כִּי יִפָּלֵא מִמְּךָ דָבָר לַמִּשְׁפָּט בֵּין דָּם לְדָם בֵּין דִּין לְדִין וּבֵין נֶגַע לָנֶגַע דִּבְרֵי רִיבֹת בִּשְׁעָרֶיךָ וְקַמְתָּ וְעָלִיתָ אֶל הַמָּקוֹם אֲשֶׁר יִבְחַר הֹ’ אֱלֹקיךָ בּוֹ: וּבָאתָ אֶל הַכֹּהֲנִים הַלְוִיִּם וְאֶל הַשֹּׁפֵט אֲשֶׁר יִהְיֶה בַּיָּמִים הָהֵם וְדָרַשְׁתָּ וְהִגִּידוּ לְךָ אֵת דְּבַר הַמִּשְׁפָּט: וְעָשִׂיתָ עַל פִּי הַדָּבָר אֲשֶׁר יַגִּידוּ לְךָ מִן הַמָּקוֹם הַהוּא אֲשֶׁר יִבְחַר הֹ’ וְשָׁמַרְתָּלַעֲשׂוֹת כְּכֹל אֲשֶׁר יוֹרוּךָ: עַל פִּי הַתּוֹרָה אֲשֶׁר יוֹרוּךָ וְעַל הַמִּשְׁפָּט אֲשֶׁר יֹאמְרוּ לְךָ תַּעֲשֶׂה לֹא תָסוּר מִן הַדָּבָר אֲשֶׁר יַגִּידוּ לְךָ יָמִין וּשְׂמֹאל
Devarim 17, 8-11: Qualora qualcosa ti risulti difficile nel giudizio fra un sangue e l’altro, fra un giudizio e l’altro, fra un’impurità e l’altra, questioni su cui si discute nei tuoi tribunali, ti leverai e ti recherai al luogo che H. tuo D. ha scelto. Arriverai dai Kohanim Leviti e dal giudice che ci sarà in quei giorni, li interrogherai e ti diranno la questione in giudizio. Farai secondo ciò che ti diranno da quel luogo che H. avrà scelto e avrai attenzione di eseguire tutto come ti avranno istruito. In base alla Torah che ti avranno insegnato e al giudizio che ti avranno formulato ti atterrai: non deviare da ciò che ti diranno a destra o a sinistra.
ימין ושמאל. אפילו אומר לך על ימין שהוא שמאל ועל שמאל שהוא ימין (ספרי קנד.)
Rashì ad v. 11 (sulla base del Sifrè): “A destra o a sinistra”: persino se ti dice della destra che è sinistra e della sinistra che è destra.
I commentatori successivi si sono interrogati sul significato di questa espressione: è possibile che il Sanhedrin possa giungere a negare e capovolgere la realtà? La questione è al centro di un’interessante controversia fra due giganti di Spagna: R. Nissim da Gerona e Don Itzchaq Abrabanel.
Tutti sono d’accordo che nella Torah la giustizia ha un fondamento religioso. Il Sanhedrin Ghedolah aveva sede nella Lishkat ha-Gazit presso il Bet ha-Miqdash:
ולמה נסמכה פרשת דינין לפרשת מזבח, לומר לך שתשים סנהדרין אצל המקדש
Rashì a Shemot 21, 1: Perché il brano relativo ai processi è trattato subito dopo quello che riguarda l’Altare? Per insegnarti che devi collocare il Sanhedrin presso il Bet ha-Miqdash.
Come i sacrifici avevano la funzione di unire il popolo a D. così l’esercizio della giustizia ha la funzione di unire i membri del popolo fra loro.
ויעמד העם על משה מן הבקר עד הערב וכי תעלה על דעתך שמשה יושב ודן כל היום כולו תורתו מתי נעשית אלא לומר לך כל דיין שדן דין אמת לאמיתו אפילו שעה אחת מעלה עליו הכתוב כאילו נעשה שותף להקדוש ברוך הוא במעשה בראשית כתיב הכא ויעמד העם על משה מן הבקר עד הערב וכתיב התם {בראשית א-ה} ויהי ערב ויהי בקר יום אחד
Shabbat 10a: “E il popolo stava addosso a Moshe dal mattino fino a sera” (Shemot 18, 13): come puoi pensare che Moshe stesse a giudicare tutto il giorno? Che ne sarebbe stato del suo studio? Vuol dirti che ogni giudice che giudichi secondo verità anche per un’ora soltanto è considerato dal versetto che se fosse divenuto socio del S.B. nella creazione del mondo. Qui è scritto infatti: “dal mattino fino a sera” e in Bereshit 1, 5 è scritto: “e fu sera e fu mattina: un giorno”.
R. Nissim da Gerona (Derashah n. 11) distingue peraltro fra שפע אלקי e תיקון מדיני: oggi diremmo fra diritto religioso e diritto politico. Ran ritiene che la competenza dei giudici sia limitata al diritto religioso che stabilisce una regola rigorosamente uguale per tutti. A essi è richiesto di giudicare il popolo “mediante un giudizio giusto”, come dice l’incipit della nostra Parashah (Devarim 17, 18):
וְשָׁפְטוּ אֶת הָעָם מִשְׁפַּט צֶדֶק
Nell’esistenza di un tale diritto religioso assoluto consisterebbe l’essenza che distingue il popolo ebraico dagli altri popoli. Questi ultimi sono privi di un riferimento del genere. Il diritto politico, d’altronde, ci avvicina alle altre nazioni. Esso consiste nella facoltà di deroga che è riconosciuta all’organismo giudicante in base a situazioni contingenti che la giustificherebbero. Ci sono dei casi in cui diremmo infatti: summum ius, summa iniuria. Si pensi al divieto di condannare a morte un omicida in assenza di hatraah (avvertimento preventivo da parte dei testimoni). Quanti omicidi si verificherebbero, commenta Ran, se su questa base del diritto religioso dovessimo risparmiare la condanna a tanti assassini di fatto lasciandoli impuniti? O al contrario possiamo parlare della facoltà di grazia per persone innocenti che sulla base del solo diritto vengono giudicate colpevoli di un delitto perché hanno un alibi che non riescono a provare! Questa facoltà, dice Ran, èesclusiva del re, a meno che l’istituto monarchico non sia operativo: solo in questa fase storica il diritto politico può essere attribuito ai giudici. Quanto alla controversia sulla nomina del re ai tempi di Shemuel, aggiunge Ran, la polemica fu suscitata dal fatto che il popolo avrebbe voluto esautorare i tribunali dal diritto religioso per attribuire anche questo alla figura del re, affinché lo esercitasse mediante criteri politici, “come presso tutti i popoli”:
עַתָּה שִׂימָה לָּנוּ מֶלֶךְ לְשָׁפְטֵנוּ כְּכָל הַגּוֹיִם
1Shemuel 8, 5: Ora poni su di noi un re che ci giudichi come tutti i popoli.
Ran vive nell’epoca d’oro dell’ebraismo spagnolo, in cui si sarebbe giunti a riattualizzare persino la giurisdizione capitale all’interno delle Comunità con una notevole discrezionalità. Abrabanel polemizza con R. Nissim. Vissuto un secolo e mezzo più tardi, quando la Cacciata degli Ebrei dalla penisola iberica era ormai un fatto compiuto, sostiene l’idea che la nomina del re non sia Mitzwah, ma che la Torah si limiti ad anticipare la descrizione di un evento futuro. Il popolo ebraico non ha bisogno di questa figura: il nostro unico Re è D. Per la normale amministrazione il governo ideale è rappresentato dal modello della Repubblica Serenissima, dove egli approdò negli ultimi anni della sua vita.
La controversia si sviluppa sull’esegesi dei versetti da cui siamo partiti. Ran ritiene che quando la Torah ci avverte di obbedire al Tribunale “persino se ti dice della destra che è sinistra e della sinistra che è destra” si riferisce a una pura e semplice percezione errata del soggetto: “se ti dice di ciò che tu credi destra che è sinistra e di ciò che tu credi sinistra che èdestra”. Abrabanel si oppone all’idea che la Torah debba partire dal presupposto di percezioni errate: di queste non si tiene conto nell’elaborare una norma. Essa si riferisce in realtà a ciò che abbiamo visto. La Torah parla qui di quei casi in cui l’applicazione pedissequa della Torah risulterebbe in un’ingiustizia. Le conseguenze di un’eccessiva aderenza alla norma sarebbero tragiche:
דאמר ר’ יוחנן לא חרבה ירושלים אלא על … שהעמידו דיניהם על דין תורה
Bavà Metzi’à 30b: Disse R. Yochanan: non per altro Yerushalaim è stata distrutta se non perché (i Tribunali) emettevano le loro sentenze basandosi solo sulla regola della Torah in senso stretto.
Dev’essere riconosciuta all’organismo giudicante una discrezionalità che gli permetta di dire, a certe condizioni, che la destra è sinistra e che la sinistra è destra. A chi va attribuita? Non al re, come sosteneva Ran, bensì ai giudici stessi:
תניא ר”א בן יעקב אומר שמעתי שבית דין מכין ועונשין שלא מן התורה ולא לעבור על דברי תורה אלא כדי לעשות סייג לתורה
Sanhedrin 46a: R. El’azar ben Ya’aqov dice: ho udito che i Tribunali comminano pene al di fuori della regola della Torah: non per trasgredire le parole della Torah ma, al contrario, per fare un argine a protezione della Torah.
Va dunque osservato che tale deroga o discrezionalità non ha nulla a che fare con il criterio di ragionevolezza di cui tanto si discetta oggi in Israele e altrove sulla base del diritto anglosassone. La relativa duttilità del sistema legale ebraico ha una sola finalità: difendere la Torah da eventuali abusi che potrebbero derivare dall’applicazione delle sue regole in singoli casi concreti. Abrabanel illustra questo concetto con grande chiarezza e semplicità. La Torah, come tutti i grandi sistemi giuridici, tocca solo i principi generali. Compito dei giudici è tradurre le norme in pratica senza che generino malintesi e fraintendimenti nella dura realtà.