Note ad integrazione della traduzione e del commento della Giuntina, recentemente pubblicato
a) Questa mishnah compare con alcune differenze anche nel trattato di Sanhedrin (3,3). In particolare la mishnah in Sanhedrin condanna questi comportamenti quando si tratta di attività non accompagnate da un altro lavoro.
b) Secondo la Torah in generale non può essere accettato per testimoniare chi è considerato rashà.
c) Le situazioni di invalidità riportate nella mishnah (all’infuori dello schiavo) sono tutte di origine rabbinica.
d) Il caso è quello di chi gioca a dadi (si trattava di un gioco simile alle carte al giorno d’oggi) puntando del denaro. Infatti in questo modo acquisisce del denaro in maniera illecita in base al principio asmachta la qania. Infatti chi punta del denaro si appoggia sulla convinzione che vincerà, mentre se sapesse di perdere non punterebbe. In base a questa considerazione già nel momento di puntare non è pienamente convinto di quanto sta facendo e l’acquisizione da parte del vincitore è una specie di furto, non vietato dalla Torah, ma dai chakhamim. Secondo un’altra opinione nella ghemarà semplicemente si tratta di un’attività non costruttiva (“non si occupa dell’yshuv ha-‘olam”). Alcuni spiegano che non è abbastanza consapevole della condizione umana, e non ha scrupolo nel far perdere del denaro guadagnato con fatica.
e) In generale chi commette delle trasgressioni in base a considerazioni di ordine economico non può essere accettato per testimoniare. Un caso esemplare è quello di chi mangia abitualmente carne non kasher perché più economica, caso differente rispetto a quello di chi la mangia come segno di sfida (lehach’is), che secondo Abaiè è comunque invalido, mentre secondo Ravà è accettabile. L’halakhah segue l’opinione di Abaiè. Tuttavia il Rambam scrive che all’infuori del furto, che è un caso eccezionale che rientra nell’ed chamas, per essere invalidi è necessario trasgredire un precetto punito con malqot e con la morte.
f) Per essere considerato un gazlan secondo la Torah è necessario sottrarre dei beni a qualcun altro senza il suo consenso. Chi gioca a dadi non sottrae il denaro secondo queste modalità, e quindi secondo Rashì non è contemplato dalla Torah come testimone invalido. Secondo le Tosafot invece è invalido secondo la Torah, solo che non è consapevole, in quanto chi perde paga di propria spontanea volontà.
g) Quando viene dato un prestito ad interesse, l’interesse viene riconosciuto spontaneamente. Secondo Tosafot invece si tratta come nel caso precedente di un divieto della Torah, solo che la mishnah parla di un caso di interesse di origine rabbinica, o nuovamente che chi presta denaro secondo queste modalità non è consapevole di commettere una trasgressione della Torah. Secondo il Ritvà invece la mishnah non sta parlando di chi dà il prestito, che è evidente che stia trasgredendo, ma di chi lo riceve.
h) I mafrichè yonim possono essere coloro che organizzano delle gare scommettendo del denaro, ed il caso sarebbe simile a chi gioca a dadi, o chi addestra le proprie colombe a condurne altre nella propria voliera.
i) Chi commercia i frutti dell’anno sabbatico commette una trasgressione perché la Torah dice che i frutti dell’anno sabbatico devono essere mangiati (e non di conseguenza smerciati). Le Tosafot sostengono che si parli del divieto in questa epoca in cui, non essendoci il Bet ha-miqdash, il divieto è solo di origine rabbinica, o che si stia parlando di un caso di commercio vietato dai chakhamim. Secondo il Ritvà chi commercia non è invalido secondo la Torah, in quanto si tratta di un lav ha-bà mikelal ‘aseh (un divieto che viene ricavato logicamente a partire da un’affermazione positiva; mangiare – non commerciare). Qui nuovamente la spinta a trasgredire deriva da un interesse di ordine economico.
l) Vi è una discussione di ordine generale fra lo Shulchan ‘arukh e il Rambam, che sostengono che chi trasgredisce a divieti rabbinici non è accettabile per testimoniare in base a una disposizione rabbinica, e il Ramà che limita il divieto solo a casi come i nostri, che dipendono da considerazioni di ordine economico.
m) Il motivo per cui gli schiavi vengono menzionati qui, sebbene l’origine della loro invalidità sia differente dagli altri casi ricordati, è che avrei potuto pensare che gli schiavi sono ammessi per via dell’opinione di R. Shim’on riportata in seguito, che considera accettabile la testimonianza di padre e figlio, che la Torah in altri casi considera invalida. Infatti in questo caso non ci sarebbe motivo per gli schiavi di mentire. Secondo alcuni invece il testo della mishnah non menziona gli schiavi, perché vengono solo ricordati solo casi di invalidità di origine rabbinica, mentre gli schiavi fanno parte delle dieci categorie invalide secondo la Torah, così come riportato dal Rambam nelle hilkhot ‘Edut (9,1).
n) Una donna può essere ammessa a testimoniare in alcuni casi specifici, ad esempio per liberare un’altra donna dall’essere ‘agunah, o per evitare che una donna debba essere sottoposta al rituale della sotah. In questi stessi casi i soggetti menzionati nella mishnah possono essere accettati, ma non è accettabile invece la testimonianza di un gazlan deoraita.