Esistono nella Torah due tipi di guerra: la milchamah nissit (“guerra soprannaturale”; lett. “miracolosa”) e la milchamah tiv’it (“guerra naturale”, condotta secondo le leggi di natura). Le dieci piaghe d’Egitto, di cui troviamo le prime sette nella Parashat Waerà, appartengono al primo tipo. E’ D. a combattere al posto dei Figli d’Israele, sebbene non manchino interpretazioni delle varie manifestazioni della Divinità in chiave militare.
Alcuni commentatori osservano infatti che l’ordine delle piaghe simula una guerra terrena: per prima cosa D. contamina gli approvvigionamenti d’acqua del nemico trasformandola in sangue, come farebbe qualsiasi stratega; dopodiché gli manda segnali acustici di minaccia mediante il gracchiare delle rane e così via (Rashì a Shemot 8, 17). Ma una volta avvenuta la liberazione dall’Egitto, le guerre successive del popolo ebraico, per quanto assistite dall’aiuto Divino, sarebbero state tutte “naturali”. Insomma, dobbiamo imparare a cavarcela da soli.
Le guerre “naturali” nella Torah si dividono a loro volta in milchemet mitzwah (guerra obbligatoria) e milchemet reshut (guerra facoltativa). Le prime sono quelle che la Torah ci chiede di combattere contro i sette popoli idolatrici dell’antico Canaan, ormai estinti e le guerre di difesa. In questi casi considerati di emergenza il re d’Israele ha l’autorizzazione di mobilitare l’esercito anche senza il permesso del Sinedrio e la leva militare riguarda indistintamente tutti i cittadini. Per le guerre facoltative che il re promuove per ingrandire il suo territorio e aumentare il suo prestigio egli deve invece sempre consultare il Sinedrio (Israele è il primo regime parlamentare della storia!) e ha dei limiti nella coscrizione delle truppe (cfr. Maimonide, Hil. Melakhim, 5, 1-2).
I nemici non sono solo altri uomini. Le emergenze che vanno combattute in quanto mettono in pericolo le vite dei cittadini e della società possono essere anche di altro tipo: le malattie per esempio. Nell’età moderna la vaccinazione rappresenta un’efficace strategia per combattere epidemie mortali impedendo che si manifestino. Ma come tutte le migliori strategie militari, può provocare anche vittime interne. L’innesto del vaiolo, per quanto rischioso alla fine del Settecento, era stato autorizzato all’epoca dal Rabbino Laudadio Sacerdote di Modena (Ishma’el ha-Cohen, 1723-1810; Resp. Zera’ Emet, Yoreh De’ah II, n. 32), interpellato in proposito dal Rabbino Ghiron di Casale Monferrato. Alla metà dell’Ottocento il regolamento del Collegio Foa di Vercelli prescriveva la vaccinazione per gli iscritti. Segno del progresso dei tempi.
Negli anni Ottanta dell’ultimo secolo in Israele una bambina riportò gravissimi danni alla salute dopo aver assunto un vaccino. I genitori fecero causa allo Stato, lamentando la negligenza del medico che non prese in considerazione gli effetti della prima dose e somministrò il richiamo. Trattandosi di una famiglia osservante, oltre al normale iter processuale civile fu richiesto anche un parere halakhico. Questo fu affidato alla penna del Rav Igal Shafran, allora direttore del Dipartimento Medicina e Halakhah del Rabbinato Centrale d’Israele (un sunto in inglese fu pubblicato sulla rivista “Tradition” 26/1, 1991, p. 4-13). I quesiti cui il Rav si propose di rispondere sono essenzialmente i seguenti: 1) E’ lecito esporsi a una vaccinazione pericolosa? 2) Lo Stato ha l’autorità di imporre una vaccinazione di massa? 3) Se l’effetto negativo del vaccino è provato, è dovuto alla vittima o alla sua famiglia un risarcimento?
Rav Moshe Feinstein scrive che è lecito mettersi in pericolo allo scopo di evitarne uno peggiore soltanto se l’efficacia del trattamento è stata adeguatamente provata, cioè nel caso in cui il beneficio si manifesta almeno nel 50% dei casi trattati (Resp. Iggherot Moshe, Yoreh De’ah 2,58). Il permesso halakhico è dato non solo nei confronti di un intervento di medicina curativa, dove il problema di salute si è già manifestato, ma anche nell’ambito della medicina preventiva, onde scongiurare una eventuale minaccia futura: è quanto impariamo particolarmente da Maimonide, nei cui scritti troviamo affermato il principio di sostanziale parità fra le due branche della medicina (cfr. Hil. De’ot 4).
Lo Stato, scrive Rav Shafran, ha l’autorità di obbligare i propri cittadini a sottoporsi a un trattamento di immunizzazione di massa sebbene questo possa rivelarsi nocivo e persino letale nei confronti di alcuni. Lo impara per analogia dalla leva militare. La lotta alle malattie è a tutti gli effetti una milchemet mitzwah. Come in ogni guerra difensiva, dal momento che il pericolo in caso di mancato intervento riguarda indistintamente tutti, compresi coloro che potrebbero cadere vittime della “battaglia”, ecco che come è lecito obbligare i cittadini a combattere, è altrettanto lecito obbligare i cittadini a vaccinarsi: dal momento che “astenersi dall’inoculazione porterebbe alla diffusione di un contagio di massa, è permesso in via teorica sacrificare alcuni per salvare la grande maggioranza”. Il danno è così ridotto al minimo, pur sapendo di esporre al rischio una parte della popolazione.
“C’è un punto ulteriore. La norma halakhica richiede che si verifichino simultaneamente due condizioni affinché si venga ritenuti responsabili di un danno: 1) che il danno sia inevitabile e 2) immediato. Se anche una sola di queste condizioni non dovesse sussistere, l’azione è considerata alla stregua di un danno indiretto (grama) e non dà titolo al risarcimento. In molti casi il vaccino non danneggia il paziente direttamente; piuttosto mette in moto un meccanismo che provoca il danno a sua volta. In questi casi l’iniezione è solo un agente indiretto e un dubbio statistico inerente a un agente indiretto non è sufficiente per impedire allo stato di intraprendere un’immunizzazione di massa per tutelare la popolazione da danni assai peggiori…” In conclusione le vaccinazioni sono permesse e forse persino raccomandabili sotto il profilo halakhico. Sebbene nel caso in questione lo stato non sia neppure tenuto al risarcimento, “cionondimeno si deve trovare il modo di compensare la vittima in base al principio: “E farai ciò che è retto e ciò che è buono” (Devarim 6,18).
A mio avviso il Responsum è interessante non solo per comprendere la Halakhah, ma anche per meglio analizzare un fenomeno di costume. La deregolamentazione delle vaccinazioni che si è registrata negli ultimi anni in molti paesi, fra cui l’Italia, è proceduta di pari passo con l’abolizione della leva militare obbligatoria. I rischi, peraltro, sono enormi. La vaccinazione di massa produce un’immunità di massa e la sparizione di alcune malattie molto pericolose. Se la soglia di immunità dovesse scendere per effetto della liberalizzazione, malattie credute debellate ritornerebbero. E’ di pochi giorni fa la notizia di un caso di difterite riapparso in Italia, per il quale l’unico rimedio efficace è il siero antidifterico che però non viene più prodotto da decenni. Per contrastare il regresso c’è un’unica soluzione, che in effetti è stata adottata in molte regioni italiane: seguire l’esempio del Collegio Foa di Vercelli. Che cioè le scuole condizionino l’iscrizione dei ragazzi alla presentazione del certificato di vaccinazione.