“Come si preleva la decima dal sale e dalla paglia?” (Rashì a Bereshit 25,27 dal Midrash Tanchumà). Con questa domanda Esaù si divertiva a provocare suo padre Itzchaq. Ci sono due modi per interpretarla. O effettivamente Esaù era comunque sollecito nel prelevare le decime dai prodotti agricoli che lo richiedevano: in tal caso si sarebbe limitato di sua iniziativa ad aggiungersi una sorta di voto, o di middat chassidut, per fare credere a suo padre di essere più rigoroso del dovuto. Ma il Talmud dice kol ha-mossif gorea’, “chiunque aggiunge, toglie”.
Esiste il dubbio che Esaù non facesse il suo dovere affatto. Esaù era cioè chashud ‘al ha-ma’asserot, “sospetto di trascurare la Mitzwah del prelievo delle decime”. Come faceva allora Itzchaq ad accettare i cibi che Esaù gli portava? Il prodotto da cui le decime non sono state prelevate è chiamato Tevel (da tav la, “non buono” in aramaico) e non può essere consumato!
Il problema è affrontato nella Mishnah nel trattato Demày. E’ noto che all’epoca del II Tempio, il popolo ebraico era diviso in almeno due partiti: i perushim (Farisei, lett. “separati, distinti”) e gli ‘ammè ha-aretz (lett. “popoli della terra”, ignoranti). I primi si distinguevano dagli altri proprio per lo scrupolo con cui osservavano le regole di purità e prelevavano le decime. I secondi erano sospettati di non essere altrettanto precisi. I loro prodotti agricoli erano chiamati Demay (lett. “Che cosa è questo?” in aramaico). Diversamente dal Tevel, il Demay è soggetto a talune facilitazioni per il beneficio del dubbio.
In Demay 4, 1 la Mishnah affronta il problema di un parush che viene invitato a pranzo di Shabbat da un ‘am ha-aretz. Di giorno feriale si rimedia al problema effettuando il prelievo prima di andare a tavola. Ma di Shabbat ciò è proibito, perché il prelievo costituisce un tiqqun (lett. “riparazione”) per il cibo. La Mishnah afferma che il parush può limitarsi a domandare al padrone di casa sospetto se ha effettuato il prelievo e se quest’ultimo risponde affermativamente ha il permesso di mangiare. Salvo poi effettuare il prelievo sul cibo rimanente non appena lo Shabbat finisce. Per quale ragione la Mishnah ci autorizza a credere al ‘am ha-aretz proprio di Shabbat? Tre sono le risposte dei commentatori: 1) la Mitzwah del ‘oneg Shabbat (lett. “delizia del Sabato”) ha la precedenza. 2) Di Shabbat anche il ‘am ha-aretz ha paura di mentire: nella giornata sacra si ritiene che D. sia più vicino a noi e più vigile sui nostri comportamenti. 3) Molti credono che talune Mitzwòt siano obbligatorie solo di Shabbat e pertanto ci fidiamo che in vista dello Shabbat le abbiano effettivamente eseguite (si pensi p.es. a coloro che tutta la settimana bevono qualsiasi tipo di vino, ma per il Qiddush vogliono il vino kasher!).
Se dunque Itzchaq su questa base accettava il cibo che Esaù gli portava, la madre Rivqah era di ben diverso avviso. Quando il padre lo incaricò di portargli la consueta cacciagione per potergli dare l’ultima benedizione, la parola tzayid (“cacciagione”, Bereshit 27,3) è scritta con una he superflua aggiunta in fondo. Un commentatore (Maor wa-Shemesh) spiega che questa lettera in più che non si legge, dal valore numerico 5, allude alle 5 particolari attenzioni che lo shochet deve mettere nell’eseguire il taglio della gola dell’animale pena la validità della macellazione: 1) shehiyyah: non deve avere esitazioni; 2) ‘iqqur: non deve procurare lacerazioni alle parti da tagliare; 3) hagramah: deve eseguire il taglio in una zona della gola ben determinata senza oltrepassarne i limiti; 4) chaladah: deve fare in modo che la lama non venga mai nascosta dal vello dell’animale e sia sempre visibile; 5) derasah: non deve esercitare pressioni durante il taglio, che deve essere eseguito mediante un movimento del coltello parallelo alla superficie della gola.
Su tutto ciò Itzchaq si illudeva di richiamare l’attenzione di Esaù, ma la madre sapeva benissimo che mai e poi mai l’indole del figlio lo avrebbe messo in grado di eseguire questi dettami con scrupolo. Essa si spingeva ben più in là del semplice sospetto che Esaù non prelevasse le decime come richiesto. Per evitare dunque che il marito mangiasse carne non kasher Rivqah incaricò l’altro figlio Ya’aqov di precedere il fratello attingendo dagli animali domestici anziché quelli selvatici: sapeva infatti che capretto e cervo hanno un gusto molto simile (Rashì). In questo modo Rivqah salvò Itzchaq dal commettere una grave trasgressione. Le regole della kashrut garantiscono la continuità del popolo d’Israel.