Pier Luigi Guiducci
Nella manovra di accerchiamento attuata dai nazisti il 16 ottobre del 1943 non venne rivolta una particolare attenzione all’Isola Tiberina perché non vi risiedevano famiglie ebree. Si voleva soprattutto violare, oltre ad altre zone, l’area dell’antico Ghetto per cancellare l’immagine di una comunità viva e laboriosa. In tale operazione alcuni ebrei riuscirono comunque a sfuggire alla cattura. E trovarono rifugio anche sull’Isola Tiberina. In questa Isola, intorno alle 5,30, furono in diversi ad accorgersi della tragedia in atto. Dall’Ospedale Fatebenefratelli vennero presto individuate le manovre dei militari tedeschi. Tra i presenti figurano anche il medico Vittorio Emanuele Sacerdoti (ebreo) e il laureando inmedicina Adriano Ossicini. In quel momento era assente il primario Giovanni Borromeo, ma i suoi collaboratori sapevano che era favorevole ad accogliere ebrei e a nasconderli. Mentre Ossicini si assentò da Roma per più giorni, si mosse nel frattempo una figura importante: quella dell’economo fra Maurizio Bialek. In una situazione di emergenza l’intesa tra frati, medici e infermieri fu immediata e fruttuosa. Tale azione umanitaria ricevette il sostegno del cardinale vicario Marchetti-Selvaggiani.
Anche i frati Minori del convento San Bartolomeo si attivarono per far entrare un numero significativo di ebrei. Questi religiosi accolsero i perseguitati nell’arco di più mesi. Dopo una fase di immediata protezione si cercavano altri luoghi più decentrati. Tale dinamica si rivelò a rischio quando i nazi-fascisti vollero fare irruzione in istituzioni cattoliche, protette in più casi dall’extraterritorialità: Pontificio Seminario Lombardo, Pontificio Collegio ‘Russicum’, Pontificio Istituto di Studi Orientali (21 dicembre 1943); Collegio Leoniano (7 gennaio 1944); complesso di San Paolo fuori le Mura (notte tra il 3 e il 4 febbraio 1944); parrocchia del Buon Pastore (quartiere Eur; 14 maggio 1944); Ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina (25 maggio 1944). In tale contesto, la notizia della retata era arrivata anche a chi operava nell’Ospedale Israelitico e nel Ricovero per ebrei anziani. Emerse in queste ore la figura dell’infermiera Dora Focaroli. La donna lavorò nelle due istituzioni dal 1934 al 1965. Quando il 16 ottobre 1943 si accorse della razzìa in atto tolse, prima di tutto, il cartello che indicava la sede dei presìdi ebraici. Avviò i malati in grado di camminare al Fatebenefratelli. I più gravi li condusse con un’ambulanza della Croce Rossa all’Ospedale Littorio (attuale San Camillo).
Gli anziani del Ricovero furono nascosti nella torre inserita nell’edificio che accoglieva ospedale e Ricovero anziani. Mentre la Focaroli salvava gli ebrei a lei affidati, vennero nel frattempo arrestati e deportati tra gli altri: Alina Cavalieri, consigliera dell’Ospedale israelitico, e Giacomo Di Segni, presidente della Deputazione di carità. Non fecero più ritorno. Nei giorni successivi al 16 ottobre la Focaroli, risultando dai documenti cattolica, poté mantenere collegamenti con gli ebrei nascosti nell’attiguo ospedale cattolico, interagì con la comunità dei frati Minori, e operò per garantire agli anziani che vivevano nella torre non solo del cibo e delle cure ma anche una quotidiana assistenza religiosa serale, grazie a rav Izhak Davide Panzieri che morì poco dopo la fine della guerra.
La rete di solidarietà verso i perseguitati non poteva però passare inosservata agli occhi della Polizia Fluviale che proprio all’Isola Tiberina aveva (e continua ad avere) una postazione strategica comandata dal maresciallo Gennaro Lucignano col compito di controllare i barconi sul Tevere e vigilare sulle sponde. Aveva ancora l’obbligo di arrestare coloro che proteggevano avversari del regime fascista, oppositori del nazismo, renitenti alla leva ed ebrei (per la cattura dei quali erano state poste delle taglie). La sorveglianza riguardava soprattutto i punti di accesso all’Isola e l’area del pronto soccorso del Fatebenefratelli. Lucignano sapeva che sulla Tiberina c’erano diversi ebrei. Conosceva l’Ospedale israelitico. Era informato sulla presenza di ebrei anziani nel Ricovero. Aveva osservato i contatti tra il personale di istituzioni cattoliche ed ebraiche dell’Isola. Unitamente a ciò, Lucignano era vincolato a precise normative. Il 14 novembre del 1943 il congresso del Partito Fascista Repubblicano aveva stabilito: «Gli ebrei sono stranieri e durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica». Il 30 dello stesso mese il ministro degli Interni della Rsi, Buffarini Guidi, aveva specificato: «Tutti gli ebrei a qualunque nazionalità appartengano e comunque residenti nel territorio nazionale, devono essere inviati in appositi campi di concentramento. Tutti i loro beni mobili e immobili devono essere sottoposti a sequestro…».
