Molti ebrei che non hanno potuto (e in molti casi non hanno voluto) frequentare la scuola ebraica, sollevano da decenni nobili questioni di principio del tipo “Se abbiamo vantaggi per le scuole ebraiche, li avranno anche quelle cattoliche, quindi meglio quelle statali”. Qui una bella risposta da parte di uno che le scuole ebraiche le ha invece frequentate
Daniel Funaro
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Nel caso specifico significherebbe che le scuole cattoliche ed ebraiche verrebbero chiuse e così il diritto di scegliere l’educazione che si ritiene più appropriata per i propri figli per molti verrebbe lesa. Una scelta ideologica di questo tipo, come fa a non richiamare il modello dello Stato etico? Se in un paese in cui esiste la libertà di stampa, lo Stato pone pesanti dazi sull’editoria privata e a rimanere a disposizione saranno soltanto i giornali governativi, vi sentireste realmente liberi? Non credo. Questo è il problema: che una democrazia matura e civile dovrebbe permettere, garantire e addirittura facilitare forme di educazione alternative. Soprattutto quando questo convengono alla collettività sul piano economico. Perché bisogna essere decisamente miopi per non capire che se in Italia ogni bambino di scuola primaria costa allo Stato settemiladuecento euro circa e quello di scuola paritaria circa novecento, con la chiusura delle paritarie, i bambini saranno costretti ad andare tutti alla statale, con costi maggiori per la casse pubbliche.
Mi dispiace poi che chi sostiene il prima assoluto della scuola statale, in modo neanche tanto corretto, mi attribuisca responsabilità che non mi appartengono, come quelle di disinteressarmi dei giovani ebrei italiani che non frequentano le scuole ebraiche. Mi pare che qui sia l’esatto contrario. La verità è che il futuro dell’ebraismo dipende dalle nostre scuole e dalle materie ebraiche che i nostri ragazzi hanno la possibilità di studiare.
Quanti bambini hanno imparato a leggere lo Shemà, a mangiare kasher o i dettami dello Shabbat sui banchi di scuola? Quante famiglie si sono avvicinate alle mizvot grazie ai loro figli che frequentavano la scuola ebraica. Un numero imprecisato che dovrebbe farci comprendere che occuparsi dei giovani ebrei significa garantire loro un futuro con un’identità forte con cui vivere nella società italiana. E se poi qualcuno ritiene che questo non sia importante perché la maggioranza degli studenti le scuole ebraiche non le frequenta, beh, del futuro dell’ebraismo italiano non ha capito davvero nulla.