Cena Comunità – V sera
Uno degli aspetti principali di Sukkot è quello della gioia, che è oggetto di un comandamento esplicito della Toràh. Questa mitzwàh si mette in pratica mangiando cibi prelibati, bevendo vino, acquistando begli abiti per i propri familiari, ma è chiaro che la gioia di cui si parla non è solamente quella materiale, ma principalmente quella spirituale.
In tutti i mo’adim abbiamo l’obbligo di rallegrarci, ma quando c’era il Bet ha-miqdash c’erano manifestazioni di gioia assolutamente eccezionali, tanto che i Maestri hanno detto che “chi non ha visto la gioia dell’attingimento dell’acqua non ha mai visto la gioia in vita sua”. Se è così però possiamo chiederci perché H. ci ha comandato proprio in questi giorni di lasciare le nostre abitazioni, per andare in una dimora provvisoria. Certamente le condizioni migliori per essere felici sono quelle della vita alla quale siamo abituati, nelle nostre case.
Dobbiamo realizzare che in questo modo non potremo mai raggiungere la vera gioia, perché questa deriva dalla considerazione che questo mondo non è altro che un’abitazione provvisoria, e se al contrario pensiamo che si tratti di un’abitazione stabile non riusciremo mai a cogliere la vera gioia. Durante Sukkot molti hanno l’uso di leggere la meghillàh di Qohelet, e molti sostengono che il motivo di questa scelta derivi dal fatto che Shelomò ha-melekh in questo testo scrive tutto è vanità.
Quindi non ci si dovrebbe rallegrare troppo a Sukkot, perché in fondo questo mondo non è eterno. Ma è possibile ragionare anche diversamente: proprio nel momento in cui realizziamo quale sia la natura di questo mondo comprendiamo che valori come la gelosia, la ricerca dei beni materiali e il perseguimento dell’onore non debbano rivelarsi come tali per noi, possiamo raggiungere la vera gioia.