In tale contesto, Lucignano poteva fare rapporto ai superiori, poteva informare il Comando tedesco e poteva collaborare a operazioni di arresto. Analogamente i suoi uomini. Ciò però non avvenne. Ma chi era questo maresciallo? I dati che lo riguardano sono contenuti nel fascicolo personale numero 024218. Dal 1923 al 1925 fu impiegato nella Regia Marina (Compartimento marittimo di Napoli). Nel 1927 iniziò il suo cursus come allievo guardia nel Corpo degli agenti di Pubblica Sicurezza. Il 16 agosto del 1943 fu promosso maresciallo di II classe. Venne poi assegnato al presidio della Polizia Fluviale sull’Isola Tiberina. C’è anche da sottolineare un dato: Lucignano viveva la propria fede in modo semplice ma concreto. Ogni forma di oppressione verso altri fratelli, aggravata da comportamenti inumani, lo rendeva ostile verso chi dirigeva operazioni persecutorie. Una volta decisa la propria linea di condotta, col supporto dei suoi uomini, ebbe più incontri non solo con i membri del Fatebenefratelli e con i Francescani, ma soprattutto con l’infermiera Dora Focaroli. Fu proprio quest’ultima a ricordare, dopo diversi anni, la figura di questo Maresciallo di P.S.
Tale fatto si concretizzò grazie all’iniziativa dello storico Emanuele Pacifici (1931-2014) che volle intervistare l’infermiera Focaroli. E scrisse al riguardo: «(…) La cosa più importante di tutta la storia della Casa di riposo fu un’intesa tra lei e il maresciallo Luciniani (sic) che dirigeva il Comando della Polizia Fluviale che era nello stesso stabile, ma al piano terra. Ebbe noie da parte di alcuni soldati austriaci e specialmente di uno che andò a domandargli: ‘C’è una cattolica con degli ebrei?’. Grazie al pronto intervento del maresciallo Luciniani (sic) la cosa finì lì, in una bolla di sapone, e disse a Dora di stare tranquilla perché fino a quando lui era al comando di quel posto di Polizia non avrebbe più avuto da temere o aver fastidi. Onde Dora potesse avere libertà di agire o di spostarsi anche nelle ore notturne, Luciniani (sic) le procurò un lasciapassare per le ore di coprifuoco. (…)». La testimonianza della Focaroli è confermata da un intervento del Rabbino Alfredo Ravenna. Si riportano alcuni passi: «(…) L’Ospedale israelitico e l’ospizio invalidi erano situati in piazza San Bartolomeo all’Isola di fronte al Fatebenefratelli. Occupavano due piani di un vecchio fabbricato, un’ala di un antico convento; al terreno c’era un posto di polizia fluviale. Il primo piano che era adibito a ospedale fu occupato da un istituto religioso cattolico, sfollato dai Castelli, al secondo piano rimasero gli invalidi indisturbati. Era intervenuto un tacito accordo per cui le guardie che erano a piano terra avrebbero avvertito se si fosse verificato un qualche pericolo, ma questo non si verificò (…)».
Poche righe dopo Pacifici chiede: «Come mai non venne disturbato e perseguitato dai tedeschi l’Ospedale e la casa di cura?». Al quesito Ravenna risponde: «1) Il locale era occupato dalle suore con dei bambini fino all’arrivo degli Alleati. 2) Perché al piano terra c’era la Polizia Fluviale che di accordo con la Casa di riposo avrebbe immediatamente avvertito in qualsiasi momento in ogni minimo pericolo (…)». Il Maresciallo Lucignano è pure ricordato dal rabbino Moshè Mario Piazza o Sed, di Shemuel. Quest’ultimo trasmette i suoi ricordi a Pacifici che annota: «(…) Moscé Sed ricorda un particolare: appena dopo il 16 ottobre fu tolta la targa dal portone d’ingresso con la dicitura ‘Casa di riposo e Ospedale israelitico’. Dichiara che se nulla è accaduto a questa istituzione ebraica, lo si deve al maresciallo della P.S. Fluviale che conduceva il comando nello stesso stabile al piano terra (…)».
(Avvenire, 15 maggio 2019)