“Per la tribù di Efraim: Osea (Hoshea) figlio di Nun…E Mosè dette ad Osea (Hoshea) figlio di Nun il nome di Giosuè (Yehoshua)” (Numeri 13:8 e 16).
Il brano della Torà di questa settimana, racconta la tragica storia del “chet hameraghelim” il peccato degli esploratori. Ne furono scelti dodici tra i capi del popolo, ognuno in rappresentanza della propria tribù. Dieci esploratori su dodici fecero uno spaventoso rapporto sulla Terra d’Israele e convinsero il popolo a non entrare nel paese. I due dissidenti, Caleb e Giosuè, insistettero invece sul fatto che la terra d’Israele fosse una terra molto buona e che, con l’aiuto di D-o, l’avrebbero conquistata ma purtroppo non riuscirono a dissuadere il popolo dalla volontà di tornare in Egitto. Allora il Signore punì il popolo molto duramente, uccidendo immediatamente i dieci esploratori e decretando che il popolo d’Israele avrebbe vagato nel deserto per quarant’anni fino alla morte dell’intera generazione. Solo Caleb e Giosuè sarebbero sopravvissuti e sarebbero entrati nella Terra d’Israele.
Elencando i nomi dei dodici esploratori, la Torà riferisce che il nome di Giosuè era “Osea/Hoshea” e che fu Mosè a cambiarlo in “Giosuè/Yehoshua” poco prima gli esploratori si imbarcassero nella loro missione.
Il Talmud (Sotà 34b) spiega che questo nome imposto da Mosè era in realtà una preghiera che esprimesse la richiesta che “Y-ah Yoshia’cha/D-o salvasse Giosuè dal complotto malvagio dei dieci esploratori che fecero un cattivo rapporto.
Rabbi Yaakov Abuhatzeira (Marocco, 1806-1880), offre un’affascinante spiegazione della preghiera di Moshe.
La tradizione insegna che in futuro sorgeranno due leader: Messia figlio di Giuseppe, che discenderà da Giuseppe e il Messia figlio di Davide, che discenderà dal re Davide. Un nemico di nome Armilos cercherà di uccidere Messia figlio di Giuseppe e con questo cercherà di interferire con il processo di redenzione del popolo ebraico. Rabbi Yaakov Abuhatzeira scrive che Mosè temeva che gli altri esploratori volessero uccidere Giosuè (rappresentante della tribù di Efrayim discendente di Giuseppe) per essersi rifiutato di seguire il loro piano. L’omicidio di Giosuè, avrebbe costituito un precedente per il futuro assassinio del Messia figlio di Giuseppe per mano di Armilos. Questo è il motivo per cui Mosè pregò per Giosuè: non solo per amore del suo successore, ma per proteggere Messia figlio di Giuseppe e quindi il futuro del popolo d’Israele.
Il Talmud narra anche che Caleb, colui che dissentì insieme a Giosuè, durante l’esplorazione del paese si era fermato a Chevron per pregare presso il luogo della sepoltura dei patriarchi. Rabbi Yaakov Abuhatzeira spiega che proprio come Mosè pregava per Giosuè, Caleb (rappresentante della tribù di Giuda dalla quale discenderà il re Davide) pregava che anche lui fosse protetto in modo che il suo discendente – il Messia figlio di Davide – fosse preservato e potesse portare la redenzione del popolo ebraico. Il motivo per cui si recò presso il luogo della sepoltura dei patriarchi è spiegato da Rav Ytzchak Luria, (Safed, 1534-1572), il quale insegna che l’anima di Caleb era precedentemente appartenuta a Eliezer, il fedele servitore di Abramo. E’ per questo che sentì quella forte connessione con il patriarca che lo guidò alla sua tomba per implorare dal Signore una protezione speciale.
Sebbene la colpa degli esploratori sia stato un episodio molto tragico, ha avuto comunque un lato positivo. Nonostante il popolo d’Israele avrebbe dovuto viaggiare nel deserto per quarant’anni, le vite risparmiate di Giosuè e Caleb hanno garantito la futura redenzione.
Tre volte al giorno invochiamo il Signore come “nostro D-o e D-o dei nostri padri; D-o di Abramo, D-o di Isacco e D-o di Giacobbe”. Questa preghiera potrebbe essere considerata la nostra visita quotidiana a Chevron presso la tomba dei patriarchi e quando pensiamo a loro con fiducia e invochiamo i loro meriti, siamo come Caleb durante la sua missione.
Questa benedizione si conclude con le parole “Egli porterà la redenzione ai figli dei loro figli”, a noi discendenti dei patriarchi. Proprio come Caleb, ogni giorno invochiamo la memoria e il merito dei nostri patriarchi e preghiamo affinché ci venga concessa la capacità di imparare e seguire l’esempio che ci è stato tramandato così da contribuire anche noi, e non ostacolare, il realizzarsi la redenzione nostra e di tutto il creato.
Shabbat Shalom!