https://daf-yomi.com/Dafyomi_Page.aspx?vt=1&massechet=291&amud=32&fs=0
https://daf-yomi.com/Dafyomi_Page.aspx?vt=1&massechet=291&amud=33&fs=0
https://daf-yomi.com/Dafyomi_Page.aspx?vt=1&massechet=291&amud=34&fs=0
Note di Rav Di Porto ad integrazione della traduzione e del commento della Giuntina, recentemente pubblicato
a) I commentatori scrivono che il cambiamento di nome e di luogo non è riparatore di per sé, ma serve a risvegliare l’uomo affinché cambi comportamento.
b) Anche se nel verso si parla di Rosh Chodesh e Shabbat, i chakhamim non hanno voluto affaticare troppo le persone, e si sono limitate ai mo’adim (Ritvà). Secondo il Ture Even Shabbat si deve intendere come festa, come avviene varie volte nel Tanakh. L’affermazione di R. Ytzchaq viene accolta nella halakhah, ma secondo alcuni (Nodà Biyehudah) si applica solo quando c’è il Santuario. Il Ritva ritiene che quando il Rav è in città l’obbligo vale ogni giorno, e il caso di cui parla la ghemarà è quello in cui il Rav abita fuori città all’interno del techum. Secondo il Maghen Avraham è mitzwah di Shabbat e obbligatorio di mo’ed.
c) purificarsi in occasione dei mo’adim è obbligatorio quando c’è il Tempio, per permettere il consumo dei sacrifici in stato di purità, ed al giorno d’oggi è un uso consigliato. Il Zelakh nel trattato di Betzà scrive che è obbligatorio anche al giorno d’oggi. L’uso è molto diffuso la vigilia di Kippur.
d) I rishonim discutono se i libri di cui si parla contengano le liste dei giusti assoluti, degni di essere premiati con il mondo futuro, o quelli relativi, che saranno tenuti in vita per l’anno in corso. Secondo alcuni il giudizio è composito, e le sofferenze che colpiscono i giusti in questo mondo servono a fare scontare i loro pochi peccati in previsione del mondo futuro.
e) Secondo il Rambam i poreshim midarke tzibur non sono dei veri peccatori, ma individui che non si preoccupano delle sofferenze e dei problemi di Israele, come se non ne facessero parte.
f) non è possibile pulire a dovere una pentola abbrustolita, e rimarrà sempre traccia dell’annerimento (Ritvà).
g) Secondo alcuni il riferimento non è necessariamente ai tefillin, ma a qualsiasi mitzwah che si pratica con il corpo. Sui tefillin alcuni ritengono che si parli di chi non li ha mai indossati in vita propria, secondo altri di chi disprezza la mitzwah.
h) Il discorso sui parnasim si riferisce a qualsiasi leader, l’unica eccezione è il rabbino che può intimorire gli allievi, sebbene non debba esagerare. L’affermazione della ghemarà viene accolta nello Shulchan Arukh (Choshen Mishpat 8,4).