Resp. R. Moshe Isserles (Remà), n. 29
Il Rabbino A si è costruito una Sukkah nella Judenstrasse: di notte le sue porte sono chiuse a chiave, ma si trova in un luogo dove molta gente passa e sul quale si aprono diversi cortili. La Sukkah in questione ha quattro pareti fatte di tavole e fra una tavola e l’altra vi sono spazi vuoti larghi meno di 3 Tefachim in ciascuno dei quali è possibile introdurre la mano dall’esterno. All’interno per parare il vento in corrispondenza di questi spazi sono appesi lenzuoli decorati. Un altro Rabbino B non era d’accordo e l’ha invalidata, basandosi sul principio che “chi abbia costruito la propria Sukkah in un luogo dove possano entrare ladri e per questo motivo gli procuri disagio non esce d’obbligo affatto: persino se il pericolo sussiste solo di notte mentre dorme e non durante i pasti quando mangia e beve.
La Halakhah afferma infatti che la residenza nella Sukkah deve essere in tutto e per tutto come la residenza in casa propria: dal momento che in questo caso è impossibilitato fin dall’inizio a svolgervi tutte tre le funzioni di mangiare, bere e dormire, non è una Sukkah” (Mordekhay).
R. Levi Moelln (Maharil) riporta peraltro il Mordekhay in breve, con queste parole: “Si costruisca la Sukkah in un luogo in cui egli possa stare sempre, sia a dormire che a mangiare. Non cioè in un luogo sudicio e maleodorante o dove sia pericolo di ladri, perché in tal caso non uscirà d’obbligo neppure a mangiare, dal momento che non vi può pernottare”. Il Rabbino B in disaccordo interpreta dunque il Maharil nel senso che se ladri possono entrarvi a rubare, la Sukkah non è valida. Per lui è sottinteso che dovunque nel Talmud si convalidi una Sukkah si dia per scontato che sia stata costruita in un luogo a prova di ladri. Perciò ha sparso la voce che il Rabbino A occupi una Sukkah non kesherah. Occorre a questo punto stabilire chi abbia ragione. Mi sembra ovvio che il parere del Rabbino B non abbia alcun fondamento. Mai sarebbe venuto in mente al Mordekhay di invalidare una Sukkah solo sulla base del fatto che dei ladri possano rubare da essa, altrimenti tutte le Sukkot di questo mondo sarebbero pessulot! La Sukkah è infatti una dimora provvisoria (dirat ‘aray) per definizione e anche se fosse costruita in un cortile custodito difficilmente potrebbe essere protetta dai ladri che entrano ed escono.
Dirò subito che il Mordekhay si riferisce a Sukkot costruite in luoghi dove l’occupante ha paura di dormire per la presenza conclamata di ladri e briganti, ma non parla affatto del caso in cui qualcuno potrebbe semplicemente mettere la propria mano dentro la Sukkah. In questo caso l’occupante avrà semplicemente cura di riportare in casa la sera eventuali oggetti preziosi o soldi che vi abbia introdotto durante il giorno. Non è infatti richiesto da nessuna parte che la Sukkah debba essere una cassaforte: la Torah si limita a parlare della Sukkah come luogo di residenza della persona e non di custodia dei suoi averi. Una prova di ciò si ha nella Halakhah per cui è sufficiente che la Sukkah abbia le dimensioni minime da garantire l’ingresso della maggior parte del corpo, della testa e del tavolo: è evidente che in tal caso ci sarà lo spazio appena sufficiente per sedervisi, ma non per custodirvi dei beni. E’ anche stabilito che chi abbia costruito la propria Sukkah su suolo pubblico esce d’obbligo a posteriori sebbene sia evidente che questa Sukkah non possa essere protetta dai ladri…
Ma c’è un’ulteriore dimostrazione. Nel Talmud trattato Sukkah 27b è scritto che “tutti gli Ebrei potrebbero potenzialmente risiedere in una sola Sukkah” (perché כל האזרח בישראל ישבו בסכת è scritto senza la waw del plurale) ed è impossibile che fra di essi non vi sia qualche ladro. Da tutto ciò emerge con chiarezza che il Rabbino B non ha alcuna prova su cui basare il proprio ragionamento.