele, Mosè ricordò come ha supplicato per cercare di ottenere la concessione di poter entrare nella terra insieme a loro.
L’Or Hachayym (Rabbì Chayym Ben Attar, 1696-1743) spiega che in questo versetto, Mosè ha trasmesso i quattro principi fondamentali affinché si possa massimizzare l’efficacia di una preghiera e aiutarne l’accettazione.
Il primo principio, si trova nella parola “Waetchanan / ho supplicato”. Questo particolare verbo non si riferisce semplicemente alla preghiera, ma a quella fatta con umiltà e sottomissione, come un povero che implora la carità. L’Or Hachayym, a sostegno di questo principio, riporta un verso del libro dei Proverbi (Mishleh 18:23), “Tachanunim yedaber rash / il povero pronuncia parole di supplica”. Quindi, la parola “Waetchanan/ho supplicato”, allude alla preghiera recitata con lo stesso animo di un povero che implora umilmente aiuto, riconoscendo la nostra completa dipendenza da Dio per i nostri bisogni.
Il secondo principio, è espresso attraverso il nome di Dio “Hawaya”, il Tetragramma, che dichiara l’attributo del “Chesed”, la benignità divina. Mentre preghiamo, dobbiamo fare appello a ciò che l’Or Hachayym chiama “Meqor Harachamim / la fonte di misericordia”. Richiedere nella preghiera l’attributo di misericordia di Dio, significa esprimere fiducia nella Sua infinita compassione e, soprattutto, consapevolezza del fatto che il Signore è pronto a provvedere ai nostri bisogni e ad esaudire le nostre richieste anche se non lo meritiamo.
Il terzo principio è collegato on l’espressione “Baet hahi / in quel momento”. L’Or Hachayym spiega che, sebbene la preghiera sia preziosa e benefica in qualsiasi momento, esistono determinati momenti chiamati “Et ratzon / momento di gradimento, occasioni particolarmente propizie per ottenere risposta alle nostre preghiere. Mosè, ovviamente, sapeva esattamente quali fossero questi momenti di gradimento e così pronunciò la sua preghiera in uno di essi. L’Or Hachayym cita l’interpretazione dei maestri secondo cui quel “momento” era la guerra contro i regni di Sichon re di CHeshbon e Og re di Bashan. Quella vittoria, diede effettivamente inizio al processo di conquista della terra d’Israele e forse per questo, Mosè sentì che era un momento propizio per pregare per ottenere il privilegio di vedere il completamento di questo processo dall’altra parte del fiume.
Il quarto principio sta nell’ultima parola di questo versetto, “Lemor / dicendo”. Questo termine esprime sempre il concetto che le parole di un discorso, o dell’insegnamento di un precetto, o di una preghiera come i questo caso, sono scelte da Mosè con attenzione e cura. Mosè ci insegna che quando si prega il Signore, bisogna assicurarsi di usare le parole giuste, di esprimersi chiaramente, di articolare in modo molto specifico ciò che si chiede. La formulazione corretta e precisa delle proprie parole è fondamentale per l’efficacia della preghiera.
Per riassumere, possiamo definire così i quattro principi fondamentali di una preghiera:
1. Modalità
2. A Chi si rivolge
3. Momento propizio
4. Linguaggio
Impariamo per bene e proviamo a seguire l’esempio della preghiera di Mosè: pregando con le giuste intenzioni, a Chi di dovere, nei momenti propizi e con parole adeguate, sempre nella consapevolezza che questi principi ci offrono “solamente” di avere qualche possibilità in più di ottenere la risposta che desideriamo e non la certezza assoluta.
Perché Mosè, nonostante tutto, non vede la sua preghiera accolta, e non omette questo dettaglio per insegnarci che, alla fine, dobbiamo anche saper accettare con tutto il cuore la volontà di Dio, qualunque sia, Shabbat Shalom.