HaTikwa (N. Greppi)
È sempre bello tornare in uno dei luoghi più felici della propria infanzia, soprattutto se non vi entravi da più di 10 anni; ed è come mi sono sentito quando sono tornato a Shorashim, un centro per bambini a Milano che aiuta i figli di ebrei non praticanti e di coppie miste a riscoprire le proprie radici ebraiche (non a caso “shorashim” in ebraico vuol dire “radici”), e che quest’anno giunge al 30° anniversario della propria fondazione.
In questo luogo, da molti anni situato all’interno della Società Umanitaria a pochi metri dalla Grande Sinagoga di via Guastalla, all’incirca due volte al mese durante il periodo scolastico i bambini dai 4 ai 10 anni svolgono varie attività, divisi in gruppi per età e guidati da animatori che li aiutano a imparare le basi della storia e della cultura ebraica: si raccontano le Haggadot e i principali personaggi della Bibbia, si celebrano insieme le varie festività, si gioca e si fa merenda tutti insieme. Ma si affrontano anche storie più impegnative, ad esempio parlando della Shoah e invitando i sopravvissuti che raccontano ai bambini più grandi e ai genitori la loro esperienza. A fine anno vengono organizzate gite in diversi luoghi di interesse ebraico in Italia: da Vercelli a Mantova, da Modena a Verona. L’ultimo giorno i bambini presentano ai loro genitori uno spettacolino riassuntivo dell’attività dell’anno. Quest’anno hanno cantato, accompagnati dalle chitarre di Manuel Buda e di un animatore, le canzoni di Chanukka, Purim, Pesach e di tutte le altre festività. I due musicisti hanno presentato anche qualche brano di musica Klezmer e sefardita, con grande successo. E non è mancato, alla fine, il buffet con dolci e tramezzini, ai quali si aggiungono i bissli, famosi snack israeliani.
Questo luogo ha un’enorme importanza per me, poiché se non vi fossi andato da piccolo oggi sarei molto meno consapevole delle mie origini ebraiche: qui è dove ho imparato le storie della Bibbia, la storia del popolo ebraico, le canzoni che si cantano alle feste, e ciò che gli ebrei hanno subito durante la Shoah.
Per chi come me proviene da una famiglia mista l’esistenza di questo luogo è quasi una benedizione, perché l’accettazione che la mia identità ha trovato qui quando ero bambino non l’ho trovata da nessun’altra parte, né tra gli ebrei né tra i goyim. Nel mio caso personale questo posto mi è caro anche per un altro motivo: è in assoluto l’unico centro dove da piccolo non ho mai trovato bulli o bimbi dispettosi.
Ma come è nato tutto questo? Me lo faccio raccontare da Susanna Ravenna, responsabile di Shorashim: “È nata nel 1989 perché una nonna, Rosita Luzzati, i cui figli avevano sposato dei non ebrei, si era accorta che c’era un vuoto nella comunità per i figli di matrimoni misti, e con moltissima tenacia ha messo insieme un gruppo di mamme con cui ha creato tutto questo. Rosita Luzzati ha lottato duramente per far sì che Shorashim venisse riconosciuta tra le attività della Comunità Ebraica di Milano, tanto da comparire di recente sul Lunario (pubblicato ogni anno in allegato alla rivista Bet Magazine, ndr). L’attività del progetto Shorashim si regge grazie alle quote dei genitori e al contributo dell’UCEI, più raramente anche della comunità locale.”
Sebbene tornare dopo tanti anni sia molto piacevole, entrando noto due elementi che non c’erano quando venivo da piccolo: un ragazzo che fa la guardia all’ingresso e una porta blindata sul retro. Susanna mi spiega che “su richiesta di qualche genitore, a seguito del clima di incertezza di questi ultimi anni, abbiamo assunto a nostro carico un ragazzo della sicurezza che controlla le entrate e le uscite durante la mattinata di attività.” Un altro cambiamento negativo rispetto a 15 anni fa sta nel fatto che il numero dei bambini è visibilmente diminuito. Susanna mi racconta che “per molti anni ne abbiamo avuti dai 40 ai 60, poi sono calati fino ad arrivare ai circa 30 di oggi.
Sul perché abbiamo fatto delle ipotesi: oggi molti bambini di madre non ebrea possono andare alla Scuola Ebraica, un tempo non era così. Un’altra ipotesi è perché oggi l’Hashomer Hatzair li prende quando sono più piccoli rispetto a una volta, soprattutto se hanno un fratello o una sorella che già frequentano l’H.H. Un altro motivo può essere che tutte le mamme oggi lavorano, e pertanto il fine settimana vogliono stare con i bambini. Oppure semplicemente il passaparola con il quale ci facciamo pubblicità non basta più. Gli iscritti alla Comunità ormai ci conoscono, vogliamo raggiungere anche le famiglie lontane, che non sono mai state vicine o che si sono allontanate. L’obbiettivo di Shorashim è proprio quello di includere, di avvicinare chi sente l’esigenza di tramandare le radici e il patrimonio tradizionale e culturale ai figli.”
Personalmente mi auguro che Shorashim continui a esistere in futuro, perché è una realtà unica nell’ebraismo italiano, che cerca faticosamente di ricordare agli ebrei di domani chi sono e soprattutto quali sono le loro radici.
NdR Una bella storia d’inclusione e due precisazioni storiche: Le regole di ammissione alla Scuola ebraica di Milano non sono cambiate da almeno vent’anni e Shorashim gode di finanziamenti ufficiali della Comunità Ebraica di Milano a partire dal 2007, quando assessore ai giovani era… David Piazza
https://www.ugei.it/shorashim-dove-ritrovare-le-proprie-radici